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giovedì 29 dicembre 2011

Tentazioni



La psiche umana è come un funambolo che sta in equilibrio incerto su una corda tesa sopra l’abisso, quando tale stabilità viene meno può succedere di tutto. Buona lettura.

La vita è imprevedibile, nulla è per sempre, tutto è possibile quando tentazioni estreme della vita, mettono dura prova gli istinti umani più bestiali, quelli repressi dalla volontà e rinchiusi dalla morale nei sottofondi della nostra coscienza, ma pronti ad influenzarci con tutta la loro forza devastante.
Sfide costanti che mettono in discussione la logica, il senso comune e i costumi che guidano la nostra esistenza quotidiana, coinvolgendoci con un’energia travolgente.

Il mio nome è Vittorio. Ho sessantacinque anni e sono un nonno.
Mia moglie scappò di casa dopo solo tre anni di matrimonio, fuggendo con un amico argentino.
Mi lasciò con un figlio, Alberto, che adesso ha quarantatre anni, è sposato con Mariagrazia, quarantenne.
La loro unione è stata allietata dalla nascita di Debora, una bella fanciulla di diciotto anni.

Restai molto deluso dal tradimento di mia moglie, per questo motivo, scelsi di reprimere qualsiasi tentazione di cercare un’altra compagna, dedicando la mia vita ad educare e crescere mio figlio.
La fine del matrimonio segnò l’inizio di una vita solitaria e casta.
Dopo quaranta anni, ripensando a quella decisione, mi resi conto di aver fatto una scelta difficile.
Devo ammettere in ogni modo di aver vissuto un’esistenza serena, equilibrata e ricca di valori affettivi, ma soprattutto l'amore familiare.

Tutto questo ha avuto senso fino all’anno scorso.

La fine iniziò un sabato sera, di una primavera ancora timida, così ciò che ritenevo un vita serena, un'opera perfetta, il giusto premio del sacrificio di una vita di privazioni, svanì nel nulla dopo un trillo di telefono.

“Si può resistere a tutto…ma non alle tentazioni..”

Il telefono squilla.

“Papà, sono Mariagrazia! Sono disperata! Alberto mi ha appena lasciato!

Colpito ed affondato. Conoscevo quel tipo di dolore. In quella frase c'era concentrato tutto il dramma del mio passato, che riemerse crudelmente in quello istante.

“Che cosa? Alberto ti ha lasciata? Fammi capire?
“Stasera ha fatto la valigia e se né andato, neanche le lacrime di sua figlia lo hanno fermato!
“Se né andato? Perché?

Mariagrazia era agitata. Dal tono della voce si capiva che aveva pianto. Con la voce emozionata riprese a parlare.

“Stasera ci ha riuniti in salotto. Era nervoso. Non riusciva neanche a guardarci in faccia. Poi ha preso coraggio e ci ha raccontato tutto!
“Cosa?
“Ha conosciuto un'altra donna una ragazzina rumena. Una sua cliente. Aveva seguito le sue pratiche assicurative, iniziando così una relazione, che  durai da circa un anno! Papà! – singhiozzando - Alberto mi ha lasciato per andare a vivere con lei. E’ una tragedia, siamo disperate!

Mi sembrava di vivere un incubo.

“Una ragazzina? Quanti anni ha?
“venticinque anni!
“Ma è impazzito! Si rende conto che sta facendo una cazzata! Non può mandare a quel paese un rapporto come il vostro per una ragazzina!
“Papà non saprei cosa dire! Debora si è chiusa nella sua camera. Sta ancora piangendo. Siamo disperate!
“Adesso calmati! Stai vicino a Debora! Sei una donna forte! Porca miseria quel cretino di Alberto! Ma si rende conto di quello che sta combinando? Cribbio lasciare una donna come te? E’ una follia! Una compagna fedele, che gli ha dato tutto il suo amore, sacrificando la propria vita per dedicarla a lui! Cribbio quello idiota mi sentirà!
“Papa! Spero che ti ascolti! che cambi idea, che capisca che è solo un colpo di testa! Papà nonostante tutto io lo amo tantissimo e sono disposta anche a perdonarlo!
“Mariagrazia sentirti parlare così mi si spezza il cuore! So cosa provi dentro di te! Anche io ero disposto a perdonare mia moglie!

Un lungo silenzio sottolineò l'affinità che in quel momento ci univa. Due persone ferite e deluse dall’amore.

La mattina seguente mi precipitai come un razzo a cercare Alberto.
Quell'incosciente aveva persino affittato una casa in zona residenziale.
Era un cottage stile coloniale, circondata da un giardino con alberi di tiglio di grosso fusto, un cortile, un viale con fondo sterrato, che partiva dal cancello fino al porticato.
Suonai il campanello. Alcuni minuti dopo dalla porta sotto il porticato vidi uscire una giovane ragazza.
Ostentava una figura notevole, un fisico statuario. Osservandola capì al volo che tipo di argomenti aveva usato per sedurre quell'asino di Alberto.
Alta, fisico slanciato, da modella, bionda ossigenata, occhi scuri.
Si avvicinò al cancello, con passo felpato, quando mi vide dall'espressione del viso intuì che aveva capito al volo chi fossi. La ragazzina era sveglia.

“Buongiorno! Cerco Alberto!
“Buongiorno! Mi dispiace suo figlio non è in casa!

Mi aveva riconosciuto senza ombra di dubbio. La porta basculante del garage era alzata e dentro non vidi l’auto di Alberto. La bionda non mentiva.

“Se entra le offro un caffè!
“Grazie, molto gentile, preferisco attenderlo qui!
“Come vuole, mi scuso se insisto! L'attesa potrebbe essere molto lunga!

Mentre parlava aveva aperto il cancello ed era uscita fuori. L'osservai. Era una bella ragazza. Mariagrazia era una donna matura, molto attraente, ma se i canoni di bellezza di Alberto erano quelli che stavo contemplando, non poteva certamente competere con la giovane rumena. Inoltre mi colpirono la gentilezza ed i modi accattivanti.

Declinato l'invito, attesi paziente l'arrivo di Alberto, stando seduto in auto.
La pena durò ben quattro ore. Quando intravidi in fondo al viale il muso della sua auto non stavo più nella pelle. Uscì sulla strada e lo bloccai prima che s’infilasse nell’entrata del cancello.

“Papà! Andiamo in casa!
“No! Non entro lì dentro! – la guardai come se fosse la casa del diavolo - Che cavolo stai combinando! Vieni! Andiamo a casa tua! Tua moglie e Debora si stanno preoccupando per te, soffrono molto per questa storia assurda!

Parlavo a braccio, come se stessi soffocando. L’ira mi aveva fatto assumere un atteggiamento alterato che a stento riuscivo a controllare.

“Papà! È inutile! Ho fatto una scelta di vita definitiva e non intendo cambiare idea! Mi prenderò le mie responsabilità! Debora non patirà nessun disagio economico, provvederò a tutte le sue esigenze!
“E come? Sei un incosciente! Ho visto con chi ti sei messo! Quella ti spennerà come un pollo!
“Non ti permetto di parlare in questo modo della mia compagna! Esigo che tu la rispetti!
“Rispetto? E lei ha rispettato la tua famiglia? Se avesse avuto più sale in zucca e riguardo verso tua moglie e tua figlia non si sarebbe messo con una persona sposata! Quella! Quella là! quando ti avrà ridotto al lastrico ti lascerà col culo per terra!
“Non intendo discutere con te in questi toni! Io vado! Ciao!
“Sei ridicolo! Hai una famiglia eccezionale! Una moglie che ti ama! E una figlia fantastica e tu? Che fai? Tutto questo lo stai buttando nel cesso! Sei un pazzo! Vieni! Sei ancora in tempo! Mariagrazia è disposta a perdonarti!
“Basta papà! Non ti permetto di intrometterti nella mia vita privata! Non sono più un bambino a cui potevi dire cosa fare! Decido io quello è meglio per me! Lasciami vivere la mia vita!
“Stai facendo la più grande cazzata della tua vita! Vai! Scopati pure quella troietta da quattro soldi! Poi quando si accorgerà di avere al fianco un vecchio scemo ti lascerà! E tu tornerai con la coda in mezzo alle gambe da tua moglie! Attento! Quella ti rovina!
“Finiscila! Io vado!

Alberto risalì sull'auto, accollerò e si infilò come una saetta nel cortile, facendo slittare le ruote sul viale, lasciandomi li sgomento, incazzato come una iena, avvolto in una nuvola di polvere.

Come avevo previsto. Alberto s’indebitò fino al collo. Per mantenere la ragazzina viziata dovette vendere alcuni beni immobiliari, compreso la casa in cui abitavano Mariagrazia e Debora. Il nuovo proprietario come primo atto di possesso avviò subito la pratica di sfratto.

Così dopo un anno esatto dalla separazione Mariagrazia e Debora si trovarono sulla strada, quindi vennero a vivere a casa mia, almeno fino a quando la situazione non si fosse risolta.

Mariagrazia non si era ancora rassegnata alla separazione, era sempre angosciata, poiché le era difficile riprendersi da quella batosta.
Quando non lavorava, se ne stava tutto il giorno in vestaglia, in camera sua, in piena disperazione.

Tutto sommato, cominciai ad apprezzare la sua presenza in casa. Cucinava, riordinava, e da quando c’era lei notai il tocco femminile che mancava da anni, tutto era in ordine e profumato.
Inoltre mi faceva compagnia. Era un piacere passare il tempo con lei, a parlare di tutto, compreso anche della sua attuale situazione conflittuale.

Una sera, mi venne un idea pazzesca per aiutarla ad uscire da quella situazione angosciante, che le stava soffocando l’esistenza, facendola andare in paranoia.

“Adesso basta! Mariagrazia non devi lasciarti abbattere! Sei ancora giovane! Devi reagire!
“Cosa debbo fare? Non faccio altro che pensare a lui! Vivevo solo per lui! È come se mi avessero tolto lo scopo della mia vita!
“Ti capisco! Anche io mi sentivo così! Per fortuna che c'era Alberto! Che mi teneva la mente occupata! Tu hai Debora a cui pensare.
“Lei è già una donna!
“Senti Mariagrazia, lo so che ti sembrerà fuori luogo! Ti andrebbe di venire al circolo degli anziani? Stasera c'è un complessino che suonerà i pezzi degli anni sessanta e settanta! Balli e così ti distrai un po! Che ne pensi?

Intervenne Debora.
“Dai mamma! Il nonno ha ragione! E’ un’ottima idea! ti distrai dalle tue angosce!
“Non so! Mi sento imbarazzata! Mi vergogno!

Le presi una mano.

“Tu imbarazzata? E’ lui che dovrebbe vergognarsi per come ti ha trattato! Guardati! Non dargliela vinta, sei una donna che può ancora rinascere! Porca miseria! sei anche una bella donna!

Mariagrazia reagì a quelle parole con un leggero rossore sulle guance. Alla fine accettò l’invito. Dopo alcuni minuti si presentò vestita in modo elegante, appena la vidi rimasi incantato a fissarla.
Aveva indossato un vestito nero, scollato e attillato, con linee bianche, non troppo lungo, appena sopra le ginocchia. La foggia ricordava lo stile degli anni sessanta. Le scarpe erano cromate nere, con tacco. Una bella donna matura. Ostentava un seno generoso e un corpo ancora piacente. Pensai subito a quell'idiota di Alberto. Mi venne difficile credere che non si fosse mai accorto di avere accanto una donna come Mariagrazia, così sensuale e attraente, ancora in grado di far girare la testa agli uomini.

Per la circostanza indossai un gessato blu notte. Debora scherzando disse che sembravamo la famosa coppia di gangster degli anni trenta. Bonnie e Clyde. Ridemmo come pazzi.

Al circolo gli sguardi dei miei vecchi amici, ancora arzilli, erano solo per lei. Mariagrazia mi fece promettere di non rivelare la sua identità. Preferiva passare per un’amica.
Ci sedemmo sotto gli occhi curiosi dei presenti. Sentivo la loro invidia assalirmi come una colla appiccicosa.
Ero l'unico con la compagna giovane. Per certi aspetti la situazione mi piaceva. Fissavo Mariagrazia e la trovavo incantevole. Quell'aria triste e sofferente le dava un fascino di donna di altri tempi. Dopo quaranta anni, per la prima volta sentivo nuovamente l'emozione di avere al fianco una donna. Vederla bella e sensuale mi infondeva un grande entusiasmo, che conteggiava l’umore, facendomi vibrare come una corda di violino.
Avendo accavallato le gambe, le sue cosce esposte attirarono subito lo sguardo libidinoso di quei vecchi porci, che non accennavano ad abbassare lo sguardo.

Incredibilmente mi trovai ad essere geloso di quelle occhiate invadenti. Allora mi avvicinai all'orecchio di Mariagrazia.

“Scusami! Se le occhiate insistenti dei presenti ti infastidiscono potremmo anche andarcene!
“Assolutamente no! Anzi! Mi divertono molto!
“Bene! Quando è così! Che ne diresti se facessimo questo giretto di valzer? Così mettiamo altra carne sul fuoco dell'invidia! ihhh
“ahahah Certo!

Raggiungemmo il centro della pista. La luce, diffusa dal riflesso su un pallone di vetro appeso al soffitto, ci avvolse come un mantello di stelle.

Quando il valzer finì.

“Balli molto bene! Sei stanca?
“No! Mi piace! Balliamo ancora!

La musica partì. Stavolta era un lento. Europa di Santana, poi seguirono i Dick Dick. Mariagrazia si appoggiò con il suo corpo al mio. Iniziammo a muoverci al centro della pista. Sentivo il suo fiato sul collo. Il suo profumo mi aveva già inebriato abbondantemente a casa. Ora avvertirlo così vicino al naso stava iniziando a stordirmi la mente. Mi ero eccitato.
Quando percepì gli effetti di quell’atmosfera intima, fu troppo tardi per staccarmi da lei. Il mio cazzo si era già ingrossato e pulsava sbattendo arrogante contro il suo grembo. Era assai improbabile che lei non avesse avvertito la comparsa di quell'ingombro osceno. In effetti, non batteva ciglio, forse per non mettermi in imbarazzo.
Ebbi l’impressione che controllasse le sue reazioni, senza far capire se la cosa la infastidisse. Comunque, per me era imbarazzante pormi davanti a lei in quelle condizioni, senza avere la forza di controllare i miei impulsi emotivi.
Dopo quaranta anni di serenità dei sensi, mi era difficile reprimere quell’istinto naturale. Era così travolgente che mi face fremere il corpo, come se fosse stato percorso da una scarica di corrente elettrica. La tensione iniziale si abbassò grazie al suo atteggiamento accondiscendente e così, senza più patemi d’animo, proseguimmo tutta la serata in quel modo. Lei ostentando indifferenza ed io sforzandomi per quanto mi fosse possibile di camuffare con sorrisi di circostanza quella reazione incontrollata e convulsa delle mie emozioni.

Nel corso della serata Mariagrazia stava esagerando nel bere lo spumante.
Beveva, senza esitare, tutti i bicchieri che i miei amici le offrivano. I suoi occhi cominciarono a brillare. Le risate le uscivano spontanee ed esagerate, perciò, crollati i freni inibitori iniziali e quasi con sfacciataggine dava confidenza a tutti.
Alcuni arzilli anziani appena lei le dava retta loro tentavano subito l’abbordaggio.
Per quanto mi era possibile fermavo sul nascere le loro velleitarie aspirazioni perniciose. Ma quando mi distraevo un poco, lei spariva e la sorprendevo a ballare al centro della pista, a ridere nelle braccia del baccalà di turno.
Forse mi ero sbagliato. Mariagrazia non si stava divertendo. Si era lasciata stregare dall'alcool, per dimenticare le proprie amarezze. Non potevo permettere che intraprendesse quella strada pericolosa. Stava esagerando.

“Adesso andiamo a casa!
“No! Proprio adesso che mi sto divertendo tantissimo!
“Tu non ti stai divertendo! Ti stai suicidando! Dai vieni!
“Sei cattivo! Non hai cuore! I tuoi amici sono bravi! Quello mi ha invitato a fare una passeggiata! Che dici ci vado?
“Cosa? Quella vecchia marmitta? Come si è permesso? La festa finisce qui! Andiamo!
“Uffa!

Mentre la trascinavo via, finì di bere l'ultimo bicchiere. Poi iniziò a sfilare tra i tavolini, salutando tutti gli uomini con sorrisi sgargianti. E loro, chi le inviava baci, chi le chiedeva un appuntamento, era troppo, quindi dovetti trascinarla fuori con la forza.
Era completamente ubriaca. Non ragionava più.
La osservai, pensai che non fosse opportuno presentarmi a casa in quelle condizioni. Così mi fermai davanti ad un bar per acquistare una caraffa di caffè. Poi mi recai in un luogo isolato. Dovevo perdere tempo. Non potevo mostrare a Debora quella scena pietosa. Mi sentì in colpa.

“Bevi! E poi riposati un pochino!
“Dove mi hai portato? Perché non siamo a casa?
“Entriamo più tardi, dopo che ti è passata la sbornia!
“Io brilla? Ahahahahahah ho capito! sei un porcellino? Ci siamo imboscati? Ahahahah
“Cosa dici! Sarebbe imbarazzante farti vedere da tua figlia in queste condizioni!
“ahahahahahah sei un bugiardo! Non sono scema! È tutta la sera che mi hai fatto sentire la tua artiglieria! Pronta per sparare tatatatata ahahahahahahh
“Mariagrazia! Ti chiedo scusa! Non so che cosa mi sia preso!
“ahahahaah lo so io casa ti è preso! Ti è venuta voglia di scopare! Ahahahahah

Non ragionava più. La guardavo e mi sentivo in colpa per aver peremesso quella condotta squinternata senza impedirlo. A un tratto avverto le sue mani che armeggiano sulla mia patta.

“Dai paparino! Ihihih tiralo fuori! Voglio vedere quel bellimbusto che mi ha provocato tutta la sera! ahahaha
“Mariagrazia fermati! E' sbagliato quello che stai facendo!
“ahahahah sbagliato? Ihihi ora ti do una dimostrazione! Voglio sfidare quella canaglia che hai in mezzo alle gambe hahahahahah

Si sfilò il vestito come una t-shirt, rimanendo in reggiseno, mutande e autoreggenti. Rimasi di stucco. Dopo anni quella fu la prima volta che vedevo dal vicino una donna nuda. Ebbi un moto improvviso.
Mi incantai a fissare il suo corpo, per quanto ripetevo dentro di me che Mariagrazia fosse mia nuora e si trovava in uno stato di incoscienza, incapace di intendere e di volere. 
Qualsiasi sforzo di distogliere lo sguardo fu del tutto inutile, non potei fare a meno di ammirare la sua sensualità. Era una donna avvenente. Grossi seni e fianchi larghi. La sua immagine stava cominciando ad incidere profondamente nella mia mente

“ahahaha sei senza parole! Forse vuoi un altro incoraggiamento” ahahahah
“Mariagrazia! Fermati!

Niente da fare. Era come parlare al muro. Si tolse il reggiseno e si sfilò le mutande. Quello fu il colpo di grazia. Rimasi di fronte a lei con il fiato sospeso. Era completamente nuda. La sua pelle bianca sembrava fosforescente al riflesso della luce della luna. Era una bomba sensuale eccitante. Mi era difficile restare indifferente vicino ad una donna come lei. Rideva in modo spregiudicato e lascivo, proponendosi senza alcun ritegno. Mi aveva affascinato scatenando dentro di me un vero inferno dei sensi.

Quaranta anni di sforzi sopprimere qualsiasi tentazione furono bruciati in pochi secondi.
Avrei dovuto comportarmi da gentiluomo, rispettarla come nuora, anche in considerazione che non era cosciente del suo comportamento lascivo. L’effetto dell’alcol aveva annullato la sua volontà facendo emergere un carattere libertino.
Un po alla volta abbassai il livello di guardia. La sua spregiudicatezza era contagiosa e mi suscitava un forte desiderio di possederla. La guardavo e bramavo di toccare il suo corpo, liberandomi dai pochi fronzoli morali che ancora mi bloccavano come un baccalà.

Quindi vinto da quell’aggressione sensuale, lasciai non mi opposi quando le sue mani aprirono la cerniera lampo, liberando il cazzo duro e pulsante, dalla sua prigionia, nella quale mi stava tormentando la mente, ormai in preda alla libidine più estrema. La lasciai giocare con il cazzo, mentre lo lisciava, lo segava con grande piacere. Ed io mi compiacevo di vederlo gioiosamente stretto nelle sue mani.

“ahahah accidenti paparino! Hai un bell'arnese! Ora occupiamoci di lui!

Rideva in modo osceno e si rivolgeva al mio cazzo come se fosse una persona. Lo maneggiava con delicatezza, come se fosse un oggetto prezioso. Facendo scivolare lentamente la pelle lungo tutta la massa dura. Le sue mani delicate mi stavano mandando in estasi. Fu naturale trovarmi a impastare le sue grosse tette. Una tentazione irresistibile a cui cedetti con grande gioia. La pelle era morbida. Dopo anni mi sentivo ancora sperduto. Quasi titubante come un adolescente alle prime esperienze. Nella mia memoria non esistevano momenti come quelli. Per me era come se fosse la prima volta. Lei era ubriaca e non colse quella mia iniziale insicurezza. Mi aggrediva con le sue mani, la sua bocca e il suo corpo. Faceva tutto lei, era un vero fiume in piena. Allora decisi di lasciare campo libero alle sue iniziative.

“Vieni usciamo fuori dall'auto! Ho voglia di pisciare ahahahah

Nessuno ritegno. Si esprimeva liberamente. Quel modo di parlare mi aveva affascinato.
Uscì nuda, fece un giro attorno all'auto. Piroettando come una ballerina. Si sentiva libera, forse immortale. Si abbassò davanti a me, sorridendo, sentì lo scroscio della piasciata che sbatteva sul terreno. Poi si alzò e, con lo stesso sorriso, mi fece fare un giro di valzer.
Finalmente la vidi felice, dopo mesi di afflizioni.
Nel buio la sua pelle bianca rifletteva la luce argentata della luna. Sembrava un neon. Aveva sciolto i capelli, ed era simile alla venere di Botticelli mentre si agitava sinuosa come una baccante, una musa di Dioniso.
Mi passò davanti, poi si fermò, mi venne incontro. Mi cinse il collo e pressò la bocca sulla mia. Desiderava baciarmi. Resisterle era impossibile. I miei sensi erano fortemente coinvolti da quel terremoto di emozioni che mi stava suscitando.
I sensi si erano infiammati e mi avevano confuso la mente. Ero frastornato dal suo slancio sensuale, avvolgente e trascinante come un uragano. Aderire a quel tormento sensuale fu del tutto naturale.
Sconfitto, incapace di qualsiasi reazione, mi lanciai a capofitto su di lei, la strinsi a me e la baciai, sulla bocca, sul collo, sui seni, succhiando avido i capezzoli turgidi, come un neonato affamato del latte materno. Le mie mani, erano ingorde, non smettevano di nutrirsi della sua pelle profumata come le rose, del suo corpo attraente.

Si piegò al mio cospetto, come una vestale, sacerdotessa divina, davanti al suo dio.
Il mio cazzo nelle sue mani sembrava un idolo, un obelisco celestiale che soppesava delicatamente, stimolando e toccando con delicatezza e con grande trasporto. La sua bocca lo accolse golosa, offrendogli il fondo della gola. Dopo aver saziato la voglia della bocca, averlo leccato come un gelato, se lo strinse forte tra i seni e lo strofinò in mezzo alle tette, stimolandolo come meglio poteva.
Infine, con sguardo eccitato e occhi brillanti come due diamanti:

“lo voglio dentro di me!
“anche io ti desidero!

Si sdraiò sul sedile posteriore dell’auto, invitandomi a raggiungerla. Vedere la sua figa esposta al mio sguardo voglioso, mi diede una scarica di adrenalina che mi fece venire le vertigini.

Incantato dal suo scoscio, eccitato come un cavallo in calore, mi allungai sopra di lei, mentre le sue mani si infilarono nei capelli grigi, scompigliandoli, con gesti che ricordavano quelli dei bambini.
La grossa cappella strusciò tra le piccole labbra ed il clitoride facendosi strada con forza tra le fenditure della figa.
Appena percepì il caldo avvolgente di quel forno incandescente, spinsi con il peso del corpo, fino a, quando non lo vidi sparire in quella nicchia burrosa con il resto del corno, entrando completamente dentro di lei, fino alla base.

Oooooooooo siiiiiiiiiiiiiii è meravigliosssssssssssooo mmmm
“Tu sei meravigliosaaaaaaaaaa mmmmmmmm
“Ora voglio che mi scopiiiiiiii forteeeeeee voglio sentirti dentro di meeeee voglio dimenticare tutte cio che mi fa soffrireeeee fottimiiii mmmm
“siiiiiiiiii lo voglio anche io mmmm goditi questo momentooooooooooooo

Iniziai a muovermi sopra di lei, il cazzo scivolava in profondità in modo convulso.
Quaranta anni di astinenza avevano prodotto come effetto una azione goffa e disordinata, non mi sentivo all'altezza della situazione. Mi sembrava di sognare. Ebbi l’impressione di assistere alle scene di un film, come spettatore. La realtà non mi aveva ancora coinvolto completamente. Mi sentivo confuso, distante da quella situazione assurda.
Poi mi destai e mi vidi in quella macchina, sprofondato nelle sue cosce. Non stavo sognando.
Allora presi subito coscienza che stavo scopando mia nuora. Forte di quella intuizione iniziai a prendere consapevolezza della realtà.
Il suo profumo, la fragranza della pelle, i singulti, le urla di godimento, mi diedero una forza incredibile. Così, in piena ebbrezza dei sensi, continuai a ficcare con maggiore forza fino a trovare un ritmo regolare.
Stavo vivendo una esperienza incredibile, ero felice di vedere il mio corpo incuneato tra le cosce di mia nuora. La cosa sorprendente era che avvertivo la reazione della sua figa, che reagiva a quell'invasione incestuosa con forti spasmi vaginali, che si stringevano attorno al cazzo come una calda presa.

Mmmmmmmm papàààààààà sto godendoooooooo siiiiiiiiiii mi piaceeeeee
mmmm non resisto più... sto per venireeeeeeeee mmmm
siiiiiiiii vieni dentro di meeeeeeeeeee siiiiiiiiiiiiiiii mmmm

Il godimento era talmente forte che non riuscivo a trattenere oltre la voglia di sborrare. Mi incollai a lei, spingendo il bacino dentro le sue cosce spalancate, incastrandomi il più possibile dentro quel corpo fremente, cercando la profondità del suo utero, come un mattoncino di tetris.
Il fuoco di quel diavolo di nuora, mi aveva infiammato i sensi. Non potevo andare oltre la normale resistenza, dovevo e volevo sfogare un arretrato di quaranta anni, così mi lasciai andare, godendo come un folle, gridando con enfasi la grande gioia che sentivo dentro, e svuotando completamente i coglioni dentro di lei, riempiendole la figa di sperma.

Ooooooooooo mariagraziaaaaaaaaaaa mmmmmmmmmmmmm

Eppure non mi sentivo ancora appagato completamente, così continuai a muovermi dentro di lei, il cazzo non ne voleva sapere di ammosciarsi, sembrava che volesse recuperare il tempo perduto. Poi dovetti arrendermi davanti all'imprevisto.

Mariagrazia si era rilassata addormentandosi come una bambina innocente. Il suo viso aveva ancora il sorriso stampato sulle labbra, come se il piacere le avesse addolcito i tratti.

Le restai sopra fino a quando non avvertì il cazzo afflosciarsi.
Dopo alcune ore.

Dove sono? Perché sono nuda?

Si toccò la figa. Le sue dita si impregnarono di sperma. Lei le portò al naso.

“O mio dioooooooooo che cosa abbiamo fatto?
“Calmati! Mariagrazia! È colpa mia mi sono lasciato trascinare dai sensi! Non sono riuscito a fermarti! Eri un demonio irresistibile! Perdonami!
“Ero ubriaca vero?
“Si?
“E tu ne hai approfittato? Sei un bastardo!
“Non so cosa dire! Devi capirmi! Erano anni ormai che non avevo toccato una donna! E tu eri così bella e sensuale! Insultami! Denunciami! Fai quello che credi sia giusto! Non ho alcuna giustificazione!
“mi hai violentata?
“No! Non avrei mai potuto usare violenza su di te! Ti voglio troppo bene!
“Oddioo è colpa mia allora? Non mi ricordo nulla! Magari pensi che io sia una troia!
“Nooooooo! Toglietelo dalla testa! Il dolore! La delusione! La rabbia alla fine hanno agito da motore. Così non appena la tua coscienza si è annullata, il tuo inconscio ti ha liberato dalla prigionia in cui ti eri reclusa.
“Cazzo mi vergogno!
“Anche io mi sento in imbarazzo! Non so che dire! Eri irresistibile! Così ho ceduto alle tentazioni!
“Mi vergogno per quello che ho fatto!
“Mariagrazia! Perdonami! Ora rivestiti! Facciamo finta che non sia successo nulla! va bene?
“Si! Oddio mi sento male!
“Andrà tutto bene!

Imbarazzata si vestì velocemente. Durante il tragitto non aprì bocca. In silenzio si limitava a guardare il paesaggio, che scorreva veloce fuori dal finestrino, evitando qualsiasi contatto.

Rientrammo in case che erano le tre di notte. Le luci del salotto illuminavano l'ingresso ed il corridoio e, in sottofondo arrivava l'eco del volume del televisore. Entrai e vidi Debora che dormiva sul divano. Era in sottana da notte. Si era messa su un fianco, nella tipica posa fetale. Il suo corpo giaceva inerte. La veste si era spostata sopra i fianchi. Si scorgeva chiaramente il culo, con le mutandine di cotone bianco che si perdevano tra i candidi glutei.

In altre circostanze non avrei mai notato quel particolare, in quel momento, dopo quello che era successo con Mariagrazia, i miei istinti si erano risvegliati, reclamando anni di arretrati, per cui mi venne naturale, apprezzare quella visione conturbante e, per la prima volta, guardare mia nipote con un occhio di libidine.
Quindi l’immagine di mia nipote con i glutei scoperti mi colpì, suscitando un’attenzione poco ortodossa. Mi soffermai oscenamente ad ammirare le gambe, il culo e i fianchi.
Per la prima volta osservai mia nipote sotto una altra veste. Il mio cazzo oramai succube della mia mente in delirio, ebbe un sussulto improvviso. Come se un terremoto di forte magnitudo lo avesse scosso.

“Tieni coprila con questa!

Mariagrazia mi porse un plaid di lana.
Spegnemmo la luce. Salutai Mariagrazia e mi infilai in camera mia. Ero super eccitato. In bagno tentai di lenire la rigidità del cazzo come meglio potevo. Ma non ci fu nulla da fare. In quel momento desideravo una figa. Un buco caldo dove infilare il cazzo. Come dicevano i latini, intrapresa una strada non era più possibile prenderne un altra.

Mi guardai nello specchio. Fissandomi negli occhi. Misi le mani a coppa, le riempì di acqua e ci immersi il viso. Ritornai a guardarmi allo specchio. Dietro quegli occhi c'era una mente che stava fantasticando le grazie di Mariagrazia. Ma la cosa sconvolgente fu che si sovrapponevano con quelle di Debora. Mi ritrovai un’erezione imponente, nutrita da una bramosia che stava crescendo in modo esponenziale nei confronti di mia nipote.

Nel letto mi giravo come un dannato nelle fiamme dell'inferno. Era difficile trovare pace. Pensando che l'oggetto dei miei desideri che si trovava dietro quel muro. Il mio equilibrio spirituale si era sballato. Credo definitamente. Quaranta anni di astinenza stavano protestando e bussando violentemente alla porta dei miei istinti. Mi sedetti sul letto e in un impeto mi venne la voglia di raggiungere Mariagrazia nella sua camera.
No, sarebbe stata follia pura. Un incidente non poteva cambiare le cose tra noi. Cominciai a far scivolare la mano sul cazzo, cercando di lenire quella voglia maledetta che mi stava tormentando. Ero sdraiato nel letto in piena meditazione, nella mente aleggiava l’immagine di mia nipote allungata sul divano, pìù i particolari prendevano forma e maggiore era la forza che mettevo per stimolare il cazzo. Il polso muoveva la mano freneticamente concordando con la mia mente sconvolta dal desiderio per mia nipote e mia nuora.

Proprio in quell’istante. Un leggero tocco alla porta segnalò la presenza di qualcuno che stava bussando.

“Nonno! Sei sveglio?

Cazzo mia nipote. Mi composi ed assumendo un atteggiamento controllato.

“Si!
“Posso entrare un momento?
“Certo! Vieni!

Era Debora. Si presentò vestita solo della camicetta da notte. Scalza. Accesi il lume e la vidi in piedi davanti al letto.
Un impeto di morbosità mi afferrò la schiena, si diffuse in tutto il corpo e si concentrò sul cazzo, aumentando il suo potenziale distruttivo.
La mente era stordita dall’eccitazione. Debora si era presentata in un momento difficile. Il mio corpo era sconvolto dai sensi infiammati dalla libidine. Ero in pieno slancio emotivo. Neanche la masturbazione era riuscita a calmare i bollori dei miei coglioni, che mi stavano torturando l’anima.

“Posso parlarti un momento? Ho un problema con il mio ragazzo!
“Certo!

Ad un certo punto, conscio di quello che poteva succedere, ebbi un momento di estrema lucidità.

“Forse sarebbe meglio rivolgerti a tua madre!
“Sono andata da lei! Non mi ha fatto entrare! Mi ha detto che aveva bisogno di stare da sola! Doveva riflettere su una cosa importante! Non so che cosa le è preso!

Ho subito immaginato su cosa doveva riflettere. Il giorno dopo avrei avuto una reazione su quello che era successo in auto. Poteva essere l'inizio di una nuova vita oppure la fine. Mi vennero i brividi alla schiena.

“Debora, che ne diresti se ne parlassimo domani?
“No! Ho bisogno di un consiglio adesso! Domani mattina dovrò prendere una decisione importante, per questo vorrei che tu mi aiutassi!
“Va bene! Dimmi!


Debora, appena accettai, si lanciò sul letto, sedendosi al mio fianco. Nella foga, non si era curata di tenere un comportamento pudico.
Si sedette come gli indiani d'America, incrociando le gambe. Il suo scoscio era palesemente visibile, come le mutandine di cotone che si perdevano tra i glutei carnosi. Era una visione da infarto. Il fuoco del desiderio fu ulteriormente alimentato con altri argomenti piccanti, che non facevano altro che ingrossare la fiamma della bramosia.
La sua camicetta da notte era super scollata. Non celava nulla delle sue straordinarie tette, peraltro senza reggiseno e quindi visibili nei minimi dettagli.

“Allora?
“Il mio ragazzo mi ha chiesto la prova d'amore?
“E cioe?
“Vorrebbe fare sesso con me!
“tu cosa ne pensi?
“Sono spaventata! Per me, sarebbe la prima volta!

Dopo quelle parole, non ce la feci più. Era troppo per me affrontare con lei questioni di intimità legata al sesso, la mente era alterata dal desiderio di scopare. Non ero più lucido.
La guardai con maggiore interesse, respirando in modo affannoso, perché l’aria in quell’istante mi mancava tagliandomi il respiro.
Non so per quando tempo potevo garantirle il controllo delle mie azioni. La vidi come una possibilità di sfogo. Non dovevo fare altro che allungare le mani, saltargli addosso e fottermela.

“Tranquilla! Una scopata non ha mai ammazzato nessuno!

Quelle parole mi uscirono d’istinto. Lei si sorprese per quella risposta:

“Che cosa hai detto nonno?
“cosa vuoi che sia prendere un cazzo nella figa! Vedrai che ti piacerà un casino!

Il suo sguardo si tramutò dal dolce al costernato. Appariva confusa, non si aspettava quel tipo di risposte.

“Lo sai di cosa sto parlando? Tesoro!
“di che cosa?
“ora il nonno ti insegna a scopare!

Mi scopri il bacino esibendo un erezione che mi stava tormentando da alcune ore.

“Lo vedi? questo è il cazzo del nonno! Bello vero?
Nonnoooooo! che stai facendoooooooo?
“tranquilla!

Nello stesso istante le infilai la mano nello scoscio ed iniziai a palparle la figa.

“mmm bella la mia nipotina! Hai una bella topa qui!
“nonno che stai facendo!

Mi gettai sopra di lei. Le tappai la bocca.

“Ora piccola impertinente! Te ne stai tranquilla qui! Lasciandomi fare tutto quello che mi pare! Ok?

I suoi occhi erano terrorizzati. La mia azione determinata l'avevo colta di sorpresa. Si sentiva come una lepre braccata. La guardai inferocito. Ero diventato puro istinto bestiale.

“Ora farai tutto quello che voglio io! Ci siamo capiti?

Mentre la minacciavo continuavo a tenerle la mano sulla bocca. Lei impaurita fece segno di si con la testa.

“Bene! Ora iniziamo con le lezioni di sesso! Vedrai! Il nonno ti farà diventare una vera troia! Ahahahahahahah

Il suo sguardo era terrorizzato. Piangeva in silenzio e tremava come una foglia sbattuta da vento impetuoso.

“Per cominciare via questa camicetta e le mutandine! Voglio vederti completamente nuda!

Titubante, se li tolse tremante. Appena nuda.

“Nipotina mia! La natura è stata molto generosa con te! Ora inizia la festa! Ihihih

le allargai le gambe. Mi inginocchiai tra le cosce spalancate. La sua fighetta era uno spettacolo impressionante. Una vulva di primo pelo. Carne fresca da masticare con gusto.

Ci immersi la bocca ed iniziai a succhiarle il clitoride. Che si era ingrossato. Lo leccavo e lo succhiavo con forza, facendola gemere con suoni gutturali

Gooooooooo  mmmmmmmmm

Per avere una migliore presa, l’avevo sollevata in aria tenendola dalle natiche, in quel modo ebbi modi di leccarle voracemente la fica . Ero famelico e affamato di pelo. Strapazzai il clitoride con gusto, poi separai le piccole labbra e ci infilai la punta della lingua, toccando la carne viva, in quel momento si agitava come una anguilla.
Appena iniziai a tormentare il solco tra le piccole labbra, il suo corpo fremeva in modo convulso.
Le era difficile restare in silenzio, nella stanza si percepivano lievi singulti che non riusciva a reprimere. La piccola peste stava godendo a causa di quel piacevole trattamento.

“Ti piace e? Il nonno ti vuole molto bene! Vieni toccami il cazzo!

Mi sedetti sul suo ventre spingendo il cazzo in mezzo ai seni fino ad arrivare con la punta a toccare il suo mento.
Lei  lo afferrò con entrambe le mani muovendo la pelle tesa sulla massa dura. Era maldestra. Ma non mi importava nulla, il solo vedere la cappella del mio cazzo tra le sue tette candide mi faceva venire le vertigini. Ogni tanto le strusciavo la cappella bagnata di liquido seminale tra le labbra della bocca e sui seni, impregnando i capezzoli e le labbra.

“E' arrivata l'ora di dare alla tua figa una bella scossa, ho l’argomento giusto per lei hahahahah

Aveva intuito i miei scopi. Infatti reagì di istinto, singhiozzando, mi supplicava di lasciarla andare, ma ero troppo eccitato per accettare. La mente era sconvolta ed alterata dal desiderio di scopare, quindi non controllavo più nulla. Sembravo posseduto dal demone della lussuria. Il mio corpo in quel momento era una macchina di sesso devastante. Non si sarebbe fermato davanti a niente.
Mi posizionai i mezzo alle sue cosce spalancate. Strusciai più volte la cappella voluminosa e lucida tra le fenditure della figa fino a quando non la vidi scomparire nel folto pelo.
Non appena percepì il tepore dolce figa, mi colse un impeto bestiale e spinsi repentinamente il cazzo in profondità. Le avevo messo una mano sulla bocca per cui:

mmmmmmmmmm grrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr mmmmmmmmmmmmmmmm

Capì che la penetrazione violenta le aveva fatto male, ma era una questione di tempo poi ne avrebbe tratto diletto, quindi presi a scoparla con un forza incredibile.
Il suo corpo vibrava sotto le sferzata che il mio cazzo le stava dando alla figa. Mi accorsi che l’espressione di dolore era svanita. Ora sembrava in estasi.
Tolsi la mano dalla bocca, le acchiappai le natiche per dare più forza alle mie spinte. Mi ero incuneato con foga contro il suo bacino, tra le sue gambe oscenamente aperte, mentre lei muoveva il tronco avanti e indietro, spingendo quanto più potevo, per prendersi tutto il cazzo più in profondità, fino alla base dell’inguine.
Era un piacere immenso scopare quella figa stretta e calda. In quei frangenti la mia bocca si stava divertendo con i capezzoli, mordendoli fino a provocarle dolore.

Debora divenne l'oggetto del mio piacere estremo, su cui stavo sfogando una libidine incontrollata, che mi infondeva una energia incredibile. Divenne la vittima sacrificale della mia metamorfosi spirituale, che aveva avviato sua madre.
Nessun scrupolo, nessun pentimento, sfiorava la mia mente. Eccitato, mi accanivo sul suo giovane corpo come un vecchio leone feroce, gustandomi ogni istante di quella sublime scopata.

AL culmine del piacere, con il cazzo al massimo della sua rigidità, senza deformarsi, aumentai il ritmo, fino al massimo sacrificio.
Debora godeva con la bocca aperta e lo sguardo stralunato. Si era rassegnata alla mia prepotenza e stava incassando la mia foga, senza opporre alcuna resistenza.
La sentivo gemere lievemente. Il suo viso era una maschera deformata dal godimento. Non piangeva più, i tratti alterati dal piacere lasciavano emergere i frequenti orgasmi che le stavano tormentando la figa che stritolavano il mio cazzo.
La sua bocca ansimante si aprì alla mia. Le infilai la lingua e la feci danzare attorno alla sua, poi la tenni stretta a me scaricando dentro il suo utero lo sfogo che mi aveva fatto perdere il controllo.
Le riempì la figa di sborra; continuai a chiavarla fino a quando non sentì il cazzo afflosciarsi dentro di lei.
La tensione dopo un poco calò, esausto mi accasciai al suo fianco.

Poi a sangue freddo mi resi conto di quello che avevo fatto. Per la legge avevo stuprato mia nipote. Violenza sessuale. Debora mi avrebbe denunciato. Mi sentivo perso.
Arrivati a questo punto, pensai, visto che la frittata era stata abbondantemente fatta, tanto valeva togliersi un altra soddisfazione.

“Dove credi di andare? Aspetta! Non ho ancora finito! Mi voglio togliere un altro sfuzio! E’ per il tuo bene! Vedrai che ti piacerà! hahahah

Debora singhiozzava in silenzio. Era completamente pietrificata, soggiogata dalla mia volontà.

“Adesso vado a pisciare, quando torno ti voglio trovare qui! OK!
“Si!

La trovai ancora nel letto. Nel frattempo si era vestita.

“E non cara mia! Non abbiamo ancora finito la lezione! Ora passiamo al secondo canale!


Una cosa che mi piaceva di mia moglie era il suo perverso desiderio di farsi inculare. La fine di quaranta anni di astinenza meritavano di essere festeggiati in modo solenne. Quindi pensai che il culo di Debora potesse essere il regalo adatto alla circostanza.

“mettiti a pecorina! Qui al centro del letto!
“Ma nonno è quasi mattino! Domani ho lezioni!
“Tranquilla! Sono eccitato per quello che voglio fare! Sarà una questione di pochi minuti!

Non piangeva più. Era docile come un agnellino. La sindrome di Stoccolma stava iniziando ad agire sulla sua psiche.

Appena si mise in posizione, le spostai la sottana da notte, mettendo le mutandine di lato. Inizia a lavorarle il buco del culo. La sentivo lamentarsi man mano che incalzavo con il dito. Sputai sul forellino ed infilai dentro il dito medio. Comincia ad allargare lo sfintere, poi infilai l'indice, e dopo averle dilatato quel dolce buco ci infilai il resto delle dita.


“no nonnooooooooo cosa stai facendoooooooo mi fai maleeeeeeeee ahiiiiiiii
“Tranquilla! Vedrai che dopo mi ringrazierai per averti aperto nuovi orizzonti! Ahahahah

Mi lavorai per bene il buco del culo, lubrificai l'ingresso con una abbondante colata di saliva, lo impregnai fino in fondo.
Quando fui soddisfatto del lavoro, appoggiai la cappella del cazzo e cominciai a spingere dentro. Man mano che avanzavo gli orli cedevano, mentre lei mi invitava a fare piano, infine entrai facilmente. Le dita avevano preparato il terreno abbondantemente.

Aaaaaaaaaaaaaa

aveva ficcato la faccia nel cuscino. Per cui l'urlo si diffuse attenuato dalla stoffa.

Appena dentro l'afferrai dai fianchi ed iniziai a ficcare nello sfintere.

Mi stai facendo maleeeeeee
Mmmmm deboraaaaaaaaaaaaa il tuo culo è strettissimo e caldoooooooooo mmmm Dai sfogatiiiiiii goditi questi istanti.... ti sto insegnando a vivere!

Dopo alcuni colpi il canale rettale si adeguò alle dimensioni del mio cazzo, per cui continuai a ficcare senza alcun problema in profondità e con maggiore forza.

“sei un bastardo! Mi hai violentata e ora mi stai oltraggiandoooooooooo mmmmm
“ahahahahah guarda il lato positivo! Stanotte hai appreso l'abc del sesso hahahahah

il suo culo era una spettacolo superbo. Le natiche in carne erano bianche e impattavano contro il mio grembo, mentre il cazzo scompariva nel buco del culo oscenamente spanato.
Le pareti ormai si erano adattate facilmente alle dimensioni del fallo e lo accoglievano agevolmente. Le stavo martellando l’ano ad un ritmo vertiginoso. La mia piccola principiante dava segni positivi. Non piangeva e non si lamentava più. Anzi ansimava ad ogni affondo. I cogliono pendevano nello scroto e sbattevano allegri contro la figa slabbrata ed il monte di venere.
All'estremo del piacere, diedi una serie di colpi di rene, suscitando alcuni lamenti e poi le inondai il culo di sborra.
Stanco mi lasciai andare sul letto trascinandomela dietro. La tenni abbracciata per alcuni secondi. Poi quando il cazzo si sfilò afflosciato, lei come una cerbiatta ferita, si staccò da me e corse via.

Guardai il soffitto. Ero rassegnato al peggio. L'ergastolo mi appariva la pena più mite. Pensavo alla figura di merda che avrei fatto con mio figlio, con gli amici e conoscenti.
Però ne era valsa la pena. Almeno mi ero scopata una figa da urlo. Debora valeva bene il sacrificio di perdere la libertà.

Mi addormentai in un sonno irrequieto. Mi sentivo un degenerato. Mi vidi accusato di violenza sessuale. Sognai mio figlio che mi accusava con l'indice, mentre la sua lolita rumena le stava sparando una sega. Strana situazione. Mia nuora, coperta da una tuta nera in latex, ed armata di frusta mi tormentava la schiena e rideva. Mia nipote Debora vestita come una suora, con una gonna cortissima, che mostrava le gambe con gli autoreggenti neri, molto sexy come religiosa. Al mattino mi svegliai fradicio di sudore.

Dopo aver fatto la doccia, in accappatoio mi presentai in cucina. Trovai Mariagrazia.

“non sei andata a lavoro oggi?
“avevo un gran mal di testa! Ieri sera devo aver esagerato con l'alcol!
“direi di si! Ihihii
“vorrei capire una cosa?
“dimmi!
“hai approfittato del mio stato di ebbrezza?
“Si! Però prima ho cercato di resistere! Ma quando ti sei spogliata e mi hai tirato fuori il cazzo per ciucciarlo c'era poco da resistere! Ti pare?

Diventò rossa.

“io non mi ricordo nulla!
“Se vuoi ti aiuto a ricordare!

Mi avvicinai e le infilai una mano sotto la gonna e mi impossessai subito dei suoi glutei carnosi. Poi, sussurrandole nelle orecchie.

“Debora è in casa?
“no! È appena uscita!

Quindi Debora non le aveva detto nulla dello stupro notturno. Me la immaginavo già in una caserma dei carabinieri, mentre stava denunciando la violenza sessuale subita. Mi venne la pelle d'oca, del resto non c'era nulla che potessi fare per cambiare la storia.
Ma in quel momento non mi dava fastidio pensare a quello che avrei potuto rischiare se la cara nipotina mi avesse denunciato.

In quel momento aveva il cazzo in tiro e i sensi infiammati dal desiderio per mia nuora. Lei non aveva opposto alcuna resistenza, si lasciava toccare il culo ansimando.
Si intuiva che stava provando piacere. Andai oltre con la mano e la spostai nello scoscio, mi infilai nelle mutande e con le dita iniziai a stimolare la fenditura della figa, poi, con più audacia, introdussi il pollice nel culo e le quattro dita nella figa, muovendole dentro di lei.

“Mmmmmmmmmmmmmm siiiiiiiiiiii mi piaceeeeeeeeeee
“Cosa hai pensato stanotte?
“Ho pensato a te... alle tue parole... ero irresistibile... erano anni che un uomo non mi diceva quelle parole... è bello sentirsi desiderata mmmmmmmmm
“Si! te lo ripeto! Sei sensuale... mi eccitati un casino... sei irresistibile!
“Mmmmmmmmmm si iiiiiiiii mi piaceeeeeee quando mi parli così.... si iiiiiiiiii mmm
“andiamo in salotto... ho voglia di sbranarti!

Ci sedemmo sul divano. Mi tolsi l'accappatoio e le mostrai un imponente erezione. Lei fissò il cazzo, si leccava le labbra e lo guardava con un gran voglia di prenderlo in bocca. Cosa che fece d’iniziativa, senza farsi pregare. La sua bocca si impossesso del mio cazzo sublimandolo in modo divino con le labbra e la lingua.
Mariagrazia mi stupì. La sua aggressività ora era sobria e voluta. Facemmo l’amore con un’intensità inaudita. Stavolta era cosciente di quello che stava facendo. Lo voleva con tutta la sua volontà. Durante l’accoppiamento dimostrò un’audacia e una sensualità straordinaria. Nell’occasione apprezzai tutto, anche il culo che mi donò con grande slancio e generosità. Al termine di quella maratona di sesso, spossati e stanchi, sdraiati sul tappeto del salotto.

“Devo correggermi! Ieri sera eri irresistibile! Ma oggi!
“Oggi?
“non ho parole per esprimere il tuo entusiasmo! Cribbio che donna che sei!
“Anche tu non scherzi come uomo! Hai detto quaranta anni di astinenza?
Si hahhaah si sono notati?
“Si. E solo a pensarci mi è venuto un attacco di libidine che non puoi immaginare!
“No! Non lo avevo notato hahaha Però l’ho constatato hahahah
“ahahahhahahaha

Mezzogiorno. Debora rientrò a casa. Non aveva l’aria incazzata.
Mariagrazia invece era solare. La scopata le aveva messo le ali ai piedi. Era raggiante come una stella. Debora colse quel cambiamento. E durante la consumazione del pasto ci osservava con curiosità.

“Vado a buttare la spazzatura!
“Nonno ti accompagno!

Mi guardava con una strana espressione. Non sembrava adirata per quanto era successo la notte scorsa.
Ero imbarazzato, mentre camminavo al suo fianco. Poi presi una boccata di ossigeno:

“Allora come è andato con il tuo ragazzo!
“Un’imbranato! Una botta e via!
“ahahahha cosa?
“ahahah è vero? Nonno mi hai rovinato la festa! Hahahah
“iooooooo… che dici? Io?
“Proprio Tu! Dopo quello che mi hai fatto!
“Allora?
“Allora è che Luca, al tuo cospetto, è una nullità! Non mi ha dato quelle sensazioni che ho provato con te!
“Dagli tempo! Vedrai che con un po di pratica diventerà bravo!
“Certo! Però nel frattempo mi piacerebbe imparare altre casettine da te!
“ahahahhahaha senti è inutile che te lo nascondi! Da oggi io e tua madre siamo amanti! Te lo dico così non ci resterai male quando lo verrai a scoprire!
“Cazzo! Pure lei ti sei scopata! Ahahah sono contenta invece! Per la mamma! Ho visto il cambiamento! Sono sicuro che con te sarà felice!
“e tu?
“Io mi accontenterò dei ritagli di tempo! Ahahah
Ahahahahahah certo! Ti accontenterò con grande piacere…

E vissero tutti e tre felici e contenti… così va la vita.

Guzzon59 ( Claudiogusson@ymail.com )

domenica 25 dicembre 2011

La mammina (novella siciliana dell'800)


Sicilia seconda metà dell’800, una masseria, in una triste giornata di novembre, nuvolosa e fredda.

I funerali si erano appena conclusi e Zu Ninu, detto u sceccu (asino), se ne stava in silenzio, triste, con la testa piegata sul petto, assorto nei pensieri che vagavano senza meta, avendo come unico soggetto la povera Zi Marì, la moglie, appena deceduta dopo lunga e penosa malattia.
Pensava all’incapacità dei medici nel guarirla e all’inutilità delle medicine, care e pagate con i debiti.
Teneva sulle ginocchia il piccolo Totò (Salvatore), che incosciente del dramma familiare si trastullava con un pezzo di pane duro, roso dai piccoli incisivi.

In un angolo buio, curva nel suo dolore inconsolabile, c’era Rosaria, la figlia maggiore, che accarezzando il capo della sorellina la cullava teneramente.
Nella stanza c’erano tutte le Comare del vicinato a consolare quel dolore infinito. Tra queste Comare Concetta, l’amica di famiglia, che osservava affranta Zu Ninu, poi spostando lo sguardo su Rosaria, con gli occhi bagnati dalle lacrime, si avvicina alla ragazza sussurrandole:

“Rosa, esci che ti devo dire una parola!

Rosaria alzò il capo, facendo oscillare i suoi lunghissimi capelli neri corvino. Guardò il padre che, avendo capito la situazione, gli fece cenno di seguire Comare Concetta.
Passandogli vicino prese con se anche il piccolo Totò ed insieme alla sorellina seguirono Comare Concetta.

Rosaria e i fratellini si ritrovarono nella cucina della casa di Comare Concetta, che abitava di fronte alla loro.

“Rosa! Ora tu sei la donna della casa! Ti devi occupare di queste creature!
“Si!
“Tuo padre si è indebitato molto per curare tua madre! E dovrà lavorare il doppio di prima!
“Si!
“Lui deve pensare a gestire la mezzadria! Non deve avere altre preoccupazioni! Quindi sarai tu ad occuparti della casa!
“Si!
“Ricordati che io sono qui a darti una mano! Come si dice il vicinato e quasi una parentela! So cosa sta passando Zu Ninu! Anche io sono rimasta vedova e capisco cosa si prova a non avere più un compagno vicino!

Comare Concetta era rimasta vedova dopo appena cinque anni di matrimonio. Era una donna ancora giovane. Non ha più voluto maritarsi sebbene abbia avuto tanti pretendenti. Aveva sofferto troppo con il marito defunto che, pare, fosse alcolizzato e violento.

“Rosa! porta i picciriddi di la, poi vieni che prepariamo la cena! Tuo padre deve mangiare qualcosa, sono tre giorni che non tocca cibo!
“Si!

Zu Ninu, era conosciuto come u sceccu, nomignolo affibbiatogli quando era ragazzo, non certo per la sua intelligenza, anzi, ma per un dono che la natura gli aveva generosamente elargito, con grande gaudio delle donne con cui era stato.
Fin dal primo giorno di lutto si rimboccò le maniche buttandosi nel lavoro senza risparmiarsi le fatiche.

Rosaria si era impegnata fin da subito ad aiutarlo a casa, con grande responsabilità entrò nella parte di sua madre. Accudiva i fratellini, puliva la casa, rammendava, cucinava, tutte le mattine faceva trovare al padre la sacca con il cibo, ben confezionato, che avrebbe poi consumato nella mezzadria.

I debiti furono subito saldati. Zu Ninu visto che gli affari andavano bene prese in gestione un altro fondo, diventandone il mezzadro.

I rapporti con la comare Concetta si consolidarono e Zu Ninu non perdeva occasione per ringraziare la vedova, per il suo prezioso contributo.

Rosaria iniziò a soffrire la presenza in casa di Comare Concetta, non la vedeva più come amica, perché era infastidita dal suo atteggiamento tracotante; ficcava il naso in tutti gli affari di famiglia, cercando di accattivarsi le simpatie del padre, anche a suo svantaggio.

Gli era diventata antipatica, perché davanti agli occhi del padre si attribuiva i meriti del buon andamento della famiglia e il padre concordava.

Zu Ninu: come di consueto non perdeva occasione per elogiarla:

“Comare Concetta non smetterò mai di ringraziare il Signore per averci dato il vostro generoso aiuto. Rosaria, grazie a voi, è diventata un buona donna di casa, credo che per tale talento, non avrà problemi a maritarsi con un buon partito. I bambini sono sereni e questo lo debbo a lei!
“Ma si figuri Zu Ninu, l'ho fatto con grande piacere. Per sgravarla dai problemi che l'avrebbero ostacolata nel suo lavoro! Sono anche io vedova – qui fece una lunga pausa fissando lo sguardo di Zu Ninu – capisco i vostri problemi!

Rosaria non sopportava più quel comportamento da leccapiedi. Si capiva chiaramente che Comare Concetta mirava a prendere il posto di sua madre.

“Zu Ninu si fici già sira! Vi auguro una buona notte!
“Comare Concetta – se permettete - vi accompagno fino a casa – non è sicuro per una donna sola andare per strada a questa ora!
“Grazie Zu Ninu

Rosaria accolse quell'invito con rabbia, sembrava un vulcano in procinto di esplodere in una enorme esplosione. Capiva che la Comare Concetta stava corteggiando il padre. E si notava anche che Zu Ninu non era indifferente al suo atteggiamento civettuolo. Ammiccava di sottocchio, ricambiando ogni sorriso.

Appena usciti di casa. Rosaria mise a letto i bambini.

“Totò e Lilli (diminutivo di Calogera) fate i buoni, sennò il nonno viene di notte e vi pizzica i piedi! - girò lo sguardo nella stanza con la paura di vederlo - Ora dormite!
“Noo Rosa... non ci lasciare... abbiamo paura del nonno!

Il nonno era il fantasma della avo, evocato da Rosaria per tenere tranquilla i fratellini, a sua volta spaventata dalla madre quando era piccola, per questo anche lei inconsciamente era impaurita.

“Se fate i bravi e dormite il nonno non verrà!
“Ma tu non andare via Rosa… resta qui!
“Non vado lontano.. sarò di la… debbo stirare e fare altre faccende urgenti! Forza fate i bravi e nessuno vi pizzicherà i piedi! Se fate i bravi domani vi preparo la focaccina!
“Si iiiiiiii che bello! La voglio bella grande!  Anche io la voglio grande!
“Va bene però adesso dormite!

Rosaria uscì, accese il lume a petrolio e prese la roba da stirare, posandola su una sedia. Poi stese un lenzuolo sulla tavola. Riempì il ferro da stiro con la brace rovente ed iniziò a stirare.

Il padre tardava a rientrare. Fissava in continuazione l’orologio del pendolo. Era nervosa e la sua testa immaginava tante cose. La comare Concetta sicuramente stava intrattenendo il babbo con mille scuse. Quella strega lo voleva tutto per lei. Dopo che sua madre era morta ha pensato bene di prenderne il posto.

L’attesa la stava innervosendo. Il ferro da stiro si era raffreddato. Rosaria lo posò sulla piastra. Si mise le mani sui fianchi e fissò nuovamente l’orologio.

“quando è troppo è troppo! – pensò.

Afferrò lo scialle di lana e se lo gettò sulle spalle, uscendo dalla porta quasi correndo. Una volta fuori alzò la testa e notò che la finestra della camera da letto della Comare Concetta era ancora illuminata dal lume a petrolio. Ma il padre dove era finito?
In un impeto di rabbia attraversò con passo veloce la strada e si diresse verso la casa di Comare Concetta. Giunta davanti alla porta di legno la spinse leggermente verificando se fosse aperta.
Si spalancò verso il buio. Conosceva bene la casa della Comare Concetta e sapeva che dopo un passo iniziava la scala.
Con piedi leggeri, senza far rumore, a memoria, salì le scali fino all’entrata. La luce fioca della camera da letto schiariva i locali tratteggiando i lineamenti dei mobili immersi nel buio.
Respirava in modo affannoso. Che cavolo stava facendo? si chiedeva. Ma l’istinto gli suggeriva di andare avanti. Così fece.

La porta della camera da letto era appena socchiusa. Una striscia bianca di luce si apriva sulla sinistra. Rosaria si accostò e sporse il capo per sbirciare oltre, all’interno della stanza.
Appena i suoi occhi ebbero la possibilità di penetrare al di là di quella porta e mettere a fuoco la scena, il respiro le si bloccò in gola. Si mise una mano sulla bocca per reprimere un forte desiderio di gridare.

Non credeva ai suoi occhi. Lo scenario che si stava dipanando davanti alle sue pupille rasentava l’incredibile, ma era chiaro, bene evidentemente, che si stava realizzando.

La Comare Concetta era inginocchiata sul letto, la lunga gonna nera era stata completamente piegata oltre i fianchi arrivando fino coprirle il capo.
I mutandoni bianchi, merlettate agli orli, erano stati abbassati fino alle ginocchia. Dietro di lei c’era suo padre, con le braghe e le mutande calati fino alle caviglie, il culo scoperto, camicia aperta, che la teneva saldamente dai fianchi, mentre il suo enorme cazzo, scuro come una biscia, penetrava senza soluzione di continuità nello scoscio, tra i candidi glutei della comare. La figa pelosa era oscenamente slabbrata e accoglieva interamente quel grosso palo.

Da sotto la stoffa della gonna si percepivano i singulti strozzati della Comare Concetta, mentre le sue mani stringevano con forza la stoffa dei guanciali.

Rosaria sembrava ipnotizzata da quella scena. I suoi occhi strabuzzarono, quasi a voler uscire dalle orbite. Nella sua mente montò una rabbia incontenibile che le fece venire un dolore lacerante all’addome, come se qualcuno le avesse afferrato le budella e le stesse strizzando con violenza.
Lo sguardo scioccato seguiva l’azione impetuosa del padre che spingeva il suo enorme cazzo dentro quell’inferno, facendolo scomparire in profondità, fino ad urtare con il grembo contro le natiche di comare Concetta e muoverla avanti a indietro.

La voce del padre:

“Minchia Concetta! hai uno sticchiu (figa) caddu (caldo) e strittu (stretto)!
“Ninu… chi pezzu i minchia chi tieni!…mo capisco picchi ti chiamano u sceccuu mmmm manco mio marito mi ficcava accusì…. Sto impazzendu mmmm godooooooooo
“e tu ta stai pigghianduuu tutta sa bedda minchiaaaaaaa mmmm
“Siiiiiiiiii quando è beddaaa… futtami Ninuuuu sunu anni ca nu l’hoiu sintuta accussi tosta mmm

La voce soffocata dal piacere di Comare Concetta penetrava nella orecchie di Rosaria come lamette taglienti. Il suo odio per quella donna che le stava prendendo il padre, in quel momento, aveva toccato l’apice. La disprezzava con tutto il suo cuore. Quella donnaccia stava prendendo il posto della madre.

“Ninu…ti piace u sticchiu…. ?
“Si… concetta… beddu caddu e strittu..
“Si u vù ancora ficcari  mi devi spusare.,…. Capisciti?
“Si .. si… Concetta io ti spuso quando vuoi…ma tu ma dari u sticchiu… sempre!

Rosaria rimase basita ascoltando quel dialogo inaudito nel quale emergeva chiaramente l’astuzia di Comare Concetta, che stava ricattando il padre. Ora era chiaro a cosa puntava quella donnaccia.
Strinse i pugni, giurando a se stessa, con tutto l’odio che poteva provava nei suoi confronti, che la strega non avrebbe mai sposato il padre, anche a costo di farla passare sul suo cadavere.
“Concettaaaaaaaaaa staiu venenduuuu mmmm
“Ninu mmmm io staiu murenduuuuuuuuu mmmmm

Il movimento del padre era diventato più convulso, veloce e concitato. Comare Concetta fremeva dal piacere mentre la sua figa vibrava sotto i colpi di quell’enorme cazzo duro, che penetrava in profondità.

Rosaria assisteva sconcertata, seguendo i movimenti del padre che spingeva come un folle in avanti, talmente veloce che era difficile notare il suo enorme cazzo.
Poi, lo vide stringere i fianchi di Concetta e in preda al delirio dei sensi, tremare e librare in aria un urlo bestiale.

Concettaaaaaaaaaaaaaa mmmmmmmmm      

La voce del padre l’ha scosse profondamente nell’anima. Scappò via, agitata e arrabbiata. Corse in casa. Rifugiatasi tremolante in camera sua, si coprì  completamente con le coperte. Il pianto le venne in modo naturale. Si sentiva tradita dal padre. Tradita da quella donna che non aveva avuto nessun rispetto per sua madre.
Dopo alcuni minuti sentì i rumori della porta che si apriva annunciando l’arrivo del padre. Avrebbe voluto andare da lui e gridargli in faccia la sua collera. Ma si trattenne continuando a versar lacrime in silenzio.
Poi ci ripensò ed in preda all’ira si alzò dal letto, incurante dei piedi scalzi, raggiunse il padre. Voleva rinfacciargli il suo disprezzo.
Ma, si fermò davanti alla porta socchiusa impotente di andare oltre, perché bloccata dalla scena che le si era presentata davanti.

Il padre, era nudo dalla cintola in giu, piegato sopra una bacinella piena d’acqua mentre si stava lavando i coglioni ed il lungo cazzo scuro. Il palo l’ha impressionò perché, nonostante fosse moscio, faceva intuire le sue notevoli dimensioni.

Rosaria osservò ogni movimento del padre. Fissava incuriosita la sua mano che sciacquava via il sapone dal cazzo, muovendola incessantemente senza fermarsi.
Notò che non accennava a placarsi. Continuava a muoverla e nello stesso tempo vedeva che il grosso cazzo cresceva di dimensioni, fino a toccare con la punta il fondo della bacinella.

Si stupì nel vedere Zu Nunu che lo cingeva con forza muovendo il polso con scatti veloci.
Rosaria non capiva che cosa stesse succedendo. Quando…

“Concettuzza….mmmm chi sticchiu che tieni,, mmmmm caddu e strittu…mmm

Quelle parole ferirono Rosaria. Perché le fecero intuire che suo padre era ancora eccitato e si stava masturbando pensando alla figa di Comare Concetta. Capì anche che le mancava una donna.
Restò li, ferma, a fissarlo basita fino alla fine. Anche quando la mano aumentò il ritmo. Poi…

“mmmmm Concettaaaaaaaa bedda…. U sticchiuuuuuuuuuuuu mmmmm

Ferita nell’onore, in preda allo sdegno, si ritirò in silenzio nella sua stanza.

Nei giorni successivi evitò di incontrare la Comare Concetta.
Quando lei era in casa Rosaria usciva con qualsiasi scusa, anche con la pioggia.
Continuava a spiare suo padre. Una volta lo colse in cucina seduto su una sedia, mentre comare Concetta in ginocchio tentava di ingurgitare con fatica il grosso cazzo, leccando la cappella lucida e scura, fino a farlo sborrare nella sua bocca.

“hai parlato con Rosaria? Sta storia deve finire! È meglio che la informi subito! Hai visto come mi evita!
“Si.. si.. lo farò stasera! Ti deve rispettare! Anche perché stai per diventare la sua madre!

Quella sera.

“Rosaria!
“Si pà!
“Siediti qua! Ti devo parlare!
“Si!
“Tu sai che da quando ho preso la seconda mezzadria, il lavoro è aumentato! Anche perché ho preso con me alcuni braccianti!
“Si!
“Pure per te il lavoro è aumentato! Se penso che devi badare pure ai picciriddi!
“Si! A fatica non mi spaventa! Sapete che lo faccio volentieri e bene!
“Si, sei brava! Ma ho pensato che forse Comare Concetta potrebbe aiutarti!
“Pà, non ho bisogno di lei! Da sola me la cavo benissimo!
“Rosaria! La casa ha bisogno di una donna esperta! Tu e i picciriddi di una madre!
“Pa… io quella qui non ce la voglio! Ho già avuto una madre! Ai picciriddi ci penso io!
“Ma Rosaria ragiona!
“No! Non ne voglio discutere! Io una madre l’ho già avuto! No ne voglio un'altra!

Rosaria era decisa ad opporsi con tutte le sue forze.

“Ma…..

Rosaria non gli lasciò finire la frase che corse via in lacrime. Nei giorni seguenti cominciò a dare segni di sofferenza fisica. Era diventata pallida, quasi non si teneva in piedi. Non parlava più ed aveva perso la sua allegria.  Zu Ninu iniziò a preoccuparsi.

Una mattina la trovò a letto madida di sudore, tremolante con febbre alta. Allarmato chiamò subito il medico condotto.
Dopo averla visitata.

“Zu Ninu le debbo parlare!
“Come vossia desidera!
“Vostra figlia mi preoccupa! Non parla! Fissa il soffitto senza dire una parola! È come se non avesse più voglia di vivere! E’ successo qualcosa?

Zu Ninu si dimostrò prima restio a dire quello che era successo, poi, cedendo alle insistenze del medico, raccontò tutto.

“Adesso capisco tutto! Vostra figlia è gelosa di Comare Concetta! Ha paura di perdere il suo ruolo in casa!
“Ma come devo fare! I picciriddi hanno bisogno di una donna matura! Come Comare Concetta!
“Zu Ninu! Voi non me la raccontate giusta! Pure voi avete bisogno di una fimmina vero?
“Dottò sugnò ancora giovane! Non siete d’accordo?
“Certo che vi capisco! Comare Concetta è na bedda fimmina!
“E si!
“Ma Rosaria non la vuole in casa!
“Già! Come mi debbo comportare!
“un passo alla volta! Prima recuperiamo Rosaria! Dovete dirgli che avete cambiato idea e che non sposerete la Comare Concetta! Questo la farà subito felice!
“ma è una bugia! Ormai la comare Concetta è compromessa! E tutto il paese sa che tra noi c’è una relazione!
“appunto una bugia a fin di bene!
“Come vossia ordina!


Il dottore lasciò la casa contento, anche perché Zu Ninu lo aveva pagato con un prosciutto stagionato.

Zu Ninu ritornò nella stanza di Rosaria. I fratellini erano a casa della Comare Concetta. In casa c’era un silenzio quasi palpabile. Rattristato per la malattia di Rosaria, risentito per il suo comportamento, imbarazzato per quello che doveva dire, si sedette al suo capezzale. Una bugia per il bene di Rosaria.

“Rosa… Rosa.. mi senti?
“Si… pà..
“Non ti devi più preoccupare! Ho deciso! – quasi sussurrando – non sposerò più la comare Concetta!
“Cosa hai detto? Non ho sentito!
“ho detto che non sposerò più la Comare Concetta!
“Vuoi dire che lei non verrà a vivere qui?
“Si! Ho detto questo!

Aveva sentito bene. Quella strega non avrebbe messo piede in casa. Rosaria aprì gli occhi. Un sorriso rese il suo volto raggiante. Il colore pallido stava scemando lasciando il posto a una gradazione rosea. La vita stava nuovamente fluendo nelle sue vene. In uno slancio di gioia si alzò dal letto e corse ad abbracciare il padre.

“Padre! Vi prometto che farò quello che volete per farvi felice!
“Rosa… vederti sorridere mi rende già felice!

Rosaria fissò intensamente il padre.

“No pa! Io voglio darvi quello che vi manca! E so cosa vi manca!
“Non mi manca nulla!

Rosaria si alzò in piedi. Fissando intensamente il padre. Si tirò su la gonna e si abbassò i mutandoni fino alle ginocchia. Esibendo le sue parti intimi allo sguardo scioccato del padre.

“Talia! (guarda)…E’ chissà che vi manca!  pure io tengo u sticchiu… strittu e caddu!

Rosaria si era rammentata della sera che il padre masturbandosi il suo grosso cefalo anelava alla figa di Comare Concetta. Pensò che se avesse avuta la sua non  sarebbe andato mai più a cercare quella donnaccia.

“Ro… ma che stai facendo!
“Pa…vi prego… pigghiativi u sticchiu! Voglio farvi cuntentu!

Rosaria dopo aver detto quella frase si inginocchiò sul letto, mettendosi a pecorina, come aveva visto fare a Comare Concetta, esibendo il suo fantastico scoscio agli occhi sconvolti del padre.

Zu Ninu rimase basito. Non riusciva più a dire una sola parola, mentre osservava il culo di sua figlia, in bella mostra. Uno spettacolo incantevole, che esaltava un lato B di Rosaria di incredibile bellezza e sensualità, molto più di quello della comare Concetta.
La pelle era bianca ed appariva liscia, senza smagliature. Era una visione fantastica, da infarto. Il contesto poi era straordinario. Rosaria attendeva che il padre facesse qualcosa.

“Padre… non vi piace u sticchiu?
“Rosa…Rosa.. io. Io…Bedda Matri! cumi cazzo ai a fare….nu cia fazzu a resisteri! Rosa è chisto che vuoi?
“Si… lo voglio! Pigghiativi u sticchiu!

Zu Ninu, ormai eccitato come un toro da monta, con i freni inibitori ridotti a niente, tremolante si sbottonò i pantaloni, calandoseli fino alle caviglie.
Brandendo il cazzo, prima di avvicinarsi al culo di sua figlia, iniziò a dare alcuni colpi di sega al grosso palo bagnato di liquido seminale, sbavando e leccandosi la saliva che gli stava colando dai lati della bocca.

“Minchia! Che sticchiu... Rosa... Mu pigghiu con grandi piaciri!
“Pà.. Puru iu vu dugnu con grandi piaceri….

Si cosparse la punta del cazzo con una grosso colata di saliva, la impregnò per bene. Poi sputò sulla mano e la sparse sulle dita. Quindi li fece scorrere tra le fessure della figa di Rosaria provocando un lieve singulto.

“MMMMMM che beddu!

Zu Ninu non riusciva più a stare nella pelle. Il suo corpo eccitato fremeva anelando quel buco, la sua mente era in preda ad una libidine incontrollabile. Agognava di infilare subito il suo grosso palo in quella nicchia setolosa.

Si accostò con il bacino tenendo il cazzo con una mano, poi unì la cappella alla vulva vaginale di Rosaria, mentre con l’altra mano separava le piccole labbra. Quindi si fece strada con il grosso bulbo che varcò l’ingresso e nello stesso istante venne aggredito dal tepore delle pareti vaginali.
Zu Ninu, appena percepì l’interno caldo spinse dentro il resto del corno,  con l’aiuto del liquido seminale, secreto in abbondanza, penetrando per due terzi nella carne viva.

“MMMMMMMMMMMmmmmmmm
Il cazzo non era ancora entrato completamente. Zu Ninu, inspirò una grossa boccata d’aria, rinvigorendo il suo impeto, sconvolto dalla libidine, continuò a spingere fino a quando non vide il cazzo sparire dentro lentamente.

AAAAAAAAaaa mmmmmmmmmm bedda matri miaaaaaaaaaaaaaa

La voce di Rosaria ringalluzzì  lo spirito di Zu Ninu che afferratosi dai fianchi di sua figlia concluse l’opera dando l'ultima imponente spinta, impetuosa, tale da far sparire il resto del cazzo asinino nelle profondità della figa, fino alla base dell’inguine.

“AAAAAAAAAAA mmm bedda matriiiiiiiiiiiiii miaaaaaaaaaaaaaaa

Il lamento acuto di Rosaria sottolineò la forza devastante di quel cazzo enorme, che si stava facendo strada come un ariete. Era il cazzo di Zu Ninu detto u sceccu (asino), che orgoglioso delle sue doti pensò che a anche sua figlia poteva vantarsi di averlo assaggiato.

Zu Ninu, eccitato dai gemiti di Rosaria, prese a muoversi con più frenesia, avanti e indietro.

Quando il suo cazzo scompariva interamente nella vagina, con una frequenza impressionante, Rosaria non riusciva a contenere i lamenti, che echeggiavano nella stanza come una cantilena. Una voce bianca e candida come quella di una sirena.

“aaaaaaaaaaaa  ti piace u sticchiu padri?
“Siiiiiiii Rooooooo mmmm e caddu e strittu ,,,, bedduuuuuuuuuu e a tia ti piaci a minchia?
“Siiiiiiiiiii paaaaaaaaa mmmm quantu mi piaci aaaaaaaaaaaa

Gli acuti di Rosaria suonava come uno stimolo per  Zu Ninu, che euforico come un giullare, prese a muoversi con maggiore foga, sconquassando la figa della giovane figlia, ormai ridotta a un ricettacolo slabbrato e bagnato di umori, che divennero schiuma bianca e limacciosa, trasbordante dai lati e lungo quel palo enorme.

“Paaaaaaaaaaammmm non vogghio più che ti pigghi u sticchiu i Concetta! Ta accontentari solo del miooooooo ….mmmmmm
“Si rooooooo mmmm che sticchiuuuuuuuuu chi tieni…. Caddu e strittu …..
“Siiiiiii mnmmmm che beddu,… io solo a minchia vostra vogghiu aviri!

Rosaria aveva affondato le mani tra le lenzuola e mordeva il cuscino, affrontando come meglio poteva i fondenti incessanti di suo padre, che in pieno delirio dei sensi, era diventato una macchina devastante di puro sesso.
La ragazza si agitava, fremeva, sussultava, gemeva, come se fosse posseduta dalla tarantola, accogliendo dentro il suo grembo, interamente, quello enorme cazzo, che urtava contro le cervici dell’utero e le stava spianando la vagina.
Gli orgasmi si susseguivano continuamente e le pareti della vulva si contorcevano dagli spasmi mandando in delirio la mente di Rosaria.

Il cazzo di Zu Ninu rifletteva la tenue luce che proveniva dalle fessure della finestra socchiusa, impregnato di umori vaginali, brillando come se fosse di vetro. Rosaria lo sentiva duro e possente, e le sue notevoli dimensioni, penetrando, trascinavano con se le piccole labbra.

Zu Ninu era un uomo rude e muscoloso, temprato dal duro lavoro dei campi. Rosaria per contro, era una ragazza esile, non magra, dai lineamenti rotondi, ma proporzionata nei fianchi e nella grandezza dei seni. Una tipica giovane del sud, mora, capelli lunghi e neri corvino.
Stava rannicchiata sul letto incassando da tergo i colpi micidiali di quella grossa fava, che il padre le stava assestando con la forza di un uragano.

Zu Nino era completamente incantato dal culo di Rosaria, lo fissava con uno sguardo famelico, divorandolo con la sua bramosia.
La sua mente, nutrita da quelle visione divina, trasmetteva la brama al suo cazzo, duro e vibrante, che penetrava con l’energia di una trivella in quello scoscio morbido come il burro.

La realtà si era completamente annullata. Nella testa dei due diabolici amanti, c’era solo desiderio estremo di godersi quello attimo di piacere.
Zu Ninu non smetteva di fissarsi il cazzo che scivolava fino a scomparire completamente in quel buco oscenamente allargato. Rosaria aveva la mente in preda alle vertigini, alimentati dagli orgasmi che si succedevano con una frequenza sconvolgente.

Zu Ninu, posseduto dal demone della libidine, spingeva dentro cercando di arrivare al massimo godimento possibile.
I primi conati di sborra, infatti, iniziarono ad annunciarsi. Zu Ninu, voleva raggiungere al più presto quello stadio trascendentale dell’orgasmo. Aumentò quindi lo sforzo degli affondi ancorandosi con le mani ai fianchi di Rosaria, come artigli, per imprimere maggiore spinta al cazzo.

“AAAAAAAAAAA beddaaaaaaaaaaa matri miaaaaaaaaaaa staiooooo murenduuuuuuuu mmm
“Beddaaaaaaaaaaa  picciriddaaaaaaaaaaa mmmmiaaaaaa che sticchiu caddu e strittuuuuu mm

Il cazzo di Zu Ninu sembrava un possente rompighiaccio, devastante. Rosaria tremava come un vibratore ad alta tensione, con la mente sconvolta dal piacere che il cazzo di suo padre le stava provocando in modo vertiginoso nel basso ventre.

Incoscienti, entrambi sconvolti dall’orgasmo.
Zi Ninu iniziò a sborrare dentro la vagina di Rosaria, senza pensare alle conseguenze, con la mente in preda al delirio del godimento estremo.

“Rooooooooooo mmmmmm staiu vinenduuuuuuuuuuu mmmm
“Matriiiiiiiiiiii Beddaaaaaaaa  mmmmmmmmmm mi sento muririiiiiiiiiii mmmmm
Le aveva inondato la figa. La sborra si era mischiata agli umori secreti in abbondanza formando una miscela limacciosa biancastra che colava tra le cosce di Rosaria.

Da quel giorno Rosaria prese il posto di sua madre, in tutti i sensi. Col tempo i fratellini dimenticarono la vera madre e cominciarono a considerare lei la loro mamma.
La famiglia si ingrandì con la nascita di altri due fratellini.

Comare Concetta, pur di continuare a godersi il cazzo dell’asino, accettò il ruolo di amante di Zu Ninu,  con il consenso di Rosaria, anche lei partorì altri tre figli.

Così va la vita... e tutti vissero felici e contenti…