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sabato 20 luglio 2013

Trauma 2

“Il male se lo conosci lo eviti, oppure lo combatti, ma se è dentro di te è lui che ti domina"

Davide rivolto a sua moglie Morena:

“Ha telefonato una certa Angela, ha asserito che è una tua cugina!
“Angela? Sinceramente non so chi sia? Una cugina?
“Mi pare che abbia detto di essere una lontana cugina di tua madre! Voleva informarti che tuo nonno Lino è morto stamattina in ospedale!

Morena appena sentì quel nome rabbrividì dal terrore, un sentimento che aveva rimosso negli abissi della sua memoria.

 “Non sapevo della sua esistenza! Non mi hai mai parlato di lui?
“Per me non è mai esistito! Che sia dannato in eterno! Un bastardo in meno!
 “L’asprezza della tua voce dà l’idea di un uomo abominevole!  Perché hai tanta acredine?
“Era mio nonno materno, ma era un grandissimo bastardo! Un demone malvagio, sempre ubriaco, in quelle condizioni sfogava una perversione senza limiti, picchiando e torturando la nonna e la mamma! La nonna una volta finì in ospedale! Gli aveva dato un calcio nelle parti intime! Sfondandola! Era conciata così male che han dovuto asportarle l’utero! Non si è più ripresa e alcuni anni dopo morì!
“Cazzo! E’ terribile quello che hai detto! Ma che razza di uomo era? Ora capisco perché lo hai bandito dalla tua vita!
“Era un mostro che sfogava la sua depravazione anche su mia madre naturale, massacrandola di botte. Ma Lei, un giorno, nonostante la difficile situazione, trovò il coraggio di scappare da quell’inferno! Aveva solo quindici anni, ma un coraggio enorme perché riuscì a fuggire da quella cieca violenza. E’ stata accolta in una casa di accoglienza di giovani ragazze madri!
“Era incinta? E tuo padre chi era?
“Non lo so! Mia madre non mi ha mai detto nulla lui!
“Sarà stato un altro stronzo come tuo nonno!
“Già! La mamma era scappata da quell’incubo! Ma non voleva più avere a  che fare con gli uomini! Voleva evitare altri inferni! Ed io porto lo stesso nome della nonna!

Davide si commosse sentendo quelle parole, e aveva gli occhi bagnati. Colto da una forte compassione, l’abbracciò con vigore per fargli sentire il suo amore e la sua solidale presenza. Come aveva fatto lei tanti anni prima.

Si erano conosciuti in un centro di recupero per tossicodipendenti. Lei faceva volontariato. Lui era approdato in quel porto di disperati dopo una penosa odissea caratterizzata da abuso di sostanze stupefacenti e altri espedienti che lo avevano portato persino in carcere.
Lei era diventata una volontaria sull’esempio dei suoi genitori adottivi, che l’avevano tolta da una vita di degrado e soprusi, per cui aveva capito il valore e l’importanza della solidarietà verso chi era emarginato dal sistema. Pensò: Con Davide avevano molte cose in comune, per prima la sofferenza che la vita non gli aveva risparmiato.

L’amore era scoccato con passione e, lui, dopo aver recuperato la salute, l’ha chiesta in moglie. Lei accettò senza pensarci, perché in lui si rispecchiavano le sue stesse angosce e paure e insieme a lui, forse, avrebbe potuto superarli. Così fu! E si crearono una nuova vita. Lei lavorava come impiegata in una agenzia finanziaria e lui era riuscito a vincere un concorso come applicato nell’ufficio dell’anagrafe comunale. Dalla loro unione era nato Luca. Un ragazzo solare, generoso e intelligente, ma soprattutto amato dai genitori.

Erano passati ventisei anni da quel passato brutale che sembrava seppellito per sempre.
Ora quella notizia riapriva una vecchia ferita, che nonostante fosse stata rimossa, non si era mai chiusa completamente.

Morena non ha mai raccontato a nessuno, neanche a Davide, le sofferenze patite e la feroce violenza che ha dovuto subire, quando era appena una adolescente.

Tremante si strinse a lui, ma i suoi pensieri si destarono e ritornarono indietro nel tempo, e appena i ricordi cominciarono ad affiorare avvertì un dolore fitto al cuore:

“””” Morena ricorda: Era il maggio 1987, si trovava a scuola. Frequentava il primo anno di ragioneria. Il preside, dopo aver bussato, entrò nella sua classe.  La professoressa di lettere ordinò ai ragazzi di alzarsi in piedi. Il preside con un gesto autorevole invitò gli studenti a restare seduti. La situazione era drammatica e non era il caso di badare ai convenevoli. Con passo felpato, si avvicinò alla cattedra. Si schiarì la gola e guardando l’intera scolaresca, con voce rotta dalla commozione, pronunciò il cognome e il nome di Morena.

La ragazza scattò subito in piedi. Il preside dopo averla squadrata, con tono di voce commossa, di circostanza, la invitò a seguirlo in segreteria. Nell’aula si levò un brusio generale, immediatamente soffocato dalla solerte insegnante.

Il preside chiese cortesemente alla professoressa di seguirli. La notizia che doveva dare alla ragazza era troppo dolorosa e richiedeva la presenza di una figura femminile.

“Morena, sto per darti una brutta notizia! Tua madre, un’ora fa, è deceduta in un tragico incidente stradale! Mi dispiace! Molto!

La ragazzina si buttò nelle braccia della professoressa ed esplose in un pianto disperato. L’insegnante cercò di calmarla, ma era del tutto inutile. Del resto era comprensibile.

Vennero a cercarla alcuni addetti ai servizi sociali, in considerazione che la madre viveva da sola e sembrava che non avessero parenti.
La ragazzina, dopo i funerali, per alcuni giorni fu ospite di una sua compagna di scuola.

Un pomeriggio un assistente sociale gli disse che avevano rintracciato un suo parente. Lei si stupì perché la madre non gli aveva mai parlato di avere dei congiunti.
Si trattava del nonno materno.
Morena fu entusiasta nell’apprendere che esisteva un nonno. In cuor suo non si era mai chiesto come mai la madre non gli avesse mai parlato di lui, però la cosa in quel momento non le importava nulla. Fu felice nell’apprendere che al mondo esisteva una persona della sua famiglia.

Quella sera stessa fece le valigie, in fretta e seguì l’assistente con grande entusiasmo e desiderio di conoscere suo nonno. Si presentarono verso le otto di sera. Morena era agitata ed emozionata. Non stava più nella pelle. In cuor suo si chiedeva se il nonno l’avesse accettata. Si guardò spesso su ogni parete che rifletteva il suo aspetto per convincersi che fosse presentabile. Guardò ansiosa la porta e lesse il nome sul campanello. Lino, il nonno si chiamava Lino. Quel nome le piaceva, perché suonava bene se pronunciato con affatto. Quando l’assistente suonò il campanello, il suo corpo iniziò a tremare dall’emozione. Gli scatti della serratura gli bloccarono il respiro. Suspense e la porta si aprì.

Comparve un signore anziano, capelli brizzolati e pizzetto bianco. Il suo aspetto era rassicurante. Il suo primo sguardo fu solo per lei. Il vecchio scrutò la nipote dalla punta dei piedi fino alla testa. Nello stesso istante, sorrideva muovendo il capo; le apparve un atteggiamento incoraggiante. Poi con un grande ghigno:

“Lei è l’assistente che mi ha telefono alcuni giorni fa?
“Si! sono io! E lei e sua nipote Morena!
“Morena? Certo! – fissandola negli occhi e rivolgendosi a lei con espressione dolce – era il nome di tua nonna! Lo sapevi?

Morena non si aspettava di essere interpellata. Con voce commossa:

“No! Non lo sapevo!
Lino sorrise, come se avesse intuito qualcosa.

“Vieni qui! Abbracciami!

Morena lasciò cadere le borse e si gettò tra le braccia aperte di suo nonno. La prima reazione fu di pianto. Lui, gli asciugò le lacrime e con tenerezza gli diede un bacio sulla fronte.

“Tranquilla tesoro! Ora sei al sicuro nessuno di farà del male!

L’assistente:

“Signor Lino! Prima di lasciarvi dovrei dirle alcune cose!
“Va bene! -  rivolgendosi a sua nipote - Tesoro vai dentro, la seconda stanza del corridoio è la tua camera, era quella di tua madre! Vai! Raggiungila! è tanto che aspettava che qualcuno la occupasse!

Morena si riappropriò delle sue cose, e corse felice dentro casa, quasi correndo. Quando scomparve nella stanza.

“Signor Lino, per alcuni giorni dovremmo controllare che tutto si svolga nel migliore modo possibile! Lei capisce vero?
“Certo! Sono a vostra completa disposizione! Venite pure! Quando volete! Anche senza preavvisare!

L’assistente, ebbe una buona impressione, e tra se pensò che la ragazzina in quella casa avrebbe trovato l’amore, di cui aveva bisogno, per crescere serena.
I controlli erano necessari, perché alla fine di un periodo di osservazione dovevano stilare un rapporto, una valutazione globale e consegnarlo al Tribunale dei minori che avrebbe poi deciso l’affidamento definitivo della ragazza a suo Nonno.

Il nonno Lino si rivelò una persona straordinaria. Si occupava di sua nipote con amore e affetto. Non gli faceva mancare nulla. Morena si riprese subito dallo shock della perdita di sua madre. Grazie all’aiuto di suo nonno, riuscì a recuperare i brutti voti che aveva accumulato a causa di un abbassamento del rendimento. Gli scrutini furono una vera e propria passeggiata.

Festeggiò la promozione alla seconda classe alla grande, con un viaggio in Inghilterra insieme al suo amato Nonno.

Il Tribunale dei minori, alla fine di luglio, decretò l’affidamento definitivo. Gli assistenti sociali furono invitati tutti al ristorante per festeggiare il lieto evento. Da quel giorno non sarebbero più venuti a controllare.

“Qualcuno disse che l’animale più pericoloso sulla terra era l’uomo, perché era l’unico in grado di dare concretezza all’inferno.”


Agosto 1987, sarà ricordato da Morena come il mese che sancì l’inizio del suo peggiore incubo.

Morena era andata a festeggiare il compleanno di Lisa, la sua amica del cuore. I genitori della compagna telefonarono a suo nonno per chiedere se poteva restare a dormire a casa loro. Lui si oppose categoricamente e li minacciò di un male terribile e non meglio precisato se entro le otto, non avesse visto la ragazza rientrare.

La madre di Lisa si spaventò da quelle minacce, ed ebbe un brivido alla schiena, quando ascoltò quelle parole da squinternato. Era la prima volta che il Nonno di Morena si rivolgeva a lei con quel tono aggressivo. Sembrava un'altra persona.

Alle otto precise fu riportata a casa. Lei salutò la sua amica promettendole che quanto prima si sarebbero riviste. Baci a abbracci e poi si infilò in casa.

Andò dritta in salotto. Trovò suo nonno seduto in poltrona, in canottiera e pantaloncini corti che stava guardando la tv.

“Nonno! Non capisco perché non hai voluto che restassi! L’altra volta non hai detto nulla! Che cosa è cambiato?
“Stai zitta!

Morena si bloccò di scatto. Il tono della voce non era più quello consueto. Era fredda e cinica.

“Nonno io…
“Ti ho detto di chiudere quella fogna! Hai capito?

Morena restò di sasso. Non si era mai rivolto con quelle parole insulse. Il vecchio si alzò in piedi e andò verso di lei.

“Ora tu mi stai a sentire una volta per sempre!
“Nonno io …che cosa ti è preso! No…

Non gli lasciò finire la frase che la colpì violentemente con un manrovescio, in pieno volto facendola cadere a terra.

Il labbro inferiore si aprì e dalla ferita iniziò ad uscire sangue.

“Allora! Non te lo ripeto più! Non voglio! Dico non voglio! Che tu mi parli con quel tono! Sono io che comando in questa casa e tu farai esattamente tutto quello che ti ordinerò! E non intendo discutere!

Morena si toccò il labbro dolorante, sporcandosi le dita di sangue. Piangeva ed era impaurita. Non capiva che cosa gli fosse accaduto a suo nonno. Lo squadrò per bene. Non era possibile un cambiamento così repentino, perché non lo riconosceva più. Il suo volto era una maschera malvagia. I suoi occhi erano diventati freddi come il ghiaccio. Inoltre aveva notato che sul tavolino c’era una bottiglia di super alcolici quasi vuota. Il suo alito puzzava e gli occhi erano lucidi e arrossati.

“Ora vai in cucina! Mangia e poi vedi di pulire tutto! Non voglio trovare il solito disordine! Una cosa? Da adesso in poi sarai tu a pulire la casa e a cucinare! E non uscirai più di casa, soprattutto con quella cretina della tua amica!

“Nonno ti prego oooo iiiiiiii
“Brutta stronza! Rispondi? Cosa ti avevo detto?

L’afferrò dai capelli e strattonandola con violenza, la costrinse ad alzarsi dal tavolo! Poi la trascinò come uno straccio, fino alla porta della sua camera e la gettò dentro con la forza di un toro, facendola rovinare a terra. La spinta fu talmente brutale che la ragazza andò prima a sbattere contro l’armadio e poi si piegò sul pavimento in ginocchio. Piangeva. Era disorientata.

“Per stasera non mangi! Se ti azzardi ad uscire dalla stanza, ti massacro!

Chiuse la porta, sbattendola forte.

Morena rimase rannicchiata a terra spettinata, la testa gli doleva, perché suo nonno gli aveva quasi strappati i capelli. Il labbro si era gonfiato.
Il terrore gli stava già bloccando i pensieri.
Tra se pensò: “Perché? Perché? È diventato così violento?
Una domanda che si ripeteva all’infinito, senza trovare risposta.

Si sentiva persa e in balie degli eventi.
Poi il ricordo di sua madre tornò ad illuminare il campo visivo della sua mente, un’immagine confortevole, che leniva in parte le sofferenze. Gli venne in mente che la madre non gli aveva mai parlato di lui! Perché? Era quello il motivo? La pelle s’increspò come se fosse stata colpita da una folata di aria fredda e pianse disperata.

Quella sera andò a dormire senza cena. La mattina seguente nel dormiveglia vide l’ombra di suo nonno che stava in piedi davanti al letto.

“Alzati!

Si era addormentata vestita!

Appena indossato le scarpette ginniche. Il nonno l’afferrò da un braccio e la trascinò in cucina.

“Io vado a fare la spesa! Al mio ritorno voglio trovare tutto pulito!

Appena uscito, aspettò qualche minuto. Poi si precipitò al telefono. Rimase di stucco. Suo nonno aveva messo il lucchetto. La porta era chiusa. Era prigioniera. Si disperò perché non poteva parlare con la sua amica Lisa. Pianse. Ritornò in cucina. Si fece coraggio e iniziò a pulire. Era spaventata, perché, se non avesse eseguito gli ordini di suo nonno, sapeva a quali guai sarebbe andata incontro.

Il nonno ritornò con le borse della spesa e appena sistemato le derrate nella dispensa.

“Hai mangiato?
“Si qualcosa!

Stavolta non si accorse di nulla. Sentì un gran dolore sul viso. Lo schiaffo gli era arrivato inavvertitamente. Fu violento. Lo shock per il dolore la pietrificò. Si mise le mani al volto.

“No! Ti prego non picchiarmi!
“Tu! Bastarda di una troia! Mangi, quando te lo dico io! Hai capito?

Era terrorizzata e tremava tutta.

Si…. Si…. Iiiiiiiiii non picchiarmi … mi fai paura!

La prese dai capelli e tirandoli indietro gli fece alzare il capo. IL vecchio allineò il suo volto a quello di sua nipote e fissandola negli occhi:

“Tu! Devi metterti in testa che non conti un cazzo! Farai solo quello che ti dico io!
Hai capito?

In quel momento suonò il telefono. Rispose il vecchio.

“No! Non può venire! Assolutamente no! Non voglio che mia nipote frequenti persone che non sono di mio gradimento!

Chiuse il telefono con un secco rumore.

“Chi era?
“Allora non hai capito? Devi chiudere quella fogna! Parli solo, quando te lo chiedo io!
“Si… si si ho capito!

Era la madre di Lisa.

Lino guardò sua nipote.

“C’è un'altra cosa! In casa non ti voglio più vedere vestita! Dovrai restare nuda!
“Cosa?
“Brutta cagna! Allora non ci siamo capiti? Non devi rispondere!

Si avvicinò grugnendo come un cane idrofobo, labbra strette ed espressione malvagia, afferrò sua nipote e, in rapida sequenza, la colpì con violenti schiaffi.

“noooo aaaaaaaa noooooo aaaaaaaaa non picchiarmi iiiiiii
“Ora vai in camera e spogliati! La prossima volta se oserai rispondere ti farò strisciare come un verme!

Lino usava la sua posizione di dominio per sopraffare la personalità di sua nipote. Nella sua follia voleva annullarla come persona. La considerava un oggetto di sua proprietà, da utilizzare come un qualsiasi strumento. Anche per il suo piacere.

Morena ritornò in cucina, nuda. Cercava di coprirsi il seno e le parti intime. Gli stava togliendo la dignità.

“Non ti azzardare a coprirti. Le mani le voglio lontani dalle tette e dalla figa. Sui fianchi!

La ragazza assentì in silenzio. Aveva imparato a sue spese a non rispondere. Doveva assecondare la follia di suo nonno, in caso contrario sapeva quale sarebbe stata la conseguenza.

“Lì ci sono i prodotti per preparare il pranzo. Sai come si prepara un pasta al sugo?
“Si!
“Allora datti da fare!

Si sentiva imbarazzata. Avvertiva lo sguardo di suo nonno che la scrutava in ogni parte del corpo. Ricordò il primo apprezzamento:

“Ragazza mia! Devo riconoscere che sei un gran pezzo di fica! Me lo hai fatto diventare duro! Vuoi vederlo?
“Nonno! Ti prego! Iiiiiii (pianto)

Lino strabuzzo gli occhi, quando sentì sua nipote contrariarlo.

“Cosa ti ho detto? Vedo che non impari la lezione! Vuoi contrariarmi? Ora sarai punita! Ti insegno come ci si comporta! Adesso, non solo te lo farò vedere, ma anche assaggiare!

L’afferrò da un braccio e la trascinò in salotto.

“appoggiati con le mani sul tavolino!
“iiiiii (pianto) nonno ooooo

Morena piangeva.

“Ti ho detto di appoggiarti! Non te lo ripeto più!

Morena si appoggiò inarcando il culo. In quella posizione esibiva tutto il fascino del suo giovane corpo.

“Cristo! Sei una meraviglia! Non avrei mai immaginato un corpo così perfetto!  - leccandosi le labbra - allarga le gambe!

Morena ormai era succube di suo nonno. Era inutile farlo ragionare. Sembrava posseduto dal diavolo.
Il vecchio, prese una bottiglia di super alcolici dal mobiletto bar. Non gli servì alcun bicchiere perché iniziò a tracannare attaccandosi direttamente al collo della bottiglia. Il gargarozzo faceva molto rumore, mentre trangugiava il liquido.

Alla fina, si asciugò la bocca.

“Cristo! Che visione! Sei meglio di tua madre! Hai un corpo fantastico! La tua fica! Mmmmmmmm

Non finì la frase che un dito iniziò a raspare tra le fenditure della vagina.

Morena d’istinto chiuse le gambe.

“Troia! Tieni le gambe larghe! E non farmi incazzare!

Singhiozzava in silenzio, sopportando stoicamente quell’abuso incomprensibile. Aveva detto che lei era meglio di sua madre. Un po alla volta cominciò a mettere insieme i tasselli di un mosaico inquietante. Quello che ne usciva le faceva rabbrividire la pelle. Arrivò alla conclusione che anche sua madre, come lei, aveva subito gli stessi soprusi. Iniziava a comprendere perché non gli aveva mai parlato di lui.

“ho voglia di chiavarti! Non resisto a vederti così bona! Ho voglia di sbattertelo dentro! Di sfondarti la fica! ahahahahah

Morena, sentendo quelle parole, si spaventò e terrorizzata si alzò di scatto. Quando si trovò suo nonno di fronte, quello che vide gli fece accapponare la pelle.

Lui aveva già i pantaloni calati fino alle caviglie e il suo pene spuntava minaccioso da sotto la massa adiposa dello stomaco. Era lungo, grosso e nero come la pece.
Il gesto di Lino fu fulmineo, quando agguantò il collo di sua nipote stringendolo con forza, e sollevandola in aria mentre la stava strozzando.

“rimettiti di nuovo giù!

Morena, aveva difficoltà a respirare. La mano di suo nonno sembrava una morsa di ferro. Non riuscendo a parlare, fece segno con il capo. Lui la liberò lasciando sul collo una profonda ecchimosi rossa.

“iiiiiiiii (pianto di terrore)

La sua voce era terribile. Il suo viso era una maschera di spietatezza. Era un demone irriconoscibile. Morena rimase atterrita da quella scena. Tremava come una fragile foglia in autunno. Sopraffatta dalla violenza di suo nonno, spaventata, si rimise subito nella stessa posizione, stavolta aveva il timore che lui la uccidesse.

“Bene! Ora diamo inizio alla festa! Ho voglio di leccartela!

Lino si genuflesse dietro sua nipote, separò le natiche e attaccò a leccare tutto, raspando come una bestia, dal culo alla figa.

Morena si sentiva umiliata. La bocca di suo nonno era incollata nelle sue parti intime, e sentirla muovere nello coscio gli faceva venire i brividi alla schiena e lo riteneva un gesto aberrante.

Lino, mentre soddisfaceva la sua brama, si comportava come un pervertito crudele, non aveva alcuna remora e nessun freno inibitorio. Utilizzava il corpo di sua nipote come se fosse un mero trastullo di piacere.  In lui non c’era un briciolo di etica o di morale. Una tabula rasa completa dei sentimenti. Era solo istinti bestiale privo della ragione.

Morena si era convinta, che suo nonno avesse progettato quel proposito scellerato, dal primo momento che seppe della sua esistenza. Lo riteneva un camaleonte che ha finto entusiasmo, ma che in cuor suo la considerava la resa dei conti con la figlia. La madre, trattata come una cagna, scappando da lui l’aveva sfidato, lasciando un conto aperto ed era sua intenzione chiuderlo con lei, e con tutti gli interessi.

La presenza degli assistenti sociali lo obbligarono a fingere e, da buon attore, per alcuni mesi restò tranquillo, comportandosi come il miglior nonno che si potesse desiderare. Fu una recita perfetta che ingannò persino il giudice, che gli ha concesso mano libera, per mettere in atto le peggiori perversioni di cui fosse capace.

Morena continuò a pensare, ricordando il giorno che suo nonno la prese per la prima volta:

Erano trascorsi solo due giorni dalla data di affidamento definitivo. Ora poteva finalmente ritornare ad essere se stesso. Non doveva più fingere e finalmente poteva trattare quella troia di sua nipote come lui voleva.

Il suo primo pensiero fu quello di chiavarla. Erano anni che non assaporava il caldo tepore di una fica e quei mesi passati al fianco della ragazza a fingere di essere un buon nonno, lo avevano fatto soffrire molto. 

Ora le cose erano cambiate. Un decreto del giudice gli aveva affidato definitamente la sua cura. Quindi, tanto per cominciare pensò di inaugurare quella convivenza con una bella scopata, così avrebbe messo in chiaro chi comandava e come sarebbero state imposte le modalità con le quali lui si sarebbe preso cura di lei, soprattutto del suo corpo.

Lino gli aveva infilato il dito medio nella vagina, senza tanti preamboli, con brutalità.

“Aaaaaaaaaaaaaaa
“cazzo sei stretta! Mmmmm hai una bella fica aaaa mmmmm lo sai che proprio qui, in salotto, ho rotto il culo a tua madre? Hahahaha

Ormai tutto era chiaro. Morena aveva finalmente capito perché sua madre si era allontanata da lui. Il fato le fu ingrato, per cui, quel maledetto incidente riportò le lancette della violenza indietro di quindici anni.

Il suo pensiero fu destato da un dolore lancinante che partiva dal basso ventre e gli attanagliava lo stomaco. Era troppo intenso. Non era il dito.

“aaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaa

Il cazzo era penetrato nella vagina, in profondità, separando violentemente le piccole labbra.
La verga divenne rossa, impregnata del sangue verginale. La vista di quel liquido cremisi non aveva impedito al vecchio maiale di continuare a ficcare dentro senza tanti riguardi.

“aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
“”siiiiiiiiii che bello oooooo finalmente dopo tanto tempo ooo una calda e accogliente fica aaaaaaaa mmmmmm mm to to to to prendi mmm troia aaaaa
“aaaaaaaaaaaaaaaaaaaa

Le mani del vecchio stringevano i fianchi di Morena, tenendola placcata contro il tavolino, mentre il suo grembo si muoveva avanti e indietro, velocemente.
Il grosso cazzo spariva dentro la vagina fino alla base dei coglioni.
I testicoli, racchiusi in un lungo e pendente scroto, battevano tra le cosce della nipote.
L’ampio ventre urtava contro quelle candide natiche e prima che il cazzo completasse la corsa, si comprimeva spingendo in avanti il corpo della ragazza.

Dopo qualche minuto il cunicolo vaginale si era adattato alle dimensioni del pene ed il dolore cominciò lentamente ad assopirsi.

La violenza continuò per parecchi minuti. Il vecchio sembrava un caprone insensibile. Spingendo la verga dentro quella giovane fica, senza alcuna cautela, con tutte le sue forze, mostrando una energia che stava fiaccando quella della Nipote.

Morena sentiva il suo basso ventre in subbuglio. Aveva perso il senso del tempo. Disorientata, avvertiva le gambe cedere attimo dopo attimo. Alla fine le ginocchia si appoggiarono al tavolino e a causa delle spinte da tergo di suo nonno, si sdraiò con la pancia sopra la superficie del tavolino.
Suo nonno, restò incollato a lei, seguendola nella caduta e sopra di lei, continuò a chiavare con più enfasi.
Il suo grosso ventre era di fatto schiacciato contro la zona lombare della ragazza e in quel modo poteva muovere solo il bacino e in maniera devastante.
In teoria il movimento avveniva all’interno della vagina e Lino doveva solo limitarsi a tenersi pigiato contro il culo e calcare con vigore.
Il vecchio:

“mmmmmm mmmmm non ce la faccio più mmmmmmm

Di fatto erano finiti entrambi per terra. Morena sfinita, era scivolata giù fino a toccare con le ginocchia il pavimento. Restò inerte e appoggiata con il seno sul tavolino. Suo nonno, bloccandola contro il tavolo, da dietro, inginocchiato, continuava a chiavarle senza soluzione di continuità.

Mmmmmm sto per sborrare mmmmmmm

Afferrò i fianchi di Morena, e facendo leva sulle sue ginocchia, si agitò con dei micidiali fendenti, che penetravano nella vagina sconquassandola.

Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa

Il suono non era interpretabile. Non si capiva se era un lamento di dolore o di piacere. Il nonno lo interpretò come un gemito di godimento.

“maiala, puttana, troia aaaa stai godendo o oooooo to  to  to t o

Una serie di affondi profondi che terminarono con una copiosa sborrata, tutta dentro l’utero della nipote. Che giaceva inerte sul tavolino, con movimenti del corpo indotti da suo nonno, che la stava manipolando a suo piacimento, come una bambola inanimata e completamente sfiancata da quella vile aggressione.

Lino continuò a ficcare fino a, quando non sentì il cazzo ammosciarsi dentro la vagina della nipote.

Dopo aver goduto di quel corpo straziato dalla violenza, si sistemò i pantaloni e con voce autoritaria.

“Adesso vai in cucina e prepara il pranzo. Questo è stato solo un assaggio! Dopo pranzo ho intenzione di continuare! Ora alzati e corri in cucina! Svelta!


Morena era stanca e provata dalla violenza subita. Non si mosse. Allora Lino pensò di dargli un forte avvertimento. Gli assesto un calcio nella schiena che gli fece inarcare le spalle, poi la colpì con un pugno in un fianco.

“ALZATI! SUBITO!

Morena, in preda al terrore, tenendosi le mani nella zona dolorante. Con fatica si alzò e andò in cucina, quasi claudicante.

Quello era solo l’inizio del suo girone infernale.

Subì azioni terribili: Una volta che aveva osato lamentarsi gli fu proibito di camminare in posizione eretta, doveva gattonare sulle ginocchia, come i cani.
Non mangiava più al tavolo ma in una lurida scodella e nutrendosi senza toccare il cibo.
Il vecchio, per sottometterla completamente gli aveva messo un collare e la costringeva a comportarsi come un cane, persino a stendersi ai suoi piedi, quando guardava la televisione.

IL vecchio, dopo averla sodomizzata si dilettava a penetrarla con una bottiglia. A volte la costringeva a camminare a gattoni, con quello oggetto ingombrante conficcato nello sfintere.

La prima volta che gli aveva infilato la bottiglia nel culo era svenuta per il dolore. Lui pensò bene di risvegliarla con una secchiata di acqua fredda.

IL nonno, per appagare la sua diabolica mente affamati di sensazioni sempre più estreme, pensò di condividere quel gioco perverso con alcuni amici della sua stessa risma, così una sera aveva organizzato una partita di briscola.
Lino, dopo che i maiali avevano giocato e bevuto abusando dell’alcol, chiamò sua nipote.
I Vecchi amici, come lui, si erano ubriacati, arrivando al punto da sfogare il loro istinto animale, tutti e tre, contemporaneamente, accanendosi sul quel giovane corpo nei modi più turpi e perversi.

Morena era nuda e gattonando entrò nel salotto. Aveva il collare e teneva la cinghia in bocca:

“Che ve ne pare ragazzi?
“Chi è?
“Il mio cagnolino!
“ahahah dai non scherzare!

Morena si era presentò non appena lui l’aveva chiamata con un fischio. Ormai non parlavano più.

“Questa è la mia cagna!

I vecchi la guardarono con cupidigia, leccandosi le labbra:

“E una gran fica! Anche giovane! Ma dove cazzo l’hai presa!
“l’ho trovata nell’uovo di pasqua hahahahah
“dimmi dove li vendono che corro subito a comprarli!
“ti piacerebbe farci un giro?

Il tipo alzò il capo e fissando stupito Lino:

“Posso?
“Certo che puoi! Questa cagna esegue i miei ordini! Ora tiratelo fuori!

L’amico si aprì subito la patta dei pantaloni e tirò fuori un cazzo già duro, ma orrendamente puzzolente a causa del sebo giallognolo che sedimentava la linea della cappella.

“ahahaha cristo! Eri già in tiro!
“con una fica del genere non ci vuole il viagra per farmelo alzare! Guarda che culo e che tette! “Posso toccare la cagna!
“Accomodati! Hahahah

Le mani rugose del vecchio si posarono sulle tette di Morena e le strinsero forti. La ragazza ebbe un leggero moto di reazione e strinse i denti per non gridare.

“Cazzo sono sode come due pesche acerbe! È un piacere toccarle!

L’altro amico, si alzò e andò a sedersi dietro le spalle di Morena.

“Cribbio che culo! E che figa! Una patatina da mordere!
“che cosa aspetti l’invito in carta bollata? Mordi la patatina ahahahah

Non se lo fece ripetere una seconda volta. Si genuflesse e iniziò a toccare le parti intime di Morena. Le dita penetrarono nella vagina in profondità.

“mmmm calda come una fornace! Ci infilerei qualcosa altro!
“Te la vuoi scopare?
“Magari!
“fottila! vediamo quanto cazzo resisti prima di riempirgli la fica di sborra!

Intanto Morena su invito di suo nonno attaccò a succhiare il cazzo dell’altro amico. Appena si era avvicinato fu assalita da un forte odore di urina marcia e altri effluvi puzzolenti gli avevano aggredito le narici. Nauseata, ebbe un conato di vomito e avrebbe voluto allontanarsi. Ma suo nonno la strattonava con forza dal collare, costringendola ad avvicinarsi con la bocca a quel cazzo schifoso.
Si arrese perché sapeva esattamente come sarebbe finito se non avesse ubbidito, lui l’avrebbe presa a cinghiate nella schiena. Rassegnata al suo crudele destino, chiuse gli occhi e prese a succhiare. Il sebo giallognolo gli impiastricciò i bordi della bocca e dopo alcuni sforzi di vomito repressi, lentamente li fece sparire nella cavità orale.

“Cazzo è brava mmmmmmm

“Visto? Sta troia è’ brava pure a succhiare i coglioni! Hahahahah

Morena, ubbidendo a suo nonno, estese l’azione della lingua anche ai coglioni pendenti del vecchio soppesandoli e succhiandoli alternativamente al cazzo.

“Hai visto? Che lavoretto di bocca?
“MMM cazzo! Ho voglia di chiavarla in bocca!

Il vecchio, per soddisfare quel desiderio, bloccò la testa e cominciò a spingere profondamente dentro le gote. Morena strabuzzò gli occhi perché il grosso cazzo si addentrava nella gola impedendogli di respirare. Per alcuni secondi ha cercato di resistere arrancando, poi non ce la fece a resistere, e si è tirato indietro. Vomitando il suo disgusto, ai piedi dell’uomo.

“Cazzo! Che schifo!
“Bastarda cagna! Ora ti insegno le buone maniere!

Lino prese la cinghia del guinzaglio e cominciò a sferzare dei colpi terribili. Il cuoio si abbatteva sulla pelle della schiena e delle natiche, lasciando delle striature profonde e rosse.

Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaa

“Basta Lino! Non lo ha fatto apposta!
“Che cazzo vuoi tu! Questa è una troia! E deve imparare a stare al suo posto! Cagna! Io ti ammazzo se vomiti ancora!

“Adesso leccati il vomito! Altrimenti ti massacro!

Sembrava un folle. Gli occhi erano indemoniati ed esprimevano una malvagità profonda, era lo specchio della sua anima dannata.

L’amico era disgustato da quelle che vedeva.
La ragazza leccò il suo vomito fino all’ultima goccia.

“Adesso riprendi a succhiare!

Morena, con le lacrime agli occhi, riprese a succhiare e l’uomo, per evitare che fosse nuovamente punita, fece attenzione a non soffocarla di nuovo.
Un gesto di comprensione che non cambiava di una virgola la situazione persecutoria in cui si trovava la ragazza.

L’altro amico, da dietro, dopo aver soddisfatto la voglia di leccare quella giovane fica, si era divertito a penetrarla con tutte le dita della mano.

“Cazzo! Questa non è una figa normale! Qui dentro ci sta comodamente un tir! Guardate ho la mano interamente infilata dentro ahahah
“Porca miseria hahah sembra che te l’abbia mangiata hahah fino al polso sti cazzi! Dai chiavala di brutto!

L’amico di Lino, attaccò a muovere il braccio penetrando la vagina, con la sua mano grinzosa, profondamente fino oltre il polso.

“Sentite! e’ una delizia percepire il caldo delle pareti! Io ho voglia di scoparmela!
“a chi aspetti scopala ahahahah

Si aprì i pantaloni liberando un cazzo grosso, molto più voluminoso di quello di Lino.

“Accipicchia che bestia! Aspetta! Prima glielo devi infilare nel culo! Vedrai che sorpresa!

L’amico, sorridente, lo prese in parola. Sputò un rivolo di saliva schiumosa sulla cappella del cazzo, lubrificandola per bene, pregustando già una certe resistenza. Poi aprì le natiche della ragazza alla ricerca del pertugio anale. Rimase scioccato davanti allo scempio che si trovò davanti, era impressionante. Scoprì una voragine oscenamente lacerata. Un buco scuro con un diametro orrendamente ampio. Non c’era bisogno di alcun ungente. Appena schiacciò la grossa cappella, penetrò in profondità senza tanti problemi. Era molto largo.

“Ma che cazzo ci hai infilato dentro per allargarlo in questo modo! Sembra la bocca di un vulcano dopo un’eruzione hahahahah neanche le peggiori puttane che ho conosciuto! hanno una caverna così sfondato! Ma c’è anche della cacca secca? non si pulisce il culo?
“ahahah hai visto che roba! Le cagne quando cacano lo sai che non si puliscono il culo! Quel pertugio ‘l’ho allargato usando una bottiglia di birra hahah dopo averla bevuta hahahahahahah

Morena, restava in silenzio, rassegnata a subire quelle umiliazioni che la mortificavano nella carne e nello spirito, mentre il suo corpo era vilipeso, offeso, abusato come una vile merce.

Si trovò in una situazione di estrema coercizione, da dietro, c’era il vecchio che aveva attaccato a sodomizzarla, e davanti l’altro, a cui doveva soddisfare i suoi piaceri con la bocca.

Lino osservava la scena con grande emozione, eccitandosi a vedere la nipote presa in quel modo. Così, coinvolto emotivamente, si stravaccò sulla poltrona, a guardare l’evoluzione di quel triangolo di dannati, sparandosi una sega.

“dai prendetela! tutti e due! insieme! Ora !

Uno dei due amici si sedette sul divano. Morena gli andò sopra impalandosi sul cazzo a modi di smorza candela, l’altro, intanto, da dietro e nello stesso tempo gli infilò il cazzo nel culo.

I due vecchi maiali, senza alcun riguardo, iniziarono a spingere in sinergia. La ragazza era stretta tra di due panzoni, come una sottiletta. Uno spingeva da sotto e l’altro da sopra.

Non diceva nulla. Stava muta. Anche se in quel momento, avesse sentito qualcosa, non voleva dare l’impressione di partecipare. Preferiva tenere un contegno stoico, per non dare soddisfazione a quel bastardo di suo nonno, che odiava con tutte le sue forze. Primo o poi gli sarebbe capitata l’occasione per fuggire da quell’inferno, oramai non pensava ad altro.

Lino si stufò di assistere inerte a quel rapporto a tre; Gli venne il desiderio di partecipare anche lui.
Quindi, si avvicinò con il cazzo alla bocca della nipote e gli intimò di succhiarlo.

La ragazza, così, venne a trovarsi completamente in balia della perversione di quei tre demoni che incalzavano con veemenza nel suo giovane corpo.

Aveva perso il senso del tempo e della realtà. Era diventato un oggetto senza anima nelle mani di tre pervertiti.

“Ragazzi io sto per sborrare e voi?
“Anche io!
“Anche io!
“Bene! Ora sta cagna la riempiamo di sborra!

La costrinsero ad inginocchiarsi davanti ai loro piedi. I tre continuarono a menare il cazzo fino all’estremo sacrificio. Poi iniziarono a sborrare sulla faccia della ragazza. Il viso in pochi secondi si riempì del fluido denso che colava da ogni parte, con lunghi rivoli di liquido bianco e spesso.

“Leccalo! Tutto! E’ crema prelibata ahahahahahah
“ahahahah (in coro)

A turno gli infilavano in bocca il cazzo pregno di sborra.

“Cazzo devo correre in bagno a pisciare! La prostata non mi da scampo!
“Fermati pisciagli in bocca!
“Stai scherzando?
“Per niente! Ogni tanto me la porto in bagno e gli facci delle grandissime orinate in faccia e in bocca hahaha è la mia cagna hahahah
“ti faccio un lago per terra!
“glielo facciamo leccare fino all’ultima goccia hahahah

L’amico dopo il moto di disgusto, puntò la cappella del cazzo contro la faccia di Morena e attaccò a pisciare.

“Stronza apri la bocca e bevi! hahahah

La ragazza aprì la bocca e il piscio giallo gli riempì le gote tracimando e colando lungo il collo e sul seno.

“Cazzo è impressionante!
“Vuoi pisciargli in faccia anche tu?
“Perché no?
“Fermati ho una idea migliore!
“Quale?
“Pisciagli nel culo! Cosi gli togli le creste di merda rappresa! Ahahahah
“Cazzo! Sei diabolico!

Lino fece appoggiare sua nipote con il busto sul divano a pecorina. Il suo amico si genuflesse dietro di lei e, senza alcuna difficoltà, la penetrò nel culo. Dopo qualche secondo cominciò a vedersi le colate di piscio che fuoriuscivano dai bordi dell’ano.

“E’ fantastico che cazzo di sensazione di caldo!
“Adesso tocca a me! (disse il nonno) ma io gli piscio nella figa e così completiamo l’opera! Ahahahah

Fece stendere la ragazza con la schiena sul divano e le gambe spalancate e alzata in aria. Il vecchio si incuneo tra le cosce aperte e dopo averla penetrata iniziò a sforzarsi per pisciare nella vagina.

“ooooooooooooooooooo cazzo adesso gliela inondo hahaha

Le torture immonde continuarono fino alla fine di settembre, sempre più umilianti.
IL vecchio, per soddisfare la sua follia la costrinse a dormire come un cane sul tappeto davanti al letto.
In più occasioni l’obbligava a andare a prendere le ciabatte e riportarle tenendole in bocca.
Le cinghiate erano diventate quotidiane e senza alcun motivo, solo perché ne aveva voglia.

La pelle della schiena si coprì di piaghe e croste di sangue rappreso. Il viso era gonfio come una zampogna a causa dei calci inferti senza tanti riguardi.

Gli amici scellerati del vecchio, ritornarono più volte.

Il primo ottobre del 1987, Morena doveva presentarsi a scuola.

Non sapeva che l’amica era deceduta a causa di un incidente capitato in montagna. I suoi genitori affranti dal dolore, non avevano pensato ad informarla. Teresa, la madre di Lisa, alla vigilia dell’apertura della scuola, pensò di informare Morena della tragedia. Era l’amica del cuore e non era giusto che fosse ignara di quel dramma.

“Pronto?
“Si!
“Sono la mamma di Lisa! Potrei parlare con Morena?
“No! Gli ho detto già una volta! Lei, e quella puttana di sua figlia, la dovete smettere di rompere i coglioni!

La signora rimase sconcertata. C’era qualcosa che non quadrava in quell’atteggiamento deliberatamente volgare e irrispettoso. Allora cercò di capire.

“Senta volevo solo avvisare la ragazza che domani mattina a scuola….!
“Non dovete rompere i coglioni! Mia nipote non andrà a nessuna scuola!
“Ma lei è pazzo! Mi faccia parlare con Morena!
“Vai a fanculo tu e quella troia di tua figlia!

Teresa rimase sconvolta dal comportamento volgare del vecchio, che aveva dato segni di squilibrio, e si preoccupava della ragazzina, e ai rischi che correva a viveva da sola con lui. Ne parlò a suo marito.
Il primo giorno di scuola si presentò dal preside, il quale riferì che la ragazza non si era fatta viva. Le assenze continuarono.
Lei e il marito, iniziarono a pedinare il vecchio, ad osservare di nascosto i suoi movimenti.
Avevano notato che Morena non usciva di casa e, alcune sere si vedeva un via e vai di persone, che entravano e uscivano a notte fonda.
Che cosa succedeva? A Teresa venne la pelle d’oca e le sue angosce aumentarono.
Era il caso di rivolgersi alla Polizia.

Gli investigatori, aspettarono un paio di giorni prima di controllare e una sera, quando videro arrivare gli amici del vecchio, attesero un’ora e poi fecero irruzione.

Quello che trovarono fu sconcertante. Uno degli agenti si sentì male e vomitò le budella.
I maiali opposero resistenza e i poliziotti furono felici di massacrarli di botte. Il nonno Lino, dopo uno scontro violento, riportò il setto nasale completamente sfondato, la mandibola in poltiglia, la colonna vertebrale lesionata e un ginocchio maciullato. Passò il resto della sua vita bloccato su una sedia a rotelle nutrendosi attraverso una cannuccia.

Morena fu affidata alle cure di Teresa, che l’accolse come una figlia. Dopo qualche anno chiese di essere adottata. Voleva disfarsi per sempre del cognome di suo nonno, e rimuovere da se qualsiasi cosa che glielo ricordasse. Insieme al cognome dei suoi genitori adottivi, accanto al nome, aggiunse quello di Lisa.

La voce di Davide destò Morena dai suoi pensieri.

“Angela, ha riferito che, tra gli oggetti lasciati da tuo nonno, c’era una busta indirizzata a te. Ti arriverà per posta!

Il giorno dopo arrivò il plico.
Morena, dopo aver firmato la ricevuta del postino, posò la busta sul tavolo e la osservò con orrore.

Era sola in casa, e non sapeva cosa fare. Avrebbe voluto strapparla, ridurla in briciole e gettarla nel cesso. Ma che cosa aveva ancora da dirgli suo nonno? Perché quell’essere schifoso ha avuto la sfrontatezza di scrivere e torturarla nuovamente dopo tanto tempo?

Non doveva farsi intimorire da una busta. Il processo fu lungo e penoso. Aveva rimosso tutto, anche quello che gli investigatori avevano messo a verbale. Ma cosa diavolo aveva da dirgli ancora?

Prese la busta, andò in salotto e, soppesando l’involucro di carta si sedette su una poltrona.

Alla fine aprì la busta.

Iniziò a leggere:

“Mia cara nipote!
Lo so che cosa pensi: che la parola “cara”, dopo tutte le torture che credi che io ti abbia inflitto, potrebbe suonare un’ipocrita e beffarda espressione. Invece, in questo caso ha il suo vero significato di “cara”, sentimento affettuoso che lega due persone come noi.

Tua madre non ti ha mai parlato di me!  Come poteva? Perché, avrebbe dovuto mentire per coprire le sue colpe. Si colpe!  Ti suona male? Vero?

Durante il processo mi hai accusato! Come il peggiore criminale! Mi sono stupito del tuo comportamento! In pochi mesi avevi rimosso completamente tutto e ricostruito una verità falsa o quella che i tuoi genitori adottivi ti avevano inculcato, lavandoti il cervello.
Ti starai stupendo di leggere queste frasi. Ma io non ti voglio chiedere perdono, e come potrei chiedere scusa? Per cose che ho fatto e condivise con te! Starai pensando che forse sono pazzo.
No, mia cara nipote, non sono pazzo. Ti ricordi com’è cominciata la nostra storia? Certamente no, visto che hai rimosso tutto!

Ti ho lasciato vivere nelle tue convinzioni dei fatti, forse per te è stato un bene, ma non per me che conoscevo la verità.
Ormai mi restano solo pochi mesi di vita e non ritengo giusto andarmene con la nomea di mostro. Ho vissuto come un parassita, incollato su una sedia a rotelle per colpa tua!
Mi hai trasformato in un mostro! E non lo ero! Ero un uomo che forse ha amato eccessivamente i suoi cari, fino al punto di venire a compromessi con loro, perché condividevamo le stesse perversioni; così ho accettato tutto, anche se implicava un comportamento immondo, ma era pur sempre un atto d’amore.

Ora sei una donna adulta e, credo, che sia arrivato il momento per te di assumere le responsabilità che ti riguardano e sapere chi sei veramente.

Ti hanno detto che io ho ucciso tua nonna! E’ Falso! Ci sono state le indagini, le dichiarazioni di tua nonna e quelle di tua madre che escludevano in modo assoluto qualsiasi responsabilità da parte mia.
Eppure, loro che erano state ritenute delle vittime, se io fossi stato un orrendo orco, avrebbero avuto la possibilità di eliminarmi definitivamente dalla loro vita. Non lo hanno fatto! E sai perché?

Perché entrambe condividevano con me una pratica sessuale estrema e trasgressiva!  Si, cara nipotina, eravamo una famiglia molta unita, soprattutto nelle pratiche del bendaggio e della tortura.
        
Tua nonna, non solo amava la tortura, ma era una sadica che cercava sempre espedienti inauditi e dolorosi per provare sensazioni diverse e piaceri forti.
Ti hanno detto che io l’avrei colpita con un calcio nelle parti intime fino a sfondarla.
La verità, scusa se sarò crudele, era che tua nonna ha cercato di farsi penetrare con un fallo enorme, che aveva all’interno un’anima meccanica, che, quando era in funzione girava come una centrifuga, ti lascio immaginare le conseguenze. Fu un’esperienza dolorosa, e sai chi è stato ad attivare il micidiale congegno? Fu tua madre. Si proprio lei.

Solo il medico che l’aveva soccorsa conosceva quella verità, e lui, per pudore, e sconcerto, scrisse che era stata aggredita da sconosciuti.

Durante il processo non fu possibile ascoltare il dottore perché era deceduto.
L’orrendo episodio fu riesumato dagli avvocati dei tuoi genitori adottivi, opportunamente strumentale, perché fu attribuito alla mia responsabilità, accrescendo così l’immagine di orco. Era inutile difendersi in quella situazione inquisitoria a senso unico, e come avrei potuto, gli attori che avrebbero proclamato la mia innocenza erano morti. Restava l’evidenza dei fatti, di quello che avevo fatto a te, il resto venne da solo e fui condannato ad espiare una pena per un delitto che, fondamentalmente, non avevo commesso.

Tua madre aveva causato la morte di tua nonna! Proprio lei! Perché, anche lei aveva le stesse attitudini sessuali di sua madre e, forse, anche in un grado superiore.
Lo sai come si aggregò a noi? Ci aveva spiato per anni, poi una sera, ci sorprese a giocare in camera da letto e ci ricattò. Ci diffidò, disse che se non l’avessimo fatta partecipare ai nostri giochi erotici, sarebbe andata alla Polizia a raccontare che l’avevo stuprata!
Col tempo scoprì che amava la tortura, il bendaggio, la sodomia, la schiavitù. Gli piaceva fare la cagna. Gli piaceva tutto quello che avevo fatto a te.
Credo che tu sia figlia di uno dei tanti sconosciuti con cui avevamo preso contatti con annunci sui giornali, che come noi amavano le pratiche estreme.

L’incidente di tua nonna aveva minato l’equilibrio della famiglia. Ci fu una rottura totale tra me e tua madre. Per alcuni mesi avevamo interrotto qualsiasi pratica. Tua madre, dopo la morte di tua nonna, non fu più la stessa, il senso di colpa gli pesava sull’’anima come un pesante macigno.
Io ero distrutto dal dolore e incolpavo lei per quello che era successo.
Un giorno, mi disse che non sopportava più le mie accuse, e che avrei dovuto riflettere su quello che era successo. Andò via dicendomi che sarebbe tornata solo il giorno in cui io l’avrei perdonata. Era incinta di te, e mi preoccupai per la tua salute.
Ma lei volle escludermi dalla sua vita, diffidandomi di tenermi lontano e se avessi provato a cercarla, minacciò di rivolgersi alla Polizia, per denunciare le violenze subite.

Rispettai la sua volontà.

Il giorno che arrivasti tu, fu per me una felicità infinita. Eri una goccia di gioia sul mio cuore. Bella, dolce e sensibile. Mi apparivi come la figlia che avrei voluto avere. Mi sembrava incredibile che fossi diversa da tua madre. Da subito ti trattai come una principessa.
Ma il male che albergava dentro il tuo corpo, aspettava solo l’occasione per manifestarsi in tutta la sua estrema crudezza.

Ti osservavo giorno dopo giorno e mi accorgevo che non eri diversa da tua madre. Ti ricordi il giorno che ti tagliasti la mano?  ....
- Morena si guardò il palmo della mano e osservò la cicatrice
....Ti trovai nel bagno, eri nuda, e avevi cosparso il tuo corpo di sangue, quello che usciva copioso dalla ferita. Leccavi la tua mano e sorridevi. Mi preoccupai molto per il tuo stato psicologico. Dopo averti lavata, ti portai in ospedale. Se controlli quei registri, troverai la data e il referto del pronto soccorso.
Col passare dei giorni, prendesti l’abitudine di girare nuda per casa. La mia presenza non ti turbava, e quando ti chiedevo di rivestirti mi rispondevi che per te era un’abitudine naturale, appresa quando vivevi con tua madre, e non ti preoccupava per nulla del fatto che quel comportamento m’imbarazzasse.
Poi, non so come, ma avevi trovato un diario, era stato scritto da tua madre. Non pensavo che esistesse, forse lo avevi trovato tra i suoi effetti.
Il tuo atteggiamento cominciò a cambiare radicalmente. Non solo giravi nuda, ma ti comportavi in modo lascivo.
Poi, successe quello che temevo. Ti trovai in camera, mentre ti stavi sverginando con un grosso cetriolo.
Quel giorno ero corso in camera tua dopo aver sentito un urlo. E cosa scoprì? Te! Mentre muovevi quello oggetto completamente infilato nella vagina, sporco di sangue.
Implorandomi di sostituirlo con il mio cazzo.
Rimasi deluso per quello che stavi facendo.
Andai in salotto e per lenire il senso di avvilimento bevvi dell’alcool, forse avevo esagerato. Quando mi svegliai tu era sopra di me, nuda, e il mio cazzo ancora dentro la tua vagina. L’odore di sborra mi fece capire che cosa era successo! Avevi approfittato del mio stato di ebbrezza. Poi ti sei divertita a raccontarmi i particolari di tutto quello che avevamo fatto. Mi disperai perché in un attimo mi ritrovai a rivivere la vita di tua madre.

Mi raccontasti quello che avevi letto nel diario e mi dicesti che da quel giorno dovevo trattarti come una cagna. Avevi comprato un collare e lo portavi al collo.
Ogni giorno diventavi sempre più esigente e trasgressiva. Mi ritrovai preso in un vortice di violenza inaudita. Mi inducesti a picchiarti perché il dolore ti provocava piacere.
Non solo hai preteso che ti sodomizzassi in salotto, com’era successo con tua madre, ma hai implorato che t’infilassi una bottiglia nel culo.

Volevi sentirti una cagna e ti comportavi come tale. Non camminavi più in piedi ma gattonando. Mangiavi nutrendoti da una ciottola che avevi comprato insieme al collare. Stavi seguendo alla lettera le stesse esperienze che tua madre aveva descritto su quel dannato diario.

Mi dicesti che la tua amica Lisa era una perfetta cretina, che ti infastidiva la sua frequenza. Così, mi costringevi a tenerla lontana da te, con qualsiasi mezzo.

Mi sentivo imbarazzato quando trattavo sua madre in quel modo sconcio. Ma era la tua volontà a volerlo, ed io ti amavo e per non perderti, facevo di tutto per soddisfare i tuoi abietti desideri.

Un giorno, vennero a trovarmi degli amici. Loro non sapevano nulla della tua esistenza. Ti chiesi di restare in camera tua. Invece tu, spavalda, ti sei presentata davanti a loro. Mi hai detto di aver sentito fischiare.

Quando ti hanno vista entrare nuda, a gattoni, con il collare e la cintura stretta nei denti, non sapevo che casa dire e così ho inventato una scusa orrenda. Sono stato al tuo gioco.
Tu, compiaciuta dai complimenti e dagli apprezzamenti, ti sei avvicinata a me e hai sussurrato che desideravi farti scopare da loro.
Il tuo desiderio fu esaudito, non solo quella sera, ma anche altre volte, e tutte le volte che me l’hai chiesto.

Non ti avrei toccato con un dito. Ma tu mi pregavi di picchiarti con la cintura, minacciando che se non lo avessi fatto, saresti uscita di casa per farti scopare da qualsiasi uomo che incontravi.  

Che cosa potevo fare? Scelsi di controllare la tua perversione! di assecondare la tua volontà, coma avevo fatto in passato con tua nonna e tua madre, di lavare in panni sporchi in famiglia, anche se, qualche volta, mi obbligavi a coinvolgere persone estranee.

Alla fine di quei mesi terribili, non potevi iniziare la scuola a causa del volto tumefatto! E così un giorno arrivarono i Poliziotti.  Fui felice, perché per me finiva un incubo. Ma loro equivocarono e mi pestarono a sangue.
Dopo il processo, seguisti la tua strada e sei riuscita ad uscire indenne dalla storia, costruendoti una verità tutta tua. Mentre io finivo bruciato nel girone infernale dei mostri.

Ora sai la verità.

Questa lettera è un avvertimento perché il giorno che in te si sveglieranno i tuoi istinti perversi e reconditi,  saprai perché. E forse mi amerai.

Tuo nonno Lino.

Morena stentava a credere a quello che aveva letto. Gli girava la testa. Cadde a terra svenuta. Si riprese dopo un quarto d’ora.

In un momento di rabbia strappò la lettera e la ridusse in briciole. Poi la gettò nel cesso. Corse in bagno, appoggiandosi con le mani sul lavandino, alzò il capo e si specchiò per molto tempo. Osservò la cicatrice che aveva sul palmo della mano, d’istinto l’avvicinò alla bocca e la leccò avida.

I suoi occhi erano lucidi. Il suo corpo fremeva tutto.
Pensò: “Un torturatore, ho voglia di un carceriere, che mi renda sua schiava! E faccia di me tutto quello che gli passa per la testa.


Cosi va la vita

 Guzzon59 (claudiogusson@ymail.com)


1 commento:

Unknown ha detto...

Passavamo di qui per caso, ammetto un vero piacere fare la conoscenza del tuo blog a presto un saluto B&A