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sabato 20 luglio 2013

La Mamma Milf

Antonio vive da dieci anni circa a Torino, città in cui era giunto quando aveva solo diciotto anni.

Non è sposato. Lavora come impiegato in un’azienda di trasporti.
E’ singolo per scelta.  Tale decisione non è dovuta a un problema estetico, anzi l’aspetto è gradevole, ma a una brutta esperienza giovanile, che l’ha indotto a escludere la possibilità di un rapporto stabile.
Un passato che l’ha perseguitato come un incubo e che dieci anni dopo gli presenterà il conto.

In primavera la nipotina Carmela, in occasione della sua cresima, gli ha chiesto di fare da padrino. La cerimonia era stata fissata nella seconda domenica di maggio.

Due anni prima aveva visto per la prima volta la ragazzina, quando il fratello gli aveva fatto visita a Torino, con la sua famiglia.
La nipote, all’epoca, una bimbetta di otto anni, secca e lentigginosa, appena lo conobbe si affezionò a lui.
Dopo quel viaggio, decise che lo zio doveva fargli da padrino.

Cosa fare?

Antonio era fuggito dal paese di origine a diciotto anni. Per lasciarsi alle spalle una brutta esperienza, un evento traumatico che gli aveva sconvolto la vita.

Quel ricordo era talmente cocente che l’idea di ritornare a casa e trovarsi davanti la causa che lo avevano costretto a fuggire, gli dava un senso di ansia e di nausea.

Per tanti anni aveva sentito dentro di se le colpe di quel peccato, che gli pesava sull’anima come un grosso macigno.

La nipote non c’entrava nulla con quella storia, e non era giusto che pagasse lei per le colpe degli altri.
Lei, solo lei, meritava il suo ritorno al paese.

Antonio, quindi accettò. Carmela ne fu entusiasta e non vedeva l’ora di riabbracciarlo.
Antonio programmò le sue ferie, facendo in modo di partecipare alla celebrazione del sacramento, il tempo strettamente necessario.
Il giorno successivo, sarebbe rientrato a Torino.

Arrivò al paese esattamente tre giorni prima della data della cresima.
Si presentò a sua madre.

“Ciao Mamma!
“Antonio! Che gioia vederti! Dopo tanti anni!

Lo abbracciò con grande affetto, lui rimase freddo.
IL viso della donna si era bagnato dalle lacrime.

Lui corse a posare le valigie nella sua vecchia camera.

“Mamma! Ora vado da Vincenzo! Ci vediamo dopo!
“Si tesoro! Finalmente sei tornato! Vorrei dirti tante cose! Vorrei…
“Mamma! Lascia stare! Il passato è passato!
“Tesoro! Sono passati dieci anni! Non puoi ancora vivere di rancori! Quello che è successo lo abbiamo voluto entrambi! Non devi giudicarlo sbagliato!
“Mamma! ti prego! Lascia perdere! Non voglio più parlarne!

Si staccò dalle sue mani, gli girò le spalle e sparì nelle scale. Lei avrebbe voluto stringerselo forte. Ma era imbarazzata dal passato che si presentò nel presente con lo stesso e intenso fastidio con cui lo aveva vissuto suo figlio.
I ricordi, tuttavia, non si potevano cancellare soprattutto quelli che lo legavano a lui.

Elena, la madre di Antonio, di cinquanta anni, era afflitta per l’atteggiamento del figlio. Dalla finestra lo guardò fino a quando non lo vide sparire, poi fissando i raggi luminosi di un sole quasi estivo, che schiarivano la stanza e la piazza sottostante, riempita dalle urla dei bambini che si rincorrevano, i suoi pensieri ritornarono indietro di dieci anni.

Autunno del 2002:

Elena e suoi due figli, Antonio di diciotto e Vincenzo di venti anni, appena sposato, stavano rientrando a piedi dal cimitero.
Avevano seppellito il marito, morto d’infarto.
Elena è una bella donna di quaranta anni. Mora, con un fisico vigoroso ed un seno generoso. Il nero del lutto e la mantiglia di seta, la rendevano un’immagine delicata, che esaltava il pallore di un viso dolce e sensuale. Gli uomini del paese, che incontrava lungo la strada, la salutavano con calore. Antonio camminava al suo fianco.
Non gli sfuggivano le occhiate libidinose e invadenti di quei loschi individui che si prostravano davanti a sua madre, con una espressione lasciva.
Il padre era morto da poco e già qualcuno di loro si mostrava spavaldo e nutrendo la speranza che la bella vedova potesse cedere alle loro lusinghe.

La prima esplicita avance venne da Bruno, sindaco e cugino di Elena.
Antonio, non lo sopportava perché aveva un modo di fare invadente che riteneva irrispettoso verso suo padre appena deceduto.
Lo fissava seccato, perché le sue mani, interpretando la sua lussuria, accarezzavano con insistenza i fianchi della madre.

“Elena! Vieni a trovarmi in comune, quando vuoi! Per qualsiasi cosa!
“Grazie Bruno!

Antonio pensò: “per qualsiasi cosa” una messaggio subliminale che nascondeva le sue losche intenzioni! Bastardo!

Capì che quelle riverenze stucchevoli ed ipocrite, celavano un fine libidinoso, che traspariva chiaramente dagli sguardi sul decolté, sulle curve, sui fianchi e sulle gambe di sua madre.

La madre per contro si comportava in modo frivolo, favorendo quei propositi indecenti, velati dietro una falsa apparenza di reverenze e rispetto.

Dopo l’ennesimo sorriso malizioso della madre all’indirizzo di uno sconosciuto che l’aveva salutata con un ghigno allusivo, la rabbia di Antonio esplose, improvvisa, come l’eruzione impetuosa di un vulcano.
Gli afferrò un braccio e lo strinse forte.

Elena si girò a fissare Antonio, sorpresa da quel gesto.

“Mamma! Andiamo subito a casa!
“Tesoro! Che hai?

Non rispose. Fissò la madre fulminandola con lo sguardo. Elena avvertì un gelo alla schiena e gli venne la pelle d’oca. Negli occhi del figlio aveva percepito una violenza incomprensibile.
Antonio, tuttavia, aveva ottenuto quello che voleva.
La madre abbassò la testa, si coprì con la mantiglia e proseguì spedita verso casa, salutando la gente in modo fugace, con un semplice movimento del capo.

Tutte e tre camminarono in un silenzio irreale, si sentiva soltanto l'eco del rumore secco dei tacchi delle scarpe di Elena, sembrava un diapason che dettava il ritmo ai passi.

In casa. Elena, irata sbatté la parta dietro le sue spalle.

Vincenzo:

“Io vado via! qui c’è aria di tempesta! non mi piace! Ciao!

Rimasti soli:

“Allora che cosa ti è preso? Mi hai fatto male al braccio!

Antonio era turbato. Anche lui si era sorpreso di quel gesto insensato. Si sentiva confuso e imbarazzato.

“Non hai nulla da dire?

Elena si tolse la mantiglia e la gettò sulla poltrona con un gesto di stizza. Andò in cucina, con passo nervoso, facendo rumore con i tacchi, e ritornò con un bicchiere d’acqua.
Antonio non riusciva a sostenere lo sguardo della madre, continuando a ostentare un’aria smarrita.
Elena indossava un vestito nero attillato che la copriva come una seconda pelle. Non era molto lungo. Le gambe robuste erano scoperte da metà coscia in giù e velate da calze di seta nera.
Appariva un’icona provocante.

La donna ritornò a sedersi sulla poltrona. Davanti  c’era Antonio, che stava in piedi, con l’espressione di un bambino immusonito.

“Mi vuoi dire che cosa ti è preso? Guarda qui! Mi hai fatto un livido!

Elena mostrò la pelle interna dell’avambraccio, e sulla cute bianca spiccava un segno rosso.

Era seccata e risentita dal comportamento del figlio. Appoggiò un gomito sul bracciolo della poltrona, sostenendosi il mento con il palmo della mano. I suoi occhi verdi fissavano Antonio, in attesa che lui rispondesse alla domanda. Nello stesso istante aveva accavallato le gambe. Quel gesto indusse il vestito a spostarsi verso l’interno, scoprendo parte della coscia. Elena aveva l’abitudine di portare calze autoreggenti. Così, quello atto, inavvertitamente, metteva dinanzi agli occhi di un ragazzo di diciotto anni, uno scenario provocante e di incredibile contenuto erotico.

La coscia di Elena era in pratica esposta. La pelle bianca risaltava rispetto al nero trasparente delle calze e del vestito. Si notava l’incrocio sublime delle cosce. Antonio fissò quel crocevia conturbante ed ebbe una reazione inconsueta. Si eccitò.
Il cazzo del giovane, senza alcun controllo, si era ingrossato fino all’estremo, spingendo nei pantaloni, in modo tale da provocargli delle sensazioni imbarazzanti e di sofferenza.
La madre era bella e provocante ed eccezionalmente, la sua mente, cominciò a desiderarla carnalmente.
Un sentimento estremo che lo tormentava e gli creava un dilemma interiore spaventoso, ma non era la prima volta che era angosciato da quelle sensazioni.

La gelosia lo turbava da parecchio tempo. Quel giorno, però, era esplosa in modo violento perché gli aveva dato fastidio che altri uomini la guardassero con la stessa morbosità che inconsapevolmente anche lui nutriva dentro di se.
La goccia che fece traboccare il vaso fu l’atteggiamento di suo cugino Bruno. Antonio sapeva che tra loro forse c’era qualcosa, che non era una semplice rapporto di parentela.
Lui aveva intuito che sua madre tradiva il padre. Non era diversa dalle troie che vivevano in paese. La spregiudicatezza della madre lo aveva attratto perché esaltava la parte sensuale della sua femminilità.

“Oddio! Tu un giorno o l’altro mi farai impazzire!

Elena, così dicendo, piegò il capo indietro, verso la spalliera della poltrona, con il viso rivolto al soffitto. Teneva gli occhi chiusi, come se soffrisse di mal di testa. In quella postura rilassata fece un altro gesto inaspettato. Scavalcò la gamba, e poggiandola a terra restò con le cosce leggermente aperte. Lo scenario risultò infernale. Come le fiamme di una fucina, la calda nicchia dello scoscio apparve in tutta la sua magnificenza erotica. Le mutande nere si notavano chiaramente. Prima di perdersi nei glutei paffuti, si allargavano su uno spiazzo che lasciava immaginare una figa corpulenta e grassa. Le calze nere, interrotte a meta coscia, evidenziavano una pelle liscia e bianca. Era uno sfondo da infarto.

Antonio guardava e sudava come se stesse soffocando dentro una sauna. Il corpo di sua madre lo attraeva verso di se, come la luce attirava le falene. Era sconvolto ed eccitato. Il suo cazzo non gli dava tregue. Lo sentiva duro e pulsante.
Nei suoi pensieri presero forma altre immagini. In passato l’aveva spiata di nascosto e conosceva perfettamente ogni dettaglio del suo fisico e la generosità delle tette. Ricordava benissimo il folto pelo nero che gli copriva il monte di venere e spuntava dal grembo come un grosso cespuglio. Nel cuore della notte, quando i sensi erano alterati dal desiderio per la madre, la mano, con naturalezza, si muoveva sul cazzo, facendo scivolare la pelle velocemente, fino all’estremo sacrificio. Nel momento in cui la voglia diventava sfogo, pensava a lei.

All’improvviso successe qualcosa d’incredibile.

Antonio, rapito da quella provocazione sensuale, in estasi come davanti alla luce divina, s’inginocchiò tra le cosce spalancate della madre. Lei non avendo capito le intenzioni morbose del figlio, lo accolse con calore, anche quando sentì le sue mani che accarezzavano i fianchi, le braccia e le anche.

“Si tesoro! Lo so cosa ti senti! Stai soffrendo per la morte di tuo padre! Vieni abbracciami!

Antonio si attaccò alla madre come i rami di un’edera. Appoggiò il capo su una spalla, pressando le sue labbra contro la pelle profumata del collo. Un odore di sandalo stordiva i sensi, e accentuava ancora di più quella sensazione di ebbrezza.
La madre, intanto, lo stringeva con tenerezza, schiacciando il seno abbondante contro il suo petto.
Senza alcuna malizia, gli aveva spalancato le gambe per tenerlo ancora più stretto a lei. Il grembo di Antonio si era incastrato profondamente nello scoscio della madre. Appena ci fu il contatto, iniziò a spingere forte, pressando la turgidezza del cazzo contro la figa corpulenta di Elena. Rimasero attaccati per un tempo che sembrava infinito. Elena, appena avvertì la consistenza del cazzo del figlio che spingeva contro la figa ebbe un moto alla schiena. Rimase incredula. Non credeva a quello che stava percependo. Nello stesso istante si sentiva impotente. Non riusciva a respingere quello impulso naturale. In lei c’era una forza incontrollabile che la teneva bloccata in quella posizione.
Antonio, man mano che passava il tempo, in assenza di qualsia resistenza, si faceva sempre più audace, stimolato dal caldo infernale del corpo di sua madre che stava agendo da catalizzatore del desiderio sessuale. La sua azione cresceva di intensità, come una potenze esponenziale.
Cominciò a muovere le mani sotto il vestito, fino a raggiungere le grosse natiche.
Elena non aveva più la forza di fermarlo, nonostante avesse capito le intenzioni morbose del figlio.
Eppure, sebbene lo giudicasse un pensiero aberrante, non face nulla per respingerlo. Anzi, il corpo fremeva, perché in pochi istanti l’azione del figlio gli aveva infiammato i sensi, coinvolgendola emotivamente. Anche lei si era eccitata.
Antonio, aveva perso la ragione. La sua mente era completamente sconvolta dalla bramosia.
Sotto l’impulso del desiderio si aprì i pantaloni. Il cazzo spuntò fuori, mostrando una cappella ingrossata e impregnata di liquido seminale che impregnò le mutande di sua madre.

Seguendo un istinto primordiale, lo fece razzolare con la punta contro quello spazio infernale. Spingendo con forza tra i solchi, come se volesse lacerare la stoffa delle mutande. Elena stava incassando quella aggressione senza dire nulla. Stava con la testa appoggiata sulla spalla del figlio, respirando con affanno.
Lo lasciò fare, quando avvertì le dita di Antonio, frementi che gli spostavano di lato gli orli delle mutande, scoprendo una figa infiammata e grondante di umori.

Non fece alcuna resistenza,  quando avvertì la cappella del cazzo del figlio,  che stava frugando tra il folto pelo alla ricerca dell’ingresso vaginale.
Si lasciò andare ad un lungo sospirò, quando la verga dura di Antonio cominciò a entrare nella sua vagina.

“mmmmmmmmmmmmm
“ma… mamm…mamma aaaaaaa mmm

Antonio, appena sentì il caldo intenso della fica materna avvolgergli il cazzo, iniziò a spingere con veemenza nello scoscio della madre. Prima in modo convulso, poi, su sollecitazione della madre – “piano! Mmmmm vai piano tesoro! – placò l’impeto iniziale, prese un ritmo regolare e tenendosi afferrato alle natiche, cominciò a martellare con energia la fica.
Il cazzo si perdeva nel folto pelo vaginale fino alla base del grembo. Ogni affondo suscitava un forte sussulto nel corpo della madre.

Dopo una serie di colpi secchi e profondi, percepì gli organismi della madre che la scuotevano come le onde di un terremoto.

“mmmmmmmmmm godo o mmmm tesoro mio! Sei fantastico!

Il suo respiro era in affanno. Le mani di Elena, nervose a causa del godimento, stringevano le spalle di Antonio, tenendolo serrato al suo petto. Lo sentiva forte e vigoroso mentre il cazzo gli stava sconquassando la figa.

“mmmmmmmmmmmmmm siiiiiiii
“ma mamma aaaaaaaaa godo ooooo

I movimenti divennero nuovamente convulsi. Il giovane si scatenò in una serie di affondi, penetranti, veloci e micidiali che costrinsero Elena a gridare il suo intenso orgasmo.

“Siiiiiiiiiii mmmmmmmmm dio oooooo godo oooooooooo
“Mamma aaaaaaaaaaaaaa mmmmmm


Quella furia della natura si placò subito tra le cosce spalancate di Elena. I due amanti diabolici rimasero attaccati, stretti luno allaltro, mentre il cazzo si stava svuotando dentro lutero. I corpi sussultavano, tremavano e vibravano, mentre si placavano liberando quelle emozioni che li avevano esaltati e spinti luno nellaltro, a violare il supremo tabù: lincesto.


Antonio prese subito coscienza di quanto era successo. Si disperò nascondendosi la faccia tra le mani. Si alzò velocemente e corse in camera sua, lasciando la madre seduta sulla poltrona, ancora in preda ai brividi dell’orgasmo, con le cosce aperte, le mutande spostate di lato e il folto pelo della figa grondante di sperma.

Elena, alcuni minuti dopo, raggiunge la stanza di Antonio. Era chiusa a chiave.

“Antonio! Aprì subito questa porta!
“Mamma ti prego! Lasciami solo! Non ho il coraggio di guardarti in faccia! Ti ho violentato!
“Non dire cretinate! Non è stata colpa tua! Apri! Ti prego! Parliamone con calma!

La porta si aprì. Trovò Antonio rannicchiato sul letto. Appoggiato alla spalliera, in posa fetale, con la faccia posata sulle ginocchia. Non aveva il coraggio di guardare la madre.

Lei si sedette sul letto, di fronte a lui. Gli appoggiò una mano sulla spalla e se lo tirò verso di se, abbracciandolo come un tenero cucciolo.

“Non è stata colpa tua! Non devi sentirti in colpa!
“Ti ho violentato! Lo capisci!
“Niente affatto! Potevo respingerti! L’ho voluto anche io! E’ stato bello!

Antonio alzò il capo, con espressione smarrita. La madre sorrideva. Gli mise un dito sotto il mento.

“Antonio è stato fantastico! Quello che ho provato grazie a te! è qualcosa che stento a descrivere! Nessun uomo mi aveva fatto godere come te!
“Mamma! Io…
“Tu … non devi sentirti in colpa… anzi… vorrei si.. insomma…. Vorrei ricambiare il favore.. se vuoi…
“Non capisco…

Le parole non avrebbero espresso quello che Elena aveva in testa.

Allora decise di passare all’azione.

“Stenditi! Stai allungato!

Antonio si coricò supino. Elena approfittò subito della situazione. Gli sbottonò i pantaloni. Glieli sfilò insieme alla biancheria intima. Lasciandolo nudo dalla cintola in giù.

Antonio fissava sua madre con espressione incredula. Lo stupore aumentò, quando attaccò a maneggiare il cazzo con un’azione decisa, fino a quando non lo fece indurire nuovamente. Poi si stupì quando la vide piegarsi sul suo grembo e attaccare a succhiare la verga. Appena sentì il tepore della sua bocca attorno al pene, ebbe una reazione convulsa nelle zone lombare, come un senso di vertigini che lo costrinse a stringere le natiche.

“Mamma! Che fai?
“Ti piace?
“Si… si …

Il cazzo cresceva di volume nella bocca della madre. Man mano che si ingrossava lo accoglieva interamente fino in fondo alla gola. Elena sembrava una musa ispirata, in preda alla follia, mentre si accaniva con passione sul cazzo del figlio. La sveltina non gli era bastata.

Del resto, era la sua indole, perché fin da ragazza aveva capito che il suo talento era il pompino. Aveva iniziato prestissimo quasi adolescente, con suo cugino Bruno. Il rapporto in seguito si era trasformato in un vero legame incestuoso e, anche dopo sposata, aveva continuato ad incontrarlo.  Quindi era incline al sesso proibito. Ora voleva dispensare il suo talento anche al figlio.

Tutto sommato quell’atto era una tappa che aspettava di raggiungere. Conosceva le abitudini del figlio, sapeva che la spiava quando faceva il bagno. In quelle circostanze cosciente della presenza di quell’insolito spettatore,  si turbava piacevolmente e, come un’esibizionista ossessionata, si mostrava compiacente al suo testimone speciale, in tutta la sua nudità per il diletto proprio e di quello del figlio.

La sua azione era la manifestazione di un sentimento incestuoso, radicato nella sua mente. Il cazzo del figlio esaltava i suoi sensi perché l’incesto rendeva quel rapporto straordinariamente esclusivo. Non era pari a quello che commetteva con il cugino. Il cazzo che stava succhiando era quello di un uomo che si era formato nel suo utero. Più ci pensava e più si eccitava.
Ad un tratto sentì qualcosa che si agitava tra le sue cosce. Erano le dita di Antonio. Per facilitargli il compito gli spalancò le cosce. Non portava mutande ed il folto pelo spuntava come la cresta di un istrice. Nero e setoloso.

Dopo averlo portato alla massima rigidezza, si fermò. Si esibì in un sensuale spogliarello togliendosi il vestito ed il reggiseno.
Mostrare la propria nudità in quel momento aveva un senso. Il suo spettatore finalmente meritava la vista dell’oggetto dei suoi desideri, che tanto tormento gli aveva dato durante le notti insonni.
Antonio era incantato, ad ammirare il corpo della madre, come un invasato. Elena, a sua volta, era affascinata dal suo sguardo; quello di un uomo che la stava osservando con grande desiderio.
Così, in preda alla bramosia di congiungersi al quel cazzo duro e pulsante per lei, cavalcò suo figlio, come un’amazzone, impalandosi, con magnum gaudio.

“Mamma aaaaaaaaa dio oooooooo
“Tesoroooooo fottimi… forte eeeeeee

Il bacino di Elena prese ad oscillare velocemente.
Le mani di Antonio si erano attaccati ai grossi seni, seguendo quel movimento convulso dei fianchi.

“Si si si tesoro così! ooooooo mmmm godo ooooooo

Elena, per soddisfare un sogno ricorrente di Antonio, si abbassò con il busto e schiacciò le grosse tette contro la faccia.

“Tieni mio pulcino! succhia le mammelle della mamma aaaaaaa mmmmm così si iiiiiii

Per Antonio, l’ardore della madre era quanto di meglio potesse avere nella vita da una donna. Era uno sconvolgimento psicologico immenso, che lo faceva tremare come le corde di un’arpa.  Le sue erano accordate a quella di sua madre, mentre le faceva vibrare con la sua fica corpulenta.
Erano sensazioni così forti che non ce la face più a resistere oltre. Il tumulto erotico di Elena lo aveva completamente sconvolto. I suoi sensi fremevano ormai senza alcun controllo. Gli spasmi alla base dell’inguine gli annunciarono l’imminente esplosione di giubileo dei coglioni. Così fu.

“Mamma aaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaa
“si iiiiiiiiiiiiiiii piccolo oooooooo cucciolo oooooooooooo mmmmm

Un’abbondante sborrata fuoriuscì, come lo schizzo di un pozzo petrolifero, inondando l’utero di Elena.

La mattina seguente Antonio era sparito. Aveva fatto le valigie ed era partito per il nord. Sul cuscino aveva lasciato una lettera.

Mamma! Ci ho pensato tutta la notte. Tu dici che quello che abbiamo fatto non era sbagliato. Invece, è stato aberrante. Parto perché ho orrore di incontrarti. La nostra vita è cambiata per sempre e nulla è come prima. Mi sento un ladro, perché ho rubato qualcosa che apparteneva a papà! Se restassi qui finiremmo per portare avanti un rapporto squallido. Lo faccio anche per Vincenzo, perché sarei un vigliacco e non sopporterei più di guardarlo in faccia, come un ipocrita che deve fingere per nascondere la grave colpa, di cui si è macchiato! Addio!”

Un rumore forte destò i ricordi di Elena.

“Nonna! Dove è lo zio Antonio?

Era Carmela. Aveva saputo dell’arrivo dello zio ed era corsa a cercarlo.
Il sorriso solare di Carmela portò un po’ di gioia nel cuore di Elena.

“Lo trovi a casa di tuo padre! È appena uscito!

Carmela, abbracciò sua nonna e fuggì via.
Aveva lasciato le sue amichette per correre dallo zio.
Il suo cuore traboccava di felicità. Ci sarebbe rimasta male se non fosse venuto.

I pochi metri che la separavano da casa, li fece correndo. Non badò alla gente che la guardava come se fosse una pazza. Non era normale vedere una ragazzina correre come un maschiaccio di strada. Ma, a lei non fregava un granché del giudizio della gente.

Salì le scale volando. Appena in casa.

“Zio Antonio  che gioia! 

Volò nelle sue braccia stringendolo con forza.

Nei giorni seguenti, Antonio, durante il soggiorno obbligato, cercò di stare il più lontano possibile dalla madre. Passava molto tempo con il fratello Vincenzo e la nipote. La sera rientrava tardi, infilandosi silente in camera sua, tenendo la porta chiusa. La mattina si alzava presto e spariva, evitando qualsiasi contatto.
Elena soffriva molto del comportamento del figlio, perché si sentiva esclusa dalla sua vita.

Il giorno della cerimonia.

La madre si era agghindata di tutto punto. Nonostante i suoi cinquanta anni ostentava ancora un fisico asciutto, certamente aveva perso il vigore dei quaranta.

Durante la celebrazione della cresima sentiva lo sguardo di sua madre addosso. Elena non rinunciava al suo affetto e continuava a cercarlo.

Antonio in quei giorni aveva riflettuto molto su quello che era successo con la madre. Aveva ammorbidito le sue posizioni rigide e per dargli un segnale di apertura, durante la cresima, restituì lo sguardo con un leggero sorriso.

Finita la liturgia in chiesa, le auto degli invitati s’inerpicarono sulla collina, verso il ristorante.
Dopo l’aperitivo, tutti gli invitati si precipitarono a occupare il proprio posto per consumare il pranzo.

Carla, un’amica divorziata della cognata, in quei giorni lo aveva tampinato assiduamente, quindi si era seduta al suo fianco. Elena quando notò la presenza di quella donna vicino al figlio fece un gesto d’irritazione.

Carla era una splendida femmina di trenta anni. Molto in forma. Il suo vestito esaltava curve superbe e un seno generoso. Era una bionda ossigenata ma faceva il suo effetto. Indossava un vestitino beige, attillato, calze trasparenti beige e scarpette a spillo. Il petto era scollato e le collinette del seno si notavano in tutta la loro conturbante sensualità.

Durante il convivio esprimeva blandizie e gesti per provocarlo. Aveva accostato la cosca verso la sua attaccandosi come l’edera. Era così schiacciata che Antonio avvertiva le vibrazioni del suo corpo. La percepiva emozionata.

Quel comportamento palesemente provocatorio, alla fine, ebbe la meglio sui suoi sensi. Così, senza tanti riguardi, gli infilò una mano in mezzo alle cosce, facendola scivolare all’interno verso lo scoscio.

Appena ci fu quel contatto, il corpo di Carla sussultò. Lei ricambiò la cortesia con un’occhiata di soddisfazione.
La ragazza, agitata da quel tumulto, prese il suo tovagliolo e coprì la mano invadente. Voleva evitare che qualche occhiata indiscreta potesse notare quel gesto audace.
Poi allargò le cosce per permettere ad Antonio di arrivare nell’ampio spazio della sua corpulenta figa, già grondante di umori.

La stoffa delle mutande era di raso fine, che sembrava quasi di toccare la pelle della nicchia vaginale. Le dita affondarono facilmente nel solco della figa. Si percepiva calda e umida.

Ad un tratto qualcuno la chiamò, lei d’istinto serrò le gambe intrappolando la mano dell’uomo in mezzo alle cosce.
La tipa che l’aveva chiamata si stava avvicinando.
Antonio riuscì in tempo a tirare via la mano prima che si avvicinasse.

Nello stesso istante alzò gli occhi verso la madre. Il suo sguardo era risentito. Elena si era accorta di quello che stava accadendo e si notava chiaramente che era gelosa di Carla.

Carla:
“Ti va di fare una passeggiata in giardino?
“Cosa?

Lei lo aveva invitato a fare una passeggiata. Lui stava riflettendo sulla reazione della madre.

Tuttavia Carla lo aveva eccitato, quindi accettò subito l’invito.

“A! si! Un po d’aria mia farà bene!

Elena, con sguardo adirato, seguì la coppia fino all’uscita.

Nel giardino, c‘era un labirinto di cipressi, fatto di stretti corridoi che si intersecavano tra loro e di nicchie scure dove poter nascondersi, con tanto di panchina.

Carla, fatti pochi passi verso l’interno del labirinto, senza tanti preamboli, si buttò nelle braccia di Antonio cercando la sua bocca.

Il bacio scoccò con grande passione. Le bocche si fusero come il burro e le lingue attaccarono a danzare interpretando il desiderio che animava i due amanti.

Le mani di Antonio seguirono le linee dei fianchi scesero giu, verso le natiche di Carla. Si chiusero a coppa, stringendole con grande impeto. Quasi affondarono nella cute.

Le parole non servivano a nulla. Soli i gesti erano adatti a sostenere quel dialogo passionale, fatto di desiderio e brama reciproca.

L’inguine si era incastrato sul pube, strusciando con insistenza il voluminoso tubero inturgidito dall’eccitazione.

Lentamente le spalline del vestito scesero ai lati delle spalle, giù fino a scoprire un candido seno rigoglioso e pronto a offrirsi ai baci di Antonio.

Il reggiseno era a balcone, sostenevano le tette senza coprirle. I capezzoli neri, che s’intravedevano attraverso la stoffa, ora si esibivano alla luce del sole, in tutta la loro boriosa appetibilità. Attirarono subito il suo sguardo che, vorace, abboccò con la bocca succhiandoli con grande ingordigia.

Carla mugugnava con la gola, esprimendo il suo compiacimento per quel gesto di desiderio.

“Mmmmm si mi piace mmmm

La donna, ricambiò il gesto e incalzò a sua volta senza fermarsi, aprì la camicia di Antonio, s’insinuò con le mani e accarezzando il torace villoso, baciò i capezzoli del maschio.

Li succhiò, ghermendoli con la lingua, lentamente, suscitando dei leggeri brividi lungo la schiena di Antonio.
Carla, non ancora appagata, per dimostrare la sua completa disponibilità a concedere tutto, si piegò al suo cospetto, e fissandolo negli occhi, gli sbottonò la patta dei pantaloni. Dopo alcuni minuti le mani si erano impossessate della sua virilità.

La donna continuò a fissarlo negli occhi, con sguardo ammaliatore, mentre le sue mani stimolavano la pelle del cazzo, facendola andare su e giù in una sublime pugnetta.

Le labbra carnose e rosse come le ciliegie, si aprirono vogliose al grosso glande, che, prima di essere inghiottito, fu soppesato piacevolmente con la lingua. Poi fu il delirio.
La bocca di Carla sembrava un vortice che risucchiava tutto quella che riusciva a infilare. Il cazzo era stimolato fino alla base dei coglioni. Le gote furono in grado di accogliere tutto.
Antonio, incalzato da quell’impeto orale,  sentiva i brividi nelle zone lombari per come succhiava.

Le sue mani si erano posate sul capo biondo ed accompagnavano le oscillazioni indotte da quel sublime pompino.

“mmmmm cristo! Cazzo! Mmmmm sei una pompinara di tutto rispetto!

Antonio, dopo alcuni minuti di intenso e totale impegno orale, sentì le radici del suo cazzo che fremevano. I conati di sborra si erano annunciati presto ed erano impazienti di culminare quelle sensazioni estreme in una esplosione di sperma.

“mmmmm cristo! Non ce la faccio più! To to mmmmmmmmmmmm

Antonio chiavò la bocca di Carla e dopo alcuni colpi profondi, la tenne stretta al suo inguine scaricando un abbondante sborrate nella gola.

Appena in tempo.

La voce di una bimba che proveniva dall’altra parte della siepe di cipressi, li scosse dallo stato di estasi sessuale.

“Zio Antonio!

Si composero in fretta.

“Carmela sono qui!
“Presto viene! Dobbiamo tagliare la torta! Dobbiamo fare le foto!
“Arrivo tesoro!

Carla riuscì a strappare ad Antonio la promessa che sarebbe andata via con lui, a Torino.

Dopo i festeggiamenti.

Antonio riaccompagnò la madre a casa. Era tardi. In auto. Era la prima volta che si trovavano insieme da soli.

“Stasera esci con Carla!
“Si! Andiamo al cinema!
“Te la porti a Torino! Vero?
“Si! Ho deciso di tentare una convivenza! Carla mi sembra la donna adatta a me!
“Lo sai che tipo di ragazzi ti prendi?
“Non mi interessa il suo passato! E poi io dovrei essere l’ultimo a giudicare!
“Pensi ancora a quello che è successo tra noi!
“Ogni giorno!
“Come una colpa?
“Si!
“Non dovresti! Lo sai che lo abbiamo voluto! Se solo avessi capito le mie intenzioni ti saresti risparmiato dieci anni di tormenti!
“Forse!

Elena allungò una mano ed accarezzo il viso di suo figlio.

“Io ti voglio bene! Prima di essere tua madre, sono anche una donna!
“Lo so!
“Penso spesso a quello che è successo tra noi! Ma no come una colpa!
“Come?
“Come una meravigliosa esperienza! In questi anni mi sei mancato tanto!
“In che senso?
“Sia come figlio,  sia come uomo! Mi sei entrato nel sangue! Non sai le pene che ho patito a vivere distante da te! Poteva essere tutto meraviglioso e tu non hai capito nulla e hai rovinato tutto!
“Ancora insisti! Finiamola qui e comportiamoci come madre e figlio! Senza alcuna implicazione di carattere sessuale! Ti prego!
“Non è possibile dimenticare! Soprattutto quando vedo tutti i giorni il frutto del nostro amore!
“Il frutto del nostro amore? Di cosa stai parlando!
“Di Carmela!
“Che centra lei con noi?
“Centra! Al cento per cento! Non hai ancora capito nulla?
“Che cosa dovrei capire?
“Carmela è nostra figlia!

L’auto sbandò paurosamente. Antonio, ebbe un choc che gli fece perdere il controllo del mezzo. Riuscì a stento a tenerla in strada fino a fermarsi su una piazzola.

“Ma come è possibile!
“Tre mesi dopo che andasti via, mi sono accorta di essere incinta. Non era possibile abortire per la legge. Mi rivolsi a tuo fratello per trovare una soluzione. Non dissi nulla della paternità. Vincenzo accolse la notizia con grande entusiasmo. A sua volta mi confessò che sua moglie era sterile e non poteva avere figli. Non mi chiese mai chi fosse il padre, il giorno in cui nacque Carmela la prese in custodia crescendola come una figlia.
“Ma quando sarà grande scoprirà la verità!
“Credo che capirà il mio gesto! E poi è amata tantissimo da tuo fratello e sua moglie!
“Cazzo! Carmela è mia figlia! Mi sembra incredibile! Mamma! Mi sento confuso!
“E’ giusto che tu sapessi la verità!

Arrivati in casa. Antonio corse subito in bagno. A sciacquarsi il viso. Era sconvolto. Con il cellulare chiamò Carla. Quella sera era troppo scosso, non avrebbe retto il confronto con lei. Voleva riprendere fiato e mettere insieme le forti emozioni che stavano agitando la sua mente.

“Carla! Prepara le valigie partiamo domani mattina! Ho voglia di fuggire da qui!
“Ma che è successo!
“Nulla di grave! Domani ce ne andiamo a Torino!
“Vengo da te?
“No! Ti passo a prendere io! Ciao tesoro!
“Ciao amore!

Si strofinò il viso. Andò nella sua stanza, a riflettere su quella notizia scioccante.

Due tocchi alla porta.

“Antonio stai bene?
“Mamma sto bene!
“Possiamo parlare un attimo!
“Ok! Viene.

Elena si era sciolta i capelli. Indossava un babydoll quasi trasparente. Il suo corpo riempiva l’ingresso, e in contro luce, mostrava le linee di un seno ancora generoso.

Antonio fu colpito da quell’apparizione conturbante. Ma non disse nulla. Accese la luce della lampada e scoprì un altro particolare che lo impressionò molto.
Elena indossava calze velate nere, che coprivano le gambe lasciando metà coscia scoperta, erano autoreggenti.
Inoltre, il folto pelo nero della fica spuntava dal pube come un cespuglio rigoglioso.
I suoi ricordi tornarono indietro di dieci anni.
Il tempo era passato, ma Elena aveva ancora mantenuto una figura sensuale e seducente. Il suo corpo si era ingrossato, ma nel complesso era comunque piacevole a vedersi.
Nessuno dei due parlava. Nell’aria c’era un’atmosfera di fuoco che ricordava quel giorno in cui si erano amati senza limiti, in quella stessa stanza.

Elena si sedette sul bordo del letto. Fissava il figlio. Dal sguardo aveva capito di aver fatto colpo suoi suoi sensi. Negli occhi non c’era più astio.
Allungò la mano e la fece scorrere sul torace scoperto. Lui non disse nulla.
Tra le dita ed il cazzo di Antonio ormai c’era solo la tenue stoffa dei boxer.
La mano, ubbidiente alle intenzioni di Elena, si chiuse a coppa sullo spessore del cazzo. Elena sorrise perché lo trovò come lo aveva sempre immaginato. Duro e pulsante, come una verga di un toro.

Abbassò l’indumento e le sue mani di donna matura si chiusero attorno al voluminoso cazzo. La pelle, accarezzata dalle dita, si mosse su e giu, seguendo i comandi del polso.

Antonio aveva chiuso gli occhi. Il suo corpo fremeva. Tutto era simile ai suoi ricordi.  Lì aprì quando sentì il caldo della bocca materna che avvolgeva la lunghezza del pene.
La testa nera di sua madre oscillava sul grembo mentre inghiottiva interamente il cazzo.

Come allora sentì i brividi nella zona lombare che lo costrinsero a serrare le natiche e a irrigidire la schiena.

Come allora, d’istinto, la mano s’insinuò tra le cosce aperte di Elena, alla ricerca di quel contatto intimo. La fonte che lo aveva generato.

Elena, dopo alcuni minuti d’intenso stimolo, si alzò in piedi, e scavalcando il bacino di Antonio, si sedette sul cazzo, facendo collimare la grossa cappella contro le fenditure della fica, grondante di umori e di desiderio.

Come allora era impaziente di congiungersi a quel pistone creato dal suo grembo. Felice si abbassò e la vagina affamata di sensazioni forti, ingollò per l’ennesima volta il cazzo di Antonio, fino alla base dei coglioni.

“mmmmmmmmmm si mmmmm tesoro! Finalmente! Quanto mi sei mancato!

“Mamma mmmm anche tu!

Elena sorrise e prese a galoppare sul cazzo del figlio. La vita gli aveva restituito la gioia di vivere a modo suo: come una troia.

Carmela, dieci anni dopo, volle concretizzare l’affetto per suo zio. Lo sedusse con il suo talento da troia, ereditato dalla madre, e lui, preso nella morsa sensuale di sua nipote, non seppe resistergli.
Ma questa è la storia di Carmela.

Così va la vita.

Guzzon59 (Se vai giù trovi un'altra storia inedita: Trauma 2)