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venerdì 27 aprile 2012

Febbre da cavallo

E' la storia di un medico in pensione, allarmato dalla figlia a causa della febbre della nipote. Lui corre a visitare la ragazza e suo malgrado verrà coinvolto in una giostra di emozioni, dalla quale non potrà scendere.

Salve! La storia che sto per raccontare è davvero incredibile.
Nata da circostanze del tutto imprevedibili, come le reazioni della mente, quando la ragione viene meno al proprio compito di censore. Buona lettura.

Il mio nome è Mario e sono un dottore in pensione.
Quando presi la laurea scelsi il difficile mestiere del medico condotto, un artigiano della salute, lavorando tra la gente e negli ambulatori dei piccoli paesi.
Ho sempre ritenuto la professione del medico è come una vocazione, simile a quello dei preti: una missione.
Nella vita mi è capitato di incontrare ogni specie d’individuo, dal malato immaginario, agli ipocondriaci, costantemente preoccupati di avere chissà quale grave malattia.
Per tranquillizzare il loro stato d’animo, a volte era sufficiente prescrivere delle semplici aspirine.
Il ruolo che ricoprivo mi permetteva di contattare ogni famiglia del paese, perciò ero a conoscenza di storie private inaudite e di eventi particolari molto piccanti.
Sapere l’indole più intima dei miei pazienti, mi ha consentito di poter soddisfare qualche fantasia personale.
Infatti, durante la lunga carriera di medico condotto ho avuto tantissime avventure, con donne sposate, nubili, anche attempate, ma ben conservate.
Lo studio era diventato il santuario del piacere. Il lettino dell’ambulatorio era l’altare del sacrificio dei sensi, utilizzato più come giaciglio per grandiose scopate che per le visite mediche.
Raggiunta l’età della pensione, la bella vita finì.

Quando persi la moglie, la casa era diventato un luogo troppo grande e vuoto, ma soprattutto erano i ricordi che mi facevano penare. Così, dopo aver convinto i figli, scelsi di andare a vivere gli ultimi anni della mia vita in una casa di riposo.

In questo momento sono seduto davanti alla finestra della mia cameretta, osservo le gocce di pioggia che colpiscono il vetro formando dei rivoli che scorrono come dei canali in piena.
Mentre guardo i vetri deformati dall’acqua, mi sovviene il ricordo di una rosa, una bellissima rosa; che un giorno capitò inaspettata tra le mie mani, come un miracolo, stordendomi con la sua giovane e conturbante fragranza.

Il dono arrivò per caso proprio alcuni mesi dopo che fui collocato in pensione.
All’epoca caddi in depressione, perché non riuscivo ad organizzare la nuova vita, mi mancava il lavoro che aveva caratterizzato un’intera esistenza.
In quel periodo succedeva spesso che qualche collega giovane chiamava per una consulenza.
La cosa mi entusiasmava perché mi facevano rivivere i vecchi momenti di gloria.

Tra loro c’era anche mia figlia Ilaria, che aveva scelto il mio stesso mestiere.
Medico condotto. Ma, ero consapevole che lei lo faceva solo per farmi piacere.
Era un medico vicino ai quaranta anni ed aveva già raggiunto una competenza professionale ragguardevole.

La rosa mi cadde tra le mani.

Un lunedì mattina squillò il telefono.

“Ciao papà!
“Ciao Ilaria! Come mai a questa ora del mattino?
“Ho un problema!
“Dimmi?
“Si tratta di Loredana!

Loredana era mia nipote, un’adolescente irrequieta. Alla sua età aveva già una forte personalità, che le permetteva di tenere testa agli adulti e soprattutto a sua madre.
Ilaria era divorziata. Il tribunale le aveva affidato la figlia, che seguiva come meglio poteva.
Tra impegni di lavoro, seminari ed aggiornamenti vari, finiva spesso per perdere di vista la sua educazione, lasciandola alla mercé della scuola ed alle amicizie, non proprio cristalline.

“Adesso che ha combinato quella peste?
“Si è svegliata con una febbre da cavallo! Alle sette aveva una temperatura corporea di 42 gradi!
“Accidenti! L’hai visitata?
“Si! Al tatto mi è sembrata normale, ma il termometro segnava 42 gradi!
“Forse è un’infezione della gola! Oppure, potrebbe essere un’otite!
“Ho controllato! Nessuna delle due! In ogni modo, sarei più tranquilla se tu venissi qua a darle un’occhiata?
“Va bene! Vengo subito!

Dopo mezzora d’auto raggiunsi l’abitazione di Ilaria.

“Ciao papà!
“Dove è?
“E' in camera sua!

Ilaria era già vestita e pronta per uscire. La seguì fino alla cameretta di Loredana. La trovai immersa totalmente nel piumone.

“Lory, svegliati! C’è il nonno!
“Uffa! Qui c’è qualcuno che vorrebbe dormire!
“Non rispondermi con quel tono signorina! Ora ti siedi sul letto e ti fai visitare da tuo nonno! Hai capito?

Nessun segnale.
Feci un gesto ad Ilaria di lasciarla un po’ tranquilla.

“Papà! Hai visto come risponde? Io non so più come prenderla!
“Non ti preoccupare! A quella età l’atteggiamento ribelle è normale!
“Si! ma io non ero come lei!
“Ho notato che sei già vestita!
“Si, purtroppo! Stamattina ho un impegno che non posso rimandare!
“Sono qui per aiutarti no?
“Grazie papà! Senza di te non so che cosa avrei fatto!
“Vieni! Fatti abbracciare!

Dopo averla abbracciata.

“Ora vai! Ci penso io a lei! Non ti preoccupare!
“Ok! Chiamami se ci sono complicazioni!
“Da quello che ho visto non mi è sembrato un caso grave!
“Non so cosa pensare! Va bene così! Vado!

Appena restai da solo cominciai a riflettere sulla situazione. C’era un’adolescente ribelle che aveva una febbre da cavallo, ma non manifestava sintomi di qualche patologia. La situazione non quadrava. In passato mi bastava un’occhiata per capire se una persona era malata oppure fingeva, e Lory, in quel che vidi mi era sembrata una furbetta. Ora dovevo decidere se assecondarla o sputtanarla.
Quindi, decisi di scoprire i motivi del suo comportamento, e cercare di capirli.

Ritornai in camera di Lory!

“Dai bambolina! Fatti dare un occhiata!
“Nonnooo! Pure tu ti ci metti adesso!
“Solo un’occhiata! Poi ti lascio tranquilla!

La visitai per bene. La respirazione era perfetta. Il polso regolare. La lingua non presentava alcuna traccia d’infiammazione. Nessuna infezione alle vie aeree. La pelle era tonica e non c’erano segni di disidratazioni. Inoltre, nel suo comportamento non c’erano accenni d’astenia.
Come pensavo, Lory era sana come un pesce.

“Ok! Tutto è apposto!
“Ora, se non ti dispiace, vorrei continuare a dormire!
“Aspetta! tieni! Vorrei che controllassi la temperatura per via rettale!
“Uffa! Ancora?

Le porsi il termometro.
Dopo un quarto d’ora abbondante ritornai a riprendere il termometro. Appena vidi la temperatura, mi venne un colpo. C’era qualcosa che non quadrava. I gradi erano ancora 42!

“Hai fatto come ti ho detto?
“Si! Uffa nonno!

S’immerse nel piumone e si girò dalla parte opposta. La osservai. Mi stava prendendo per il culo.

“E no! Signorina! A me non mi prendi in giro!

Afferrai il piumone e lo strappai dal letto, scoprendola nella classica posizione fetale. Quindi mi sedetti sulla sponda del letto, l’afferrai dalle braccia, trascinandola sul mio grembo a faccia in giu.

“Cazzo nonno! Ma sei impazzito!
“Ragazzina! Adesso ti calmi! Ora, se permetti, provvedo personalmente a controllare la temperatura!

Afferrai il pigiama dagli orli e lo tirai giù, verso le gambe, scoprendole il sedere. Non portava mutande perciò il compito era più facile.
Dopo aver agitato il termometro in aria, con una mano allargai i glutei e con l’altra infilai la parte metallica nel buco del culo.

“Ai! mi hai fatto male!
“Ora, ti prego di non agitarti!

Ad un tratto la situazione mi apparve imbarazzante. Mia nipote Lory, era adagiata bocconi sul mio grembo con il sedere scoperto ed il termometro infilato nel culo. Come medico avevo l'abituato di affrontare circostanze analoghe, tuttavia, in quella circostanza, fui turbato, qualcosa stava attirando la mia attenzione.

Cominciai ad osservare il corpo nudo di Lory; il suo culo inizio a delinearsi in una forma fantastica. I fianchi erano perfettamente modellati e le chiappe rotonde e candide come la neve.
Lo scoscio, in cui s’intravedeva il tumulo delle grosse labbra vaginali e un’incipiente peluria, che spuntava rasa, fu una visione conturbante.
Erano mesi che non vedevo il culo di una giovane donna. La reazione non tardò a manifestarsi. Infatti, il cazzo cominciò ad ingrossarsi facendo pressione contro il ventre di Lory.
La stronzetta colse subito quel momento di turbamento e con tono sarcastico:

“Ei nonno! Quello che sta premendo contro la pancia non mi sembra il tuo portafoglio! Ahahah!

Cazzo, mi aveva sgamato. Senza rifletterci le risposi:

“E’ un fenomeno naturale! Lo sai che il mattino è una reazione spontanea!
“Se lo dici tu che sei medico! Non vorrei, però, che ti fossi eccitato a guardarmi il culo!
“Lory! Ma come parli! Le ragazze come te non dovrebbero pensarle certe cose!
“Ma nonno! In che mondo vivi! Le ragazze come me potrebbero insegnarti cose che, forse, ancora non conosci!
“Brutta impertinente!

Le mollai un ceffone sul culo. Che caratterino. Quella mocciosa meritava una lezione di vita, non c’era dubbio.

“Ti piace sculacciare le ragazzine?
“Adesso finiscila! Ora controlliamo il termometro!

Lo sfilai dallo sfintere e lo avvicinai al naso per vedere di quanto era salito il mercurio. Un odore di sesso mi assalì le narici, incrementando lo stato di agitazione.

“A! trentasei e mezzo! Come immaginavo!

Non disse nulla.

“Allora? non hai nulla da dire?
“Be lo ammetto! Non avevo voglia di andare a scuola! Così ho avvicinato il termometro alla lampadina dell’abatjour!
“E brava la furbetta! E adesso come la mettiamo con tua madre!
“Nonno ti prego! Non dirle nulla!
“Non sei nelle condizioni di trattare!
“Però…
“Però cosa?
“Potrei farti questo!

Infilò la mano sotto il suo ventre afferrò lo spessore del cazzo ed iniziò a manipolarlo.

“Lory! Sei impazzita!
“Dai nonno! Ti faccio una sega! Così non dirai nulla alla mamma!

Non so come cavolo fece, ma fu in grado d'infilare una mano nei pantaloni.
Subito dopo percepì il contatto delle sue dita che cingevano il cazzo poi, con fatica, faceva scivolare la pelle sulla massa carnosa. Quel gesto mi piaceva e non feci nulla per fermarla.

“No! Non possiamo! Lory!
“Dai nonno! Lasciami fare! Lo so che ti piace! Tu piuttosto! Perché non mi tocchi il culo?

Cribbio! Mi sembrava tutto assurdo. Quel diavolo aveva creato una situazione incredibile. Come si dice nel gergo: mi prese letteralmente dalle palle.
Guardai il suo culo. Era troppo bello, per rifiutare quella offerta generosa e provocante.
La ragione mi incitava ad lasciar perdere. Ma la bramosia di quel giovane corpo, si era già impossessato della mia volontà, ormai ridotta al nulla.
Così, mandai al diavolo le poche remore che ancora m’impedivano di agire, ed affondai le mani sul quel candido culo.

“Senti nonno! In questa posizione ho difficoltà a farti la sega! Mi fa male il braccio! Ci mettiamo comodi sul letto?

Ormai ero succube della sua volontà.

“Come vuoi tu bambolina!

Si alzò in piedi ed in un baleno si tolse il pigiama, restando completamente nuda.

Mentre, io ero, perplesso e titubante, stentavo ancora a disfarmi degli indumenti.

“Dai nonno! Che aspetti a spogliarti? OK ti do una mano!

La sua iniziativa era soverchiante. Un uragano impetuoso a cui era difficile resistere.

S’inginocchiò davanti a me. Quindi, con gesti decisi, sfilò la cintura dei pantaloni, e li abbassò, insieme alle mutande, fino alle caviglie.

“Nonno! Cribbio che fava!
“Che cosa ne sai di queste cose?
“Nonno! Credi che alla mia età, sia ancora una ragazzina ingenua? Pensi veramente che con i miei amici stia a perdere tempo con le fiabe di capuccetto rosso?
“Hai già fatto sesso?
“Tu cosa ne pensi? Ahahahah!

Spregiudicata e bella. Era un’alchimia che avrebbe fatto impazzire qualsiasi uomo. Agiva con sicurezza e sapeva il fatto suo. La sua azione era determinata a raggiungere il suo scopo, e quando afferrò il cazzo lo fece con entrambe le mani, iniziando a menarlo delicatamente su e giu. Da vera esperta. Non c’era alcun dubbio, quello era il pane per i suoi denti.
Dopo alcuni minuti.

“Nonno! Ho cambiato idea! Vorrei farti qualcos’altro?
“No! Lory! Limitiamoci alla sega! Abbiamo già esagerato! Non credi?

Non feci in tempo a terminare la frase che la sua bocca iniziò a fagocitare la cappella e poi il resto del cazzo.

In quel momento non potei fare a meno di apprezzare la sua maestria. Era veramente brava. Riusciva ad ingoiare il cazzo fino in fondo alla gola, permettendomi di chiavarla in bocca.
Ogni tanto sentivo la lingua che si muoveva sulla cappella, seguendone le linee, per poi scivolare fino allo scroto. Le sue mani, scorrevano sul cazzo con disinvoltura, seguendo l’evoluzione del pompino, quindi anche nei particolari, quando soppesavano i coglioni in modo delicato, ma straordinariamente in modo piacevole.

Il pompino di Lory mi stava facendo impazzire. I sensi erano completamente sconvolti, e la schiena tremava come se fosse percossa da una folata d’aria gelida. Il desiderio si era impossessato dei miei sensi.

La fermai, la fissai nei suoi occhi azzurri, poi l’attirai verso di me stringendola tra le mie braccia. Mentre la baciavo, con le mani le accarezzavo la schiena ed il culo.
Era morbida e liscia al tatto e percepivo un corpo tonico, giovane e caldo.
Poi, in pieno delirio, con i freni inibitori completamente in frantumi, la spinsi sul letto e lei cadde sul dorso. M’inginocchiai tra le sue cosce aperte, osservando avido la stupenda figa, giovane e boriosa, con labbra interne sporgenti e rosee.
Le accarezzai con cura quel tumulo di piacere, poi, seguendo un istinto libidinoso, affondai la bocca in quella nicchia incantevole, leccando e succhiando il suo dolce clitoride, indurito come un piccolo cazzo.

L’aroma e la fragranza di quella giovane fica, richiamarono alla memoria gli odori della fica delle giovani ragazze che mi ero scopato nelle segrete dello studio ambulatoriale. Tutto era come allora.

“ooohhhhh! Nonnoooooo! Mi fai impazzireeee!!!!

La sua vocina da ragazzina echeggiava nella camera come il canto di una sirena. Sentirla ansimare animava il mio spirito e aumentava la brama di possederla carnalmente.

Mi alzai in piedi, continuando a baciarle le gambe, fino all’alluce dei piedi. Poi la fissai intensamente, e lei:

“Si! Lo voglio dentro di me!

Non so se fu un invito o un’implorazione, ma i suoi occhi esprimevano un desiderio incontenibile.

Il dado era stato tratto da molto tempo; quindi, senza ulteriore indugio, afferrai il cazzo, puntando la grossa cappella contro le labbra interne della figa, diedi una leggera pressione e, poi, lentamente, iniziai ad affondare con il resto del corno dentro quella delizia da mille ed una notte.

“Oohhhhh nonnooooo è bellissimooooo!
Ooohhh lory! Sei dolcissimaaaaaaaaaaa! Mmmmm! La tua pelle è delicata come la pescaaaaa!

La temperatura bollente della fica avvolse il cazzo come un caldo abbraccio. Appena il pene terminò la corsa dentro quella fucina infernale, iniziai a scoparla con ritmo costante e sempre più veloce. Ogni affondo provocava dei singulti acuti che echeggiavano nella stanza, come una litania cacofonica.
Lory, in quei movimenti convulsi, si strizzava le tette e ogni tanto affondava la bocca sui capezzoli. Il suo corpo longilineo, magro e senza cellulite, si agitava sotto di me come le volute di un serpente.

Il mio grosso ventre stonava di fronte al suo piatto e liscio, su cui era completamente schiacciato.

Nonostante la giovane età, Lory si muoveva in modo sinuoso, come une esperta; e con il movimento del bacino accompagnava gli affondi del mio grembo, mentre la mia pancia la teneva bloccata sul letto.
In quegli istanti di estremo delirio percepivo chiaramente gli orgasmi che le serravano le pareti vaginali.
Dopo aver scopata in quella posizione, per alcuni minuti, Lory volle cambiare e si mise a pecorina. Dio, in quella postura era una vera meraviglia. Pelle liscia, delicata, e morbida come il cotone. Eccitato da quella visione vertiginosa, mi precipitai a penetrarla, come un cane idrofobo affamato, ed afferrandola dai fianchi spinsi il cazzo dentro quella giovane cerbiatta, in profondità, fino a far toccare le labbra vaginali alla base dei coglioni, poi iniziai a scoparla con una enfasi che rasentava l’incredibile.

Quella scopata non era un mero sfogo fisico. L’unione con Lory rappresentava la sintesi della massima perversione possibile.
Fu il tabù di tutti i tabù, infrantosi in quella stanza ed io ero il protagonista assoluto. Mi sembrava di sognare.
Stavo cogliendo il frutto più proibito della terra, l’eccellenza della quinta essenza, infrangendo le supreme leggi della morale e dell’etica.
Una situazione inaudita, che mi fece letteralmente sbarellare il cervello. Emozioni intense, che era impossibile descrivere, se non si vivono in prima persona.
Quel rapporto esaltava anche Lory; da come godeva si percepiva chiaramente un coinvolgimento emotivo totale.

Vedere il mio cazzo che sprofondava dentro la figa di Lory era come vedere l’intero firmamento. Il suo culo candido come la neve cozzava contro il mio ventre al ritmo veloce degli affondi.
I suoi lamenti sembravano un coro d’incitamento.
Alla fine di quella maratona frenetica, i conati di sborra si presentarono alla base dei coglioni.
Diedi alcuni possenti colpi, poi estrassi il cazzo, lo menai tra le sue splendide chiappe, e poi getti di seme si cosparsero sulla sua bellissima e candida schiena e nella zona lombare.

Ci riprendemmo alla svelta perché dopo un’ora ricominciammo nuovamente a scopare. Fu una mattina indimenticabile, di fuoco e di fiamme.

Alcuni giorni dopo mi chiamò Ilaria:
“Ciao papà!
“Ciao! Come sta la peste!
“Papà ti sembrerà incredibile! Dopo la tua visita è cambiata totalmente!
“Spiegati!
“E’ un'altra persona! Ha ripreso a studiare! Ieri sera mi ha detto che vorrebbe diventare medico! Lei? Ti rendi conto?
“Be! Che c’è di male? È una malattia di famiglia non credi?
“Si, papà, hai ragione! Sono contenta! Quello che hai fatto a Lory ha cambiato il suo carattere e vorrei che continuasse!
“Su questo ti garantisco che continuerà!
“Grazie papà!

I rapporti cessarono qualche anno dopo, quando Lory partì per frequentare l’università.
Riuscì a laurearsi in medicina; da allora non ho avuto rapporti intimi.

“Dottore mi scusi!

La voce e la presenza dell’infermiera nella camera, mi riportarono subito alla realtà.

Mi voltai e vidi che non era la solita infermiera. Mi trovai di fronte lo sguardo di Loredana. Mi fissava intensamente. Poi con un gran sorriso:

“Nonno!
“Lory!

Corse ad abbracciarmi, stringendomi forte, fino a farmi perdere il respiro.

“Nonno! Vorrei che oggi venissi con me!
“Dove andiamo?
“A casa mia!

La guardai negli occhi.

“Lory! Lory! Che cosa hai in testa? Non sono più all’altezza!
“Con queste io direi che hai ancora delle chance!

Aprì la mano e mi mostrò alcune pillole azzurre.

“Il viagra?
“Si!
“Funzionano?
“Si! Alla grande!
“Come ai vecchi tempi allora!
“Si, come ai vecchi tempi!

Ora era una rosa sbocciata, matura, bellissima.

Guzzon59 ( Claudiogusson@Ymail.com )

domenica 15 aprile 2012

Il Club (l'essenza del BDSM)

Prologo: Il cenacolo sembrava il raduno di un club chiuso, dedito ai sacri riti del BDSM, una sorta di quadrato esoterico per pochi eletti.

Fabry, Robinia, Master e Sonya, avevano in comune la passione per la letteratura erotica. Tale passione, col tempo, si era arricchita anche dalla voglia di scrivere le proprie fantasie erotiche.
Si erano incontrati frequentando il portale di Milù, un sito specializzato nella divulgazione di racconti amatoriali erotici, che permetteva a chiunque lo desiderasse di pubblicare le proprie opere letterarie erotiche, purché fossero scritte in italiano corretto.

Fabry, Robinia, Master e Sonya, prediligevano il genere dominazione, le storie in cui un protagonista, Dom, Padrone o Mistress, aveva un ruolo di “superiorità” mentale e fisica verso chi era slave, sub o sottomesso.
I normali racconti etero, che si sviluppavano entro i limiti angusti dei rapporti tradizionali, per loro, erano storie noiose e pedisseque ripetizioni delle posizioni del Kamasutra, non davano alcuna emozione.

La loro attenzione si rivolse verso quei racconti in cui l'eccitazione era ottenuta da condizioni stimolanti socialmente non accettate, vale a dire da tutte quelle situazioni nelle quali venivano utilizzati oggetti, non umani, per infliggere un effettivo dolore o umiliazione al proprio partner.

La comune passione per le pratiche del BDSM li unì. Dopo i primi contatti on line, decisero di formare un circolo, sulla falsa riga di quello di Vienna, per scambiarsi le proprie opinioni e mettere in pratica la loro passione.

Fissarono la data e le modalità del primo incontro, che avvenne sulle calme acque del lago di Garda. Nei pressi della ridente cittadina costiera di Malcesine.

Fabry era il più esperto tra i convitati, era quello che aveva conseguito un discreto successo nell’editoria erotica, pubblicando qualcosa.
Master, era un discreto scrittore, ma viveva di luce riflessa. Era di carattere instabile, che mutuava le parole e i concetti dagli altri, secondo delle circostanze, poiché aveva difficoltà ad esprimere un’autonoma posizione.
Robinia e Sonya, erano solo appassionate di BDSM. Erano carne da macello che per dar fuoco alla loro passione si sarebbero prestate a subire qualunque violenza fisica, come agnelli sacrificali.
Erano state scelte come mere partner con le quali Fabry e Master si sarebbero sbizzarriti a realizzare le loro fantasie di padroni dominatori.
Marameo, un amico in comune, che condivideva con loro la stessa passione, non venne incluso nel club perché aveva un carattere difficile, una personalità forte che avrebbe finito per prevalere sul gruppo, mettendo in secondo piano il ruolo di Fabry ed annullando quel lumino che ancora schiariva la testa di Master. In un pollaio, si sà, troppi galli creano il caos.

Tutto era deciso. I membri del circolo si ritrovarono un sabato pomeriggio di fine settembre. La villa apparteneva alla famiglia di Fabry.
Era edificata su un costone di roccia, che scendeva a picco nelle acque del lago. Circondata da un parco di alberi di ulivo.

Fabry si comportò da buon padrone di casa accogliendoli calorosamente. Dopo i convenevoli:

“Robinia, avevo visto le tue foto su profilo di FB, ma noto che sono bugiarde! Non rendono la realtà! Sei una donna affascinante!

Le prese la mano e la baciò, simulando un leggero inchino.

“Master! È un piacere conoscerti dal vivo! (fingeva spudoratamente, perché ritenendolo inferiore lo ha incluso nel club nella consapevolezza di avere lui il ruolo di maschio dominante)

Gli strinse la mano.

“Sonya! Non faccio altro che pensare ai tuoi racconti!
“E cosa ti ispirano?
“Lo scoprirai presto!
“MMMMm non vedo l’ora hahah

Ragazzi! Sapete? Di là dalle acque del lago, sulla sponda lombarda, c’e il Vittoriale? Pensate la casa di torture del nostro divino maestro e poeta!

Robinia: Già! Il grande D’Annunzio! Lo avrei incontrato volentieri! La sua perversione m’intriga!

La cena si svolse nella bellissima cornice del salone. Ancora arredata con vecchi mobili. Il caro gusto stucchevole e antico della signora Felicita di Gozzano.

“Bene! prima del grande incontro, che suggellerà le nostre comuni passioni, suggerirei di fare un brindisi!
“A noi, al piacere! Al delirio ed alla mortificazione della carne! Evviva!

I quattro convenuti bevvero avidamente il nettare di bacco. In silenzio, mentre il vino inumidiva le labbra, si scrutarono intensamente negli occhi.
I giochi erano iniziati. Da quel momento in poi non era più ammessa alcuna esitazione o atteggiamento contrario allo scopo per il quale si erano incontrati.

Il cenacolo sembrava il raduno di un club chiuso, dedito ai sacri riti del BDSM, una sorta di quadrato esoterico per pochi eletti.

Il BDSM (bondage, dominazione, sottomissione, sadismo e masochismo), una pratica sessuale estrema, era un evento psicosomatico globale della mente e del corpo, che traeva la sua ispirazione nel profondo inconscio di chi vi partecipava, da attore o meno, che aveva comunque delle norme. Doveva esplicarsi possibilmente in luoghi appartati, nel rispetto delle regole compendiate nella nota sigla SSC (Sano, Sicuro e Consensuale).
Tuttavia, nonostante i buoni propositi era mera speranza attendersi il rispetto di quel protocolla, poiché il coinvolgimento emotivo si rivelava talmente forte ed intenso che a volte era difficile tenere in mente quei limiti, e quando si valicavano si correva il rischio di sperimentare una trappola mortale.

Chi erano i nostri eroi? Prima di dare inizio alle danze cerchiamo di capire con chi abbiamo a che fare.

Primo Capitolo: Robinia (Intellego ut credam = comprendo per credere)

Robinia era amante del bondage e della sottomissione e dalla sodomizzazione, amava farsi legare e subire l’estasi del dolore provocato dalla flagellazione, fino a che la pelle non era coperta di abrasioni, poi diventava cibo delle perverse voglie del dominatore.
Agli occhi dei suoi amanti si presentava con tacchi altissimi, calze autoreggenti nere, in bikini in latex nero cromato ed il volto nascosto da una mascherina della stessa materia.
Una pantera nera che divorava, e gli piaceva essere sbranata dal suo padrone.
Scoprì di amare quella pratica estrema negli angusti spazi dell’ufficio in cui lavorava come impiegata.

All’epoca, tra i suoi colleghi di lavoro c’era Roberto, un caratteriale asociale, con il quale era difficile andare d’accordo. Eppure la sua cattiveria, aggressività e maldicenza lo affascinavano.
Roberto l’aveva sedotta inconsciamente.
Ogni volta che si scontrava con lui in liti furibonde, quando era insultata con parole pesanti, rimaneva basita delle proprie reazioni.
Si sorprendeva a scoprire che quelle frasi le infondevano una strana sensazione, che la faceva sentire letteralmente in preda alla libidine. 
In quei frangenti avvertiva delle pulsazioni risalirle dal basso ventre, mentre dalla figa fuoriusciva un fiume di fluido che le macchiava le mutandine. I capezzoli si inturgidivano, aumentando la loro sensibilità
In quei momenti le prendeva un impulso irresistibile che la costringeva a correre in bagno.
Dove avrebbe placato il desiderio irrefrenabile di strapazzarsi la micia, di titillarsi il grosso clitoride, che s’ingrossava come un piccolo cazzo, anelando che qualcuno lo prendesse in bocca, lo leccasse e lo succhiasse. Insomma. come se le facesse un pompino.
Come era possibile ridursi in quello stato di alterazione psicofisica?
Provocato peraltro da quello arrogante e presuntuoso di Roberto, che disprezzava?

Il sesso tradizionale, con il marito, cominciò a non essere più di suo gradimento, trovandolo noioso ed insoddisfacente.
In quei momenti pensava alle sensazioni piacevoli che le provocava quel tracotante di Roberto.
Subiva il suo fascino solo con il suo carattere aggressivo, e si eccitava senza che lui la toccasse con un dito. Perchè?  Presto lo avrebbe scoperto!

Un venerdì sera, capitò che tutti gli impiegati dell’ufficio erano già andati via. Nei locali dell’azienda erano rimaste le luci accese dell’ufficio di Robinia e di Roberto.

Robinia stava riponendo i grossi faldoni sulle mensole poste alle sue spalle, quando la voce di Roberto la fece sussultare.

“Sei stata tu a informare il capo che ho mandato affanculo la sua puttanella? che le fa da segretaria? Quella stronza succhia cazzi e ninfomane!

Aveva uno sguardo spiritato. Faceva paura. Robinia, con voce tremante:

“Roberto non ho tempo da perdere in litigate inutili! Ora vado a casa!

Lui, invece, chiuse con forza la porta alle sue spalle. Il rumore secco la fece sobbalzare.
Roberto, con un sorriso beffardo si avvicinò alla scrivania.
Lei era ancora in piedi, davanti alla sedia, immobile, con lo sguardo spaventato ed incapace di muovere un solo muscolo..

Roberto, intuendo la sua paura, decise di prendere in mano la situazione, così con un gesto repentino le afferrò il collo stringendo.

“Dove credi di andare? Stronza! Credi che non abbia capito il tuo giochetto nei bagni?
Robinia arrossì di fronte a quelle parole. Cazzo aveva capito tutto! Con tono di voce poco convincente:

“Lasciami! ti prego! Devo correre a casa!

Roberto, percepiva l’emozione di Robinia e mentre la teneva bloccata con la mano stretta al collo, mosse l’altra verso il seno, premendolo all’improvviso come una morsa, con una forza impressionante.

“Aaaaaaaaaaaaaaaa mi fai maleeeeeeeeee
“noooooooo ti facciooooooooooo maleeee? Hahahah e solo l’inizio stronza!

Robinia, nonostante si rendesse conto della violenta aggressione, fu incapace di opporsi alla sua volontà.
Il corpo fremeva come un fuscello. Le forti sensazioni ripresero a manifestarsi con maggior vigore, facendole sentire una sensazione di libidine che le pungolava la figa.
Avvertiva, nel contempo, il fluido che le bagnava le mutande e le scendeva copioso lungo le cosce. Si era eccitata.

“Sai cosa sei? hahah una cagna! Da adesso in poi io sarò il tuo padrone! Mi ubbidirai e farai quello che voglio io! Hai capito? Hahahahah altrimenti ti punirò se non farai quello che ti chiedo!

Robinia era completamente soggiogata dall’azione di Roberto e non riusciva a fiatare.
L’emozione le aveva bloccato la respirazione. Tuttavia assentì facendo un cenno con il capo.

Roberto, l’aveva in pugno, continuando a tenerla ferma con la mano sul collo, la placcò improvvisamente contro un’anta dell’armadio. 
Si avvicinò con la bocca sul collo, leccando la pelle e facendole sentire il fiato caldo.
Quel leggero contatto fece increspare la pelle di Robinia, come se fosse stata esposta ad una folata di vento gelido.

“Mia bella cagnetta! Adesso il tuo padrone ti insegna come si ubbidisce! Non devi parlare per nessuna ragione! Devi solo ubbidire! Hai capito?

Le accarezzava la pelle del viso, come una blandizia erotica. Robinia era emozionata ed il suo corpo era imperlato di sudore. Il suo cuore batteva forte ed il corpo sussultava ad ogni tocco.

Roberto la fissava cercando di incutere il suo rispetto.
Intanto il palmo della sua mano si era infilato dentro i Jeans, proseguendo nelle le mutandine ed infine arrivarono a chiudersi attorno alle grandi labbra, strapazzandole con forza.

Robinia, stimolata nelle parti intime guaiva come una cagna, respirando a stento a bocca aperta. Provava un piacere immenso a subire quelle attenzioni prepotenti e la sua mente era completamente stordita.

“La mia cagnetta! Gode! MMMM

Robinia, totalmente sottomessa al suo volere, provava piacere a subire quell’umiliazione, perché le dava un diletto inaudito, delle sensazioni nuove che non aveva mai sperimentato prima di allora.

“Bene! Cagna maledetta sei già bagnata fradicia! Ora spogliata! Ti voglio vedere nudaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa sbrigatiiiiiiiiiiiiii

La paura le faceva tremare le braccia e le gambe. Dovette fare uno sforzo smodato per sbottonare la camicetta e togliersi i jeans. Però non riuscì ad andare oltre, rimanendo in mutande e reggiseno.

Roberto nel frattempo le girava attorno come un segugio, fissando ogni suo minimo movimento, godendo a vederla tremare in silenzio.

“Brutta stronza! Ti ho detto nudaaaaaaa! Meriti una punizione!

Così dicendo, l’afferrò nuovamente dalla nuca trascinandola giù, fino a farla genuflettere ai suoi piedi. In quella posizione le afferrò i capelli e gliele tirò indietro, costringendola ad alzare il capo e a fissarlo negli occhi.

“Ora leccami la suola delle scarpe! Sei una cagna! Lo sai? E devi ubbidire al tuo padrone!

Robinia si chinò con la faccia verso il basso, spinta anche dalla mano di Roberto, fino a toccare con le labbra della bocca il cuoio delle scarpe.
Roberto sollevò la pianta del piede ed offrì a Robinia la suola.

“Ora tira fuori la lingua e lecca!

Ci fu un attimo di esitazione, che Roberto non gradì. Per questo le assestò un colpo sulla schiena, che fece contorcere il corpo di Robinia, in un dolore lancinante.
Lei non si era resa conto di un fatto. Ma lo scoprì a suo danno.

Roberto brandiva nella mano destra la cintura dei suoi pantaloni.
Più lei esitava e più le cinghiate le erano sferzate sulla pelle con forza, incidendola con solchi rossi e profondi.

“Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
“Vuoi che smetta con il supplizio? Devi leccare la suolaaaaaaaaaaaaa!

Robinia, tremava dal terrore, così vinta dalla volontà di Roberto, tirò fuori la lingua ed iniziò a leccare la suola delle scarpe. La percepiva ruvida al tatto e salata al palato.

“Sei una brava cagnetta! Soddisfa il tuo padrone hahahahah così va bene!

Roberto, sembrava posseduto dal demonio. Un despota che in quel momento nessuno avrebbe mai potuto contrariare.
Ad un certo punto, fece un cappio con la cintura dei pantaloni e lo passò attraverso il capo di Robinia, infine lo strinse fino a toglierli il respiro. Era un collare rudimentale.

Roberto lo tirò verso l’alto costringendo Robinia ad alzare il capo.

“Lo vedi? Questo è il cazzo del tuo padrone, e deve godere! Se ti comporterai da brava cagnetta ti fotterà il culo! Leccalo e succhialo! Fammi vedere come sei brava a succhiare i cazzi hahahah

Roberto si era tirato fuori il pene dai pantaloni, puntandolo sopra gli occhi di Robinia, duro e palpitante.
La pelle era tirata a tal punto che Robinia poteva scorgere persino le nervature dei capillari che si dipanavano sulla massa come fiumi in piena.

Robinia afferrò con entrambe le mani il cazzo di Roberto e cominciò segarlo.

“Leccalo!

Ubbidendo iniziò a far scorrere la punta della lingua lungo i contorni della cappella liscia e brillante. Appena accennò a succhiarlo.

“Basta!

Roberto allontanò Robinia da se, spingendola sul pavimento, con una pedata. Il collare pendeva dal collo, come un serpente ancorato ad un ramo.
Roberto prese a girarle intorno, in silenzio, incutendole timore, perché lei non capiva quali fossero le sue intenzioni.

“Alzati e sdraiati sul tavolino! a pancia in giù!

Robinia, pienamente consapevole del suo ruolo di slave, ubbidiva docile al suo ordine senza esitare. Anche perché in caso contrario sapeva che ne avrebbe pagato le conseguenze.
Roberto continuava a girare attorno al tavolo, osservandola come se fosse un animale in vendita. 
La sua mano scivolava lasciva sul corpo di Robinia facendola ansimare come una preda in trappola.

Ad un tratto le strappa le mutande e le getta per terra.

“Allarga le gambe! Ricordati! Non dovrai mai girarti a guardarmi!

Robinia eseguì l’ordine, non capiva le sue intenzioni, si sentiva impotente, timorosa ma terribilmente eccitata da quella situazione di subordinazione assoluta.
La figa le pulsava e le forti emozioni le provocavano una voglia, che come un fiume in piena, produceva una quantità di fluido umorale che si riversava sul tavolo.

L’odore di sesso e del sudore che le imperla la pelle, aleggiava nell’aria inebriando la mente dei protagonisti.
Robinia era immobile sul tavolo con le gambe spalancate. Roberto doveva essere alle sue spalle.
La stava osservando in silenzio.
Robinia era ansiosa, inquieta perché non riusciva a capire che cosa stesse passando per la testa del suo padrone.

Il gioco perverso di Roberto fu quello di creare una suspense inquietante tra l’attesa ed il silenzio. Un abuso e un controllo totale dei sensi della schiava.
Robinia si sentiva braccata dalla volontà lasciva di Roberto.

Lo sentì uscire dall’ufficio e ritornare quasi subito. Non osava guardarlo per timore di essere punita, ma di sottocchio notò che teneva in mano un oggetto bianco.
Robinia appena capì di cosa si trattava le venne la voglia di rizzarsi in piedi e scappare via. Ma non poteva, la sua volontà aveva accettato il ruolo di sottomessa, di schiava docile e malleabile da quella mente diabolica, che prevedeva la totale accettazione delle punizioni corporali inflittagli dal suo padrone.

Roberto brandiva un corno d’avorio, dal diametro di almeno otto centimetri. Era un trofeo di caccia del Capo, che ostentava sulla sua scrivania. Quel bastardo era andato a cercarlo.

“Separa le natiche! Con le mani!

Roberto si avvicinò da tergo, scandagliando la fessura delle natiche oscenamente separate dalle mani di Robinia.
Le accarezzò lascivamente la zona tra il perineo e l’ano. Poi si lecco il dito medio e iniziò a pressare contro l’orifizio  anale.

Robinia prese a tremare dalle emozioni quando avvertì il dito di Roberto che s’infilava nel buco del culo. Poi un altro dito le penetrò la vagina.
Ad un tratto li sentì entrambi muoversi dentro di lei. Tentavano di congiungersi, di toccarsi attraverso la sottile membrana che separava la cavità del culo dalla figa.
Era una sensazione inaudita, che non aveva mai provato prima di allora. Quei movimenti, insieme allo stato di sottomissione, le davano una sensazione di vertigini che le facevano perdere il senso della ragione, del tempo e dello spazio.

Roberto, fece colare un rivolo di sputo sul buco del culo e cominciò a lavorarselo. Uno, due e tre e cosi via, le dita si infilarono in quel buco dilatandolo in modo osceno.
Robinia girò il capo verso Roberto.

Ad un tratto le dita vennero tolte e Roberto iniziò a sferzare manate sui glutei.

“AAAAAAAAAAAAAAAA
“Ti avevo avvertita! Non devi guardarmi!

Le urla di dolore di Robinia lo incitavano a colpire con più forza.

Il dolore non era poi così insopportabile. I sensi di Robinia si erano talmente alterati, che la sua mente si confondeva, accogliendo quegli impulsi di dolore come un piacere sublime.
Una miscela idilliaca, tra piacere e dolore.
I colpi cessarono all’improvviso e furono sostituiti da qualcosa di non umano. Un oggetto rigido che iniziò a premere. Robinia lo avvertì entrare nell’apertura anale, percependo la sensazione delle pareti viscerali che cedevano il passo a quell’intruso estremamente duro.

Era il corno di avorio che Roberto le stava infilando nel culo, spingendo profondamente grazie all’azione della saliva che agiva da lubrificante.

AAAAAAAAAAAAAAAAaaaa mmmmmmmmmmmmmmmmm siiiiiiiiiiiiiiii


Roberto godeva a osservare quel manufatto fallico sparire per metà nel culo di Robinia.

Il grosso ingombro veniva spinto in profondità fino a fermarsi nella parte più larga del suo diametro. Robinia si sentiva svenire dal dolore, ma il piacere della tortura ere maggiore della sofferenza.

Roberto sembrava in estasi. Le sue sensazioni di libidine le avevano sconvolto i pensieri, era eccitato, emozionato, aveva raggiunto quello stato di grazie di ascesa mistica, che lo immerse completamente nel girone infernale della lussuria, perché prima di dominare il corpo di Robinia voleva possederlo mentalmente:

“Ora ti fotto il culo! Cagna!

Quindi, estrasse il corno di avorio, lasciando una voragine sconcia; tirò verso se i fianchi di Robinia, fino a fargli assumere una posizione di novanta gradi, poi puntò la cappella ingrossata dalla voglia di sesso, contro il buco del culo, oscenamente slabbrato e arrossato dall’azione del fallo di avorio, e iniziò a sodomizzarla con forza e cattiveria.

“Cagna! Il tuo padrone ti fotte il culooooooooooo!

Da quel giorno gli incontri tra Robinia e Roberto continuarono in un crescendo di emozioni intense e senza limiti.
Robinia fu una brava allieva, ed ebbe modo di apprezzare altre tecniche Sadomaso e di Bondage, che mise in pratica anche con altri amanti incontrati occasionalmente nei siti specializzati della rete.


Secondo Capitolo: Sonya (Credo ut intelligam = credo per comprendere)

Sonya, fu avviata giovanissima alle pratiche del BDSM, il suo mentore nonché professore di italiano, la definì “Una discepola instancabile e piena di voglia”.

Continua

Guzzon59 (Claudiogusson@Ymail.com)

martedì 10 aprile 2012

Il figlio sterile


Mio figlio Massimo e Debora si erano sposati da circa tre anni.
Il matrimonio fu celebrato in una bellissima giornata di primavera, nello stile americano, nel magnifico giardino dell’Hotel Bellavista, sulla costa smeralda, che per l’occasione fu addobbato come un incantevole parco dell’eden. Tanti fiori che adornavano il viale e le panchine degli invitati, che si univano ad una struttura a pergolato, bianca, con tante ghirlande e boccioli che si inerpicavano sulla ringhiera e lungo le travi, fino al tetto, colorati con fantasie floreali.

Fu una cerimonia da fiaba. Era il corollario di un amore grandioso che aveva unito e sostenuto il rapporto tra mio figlio e mia nuora fino al giorno del matrimonio.
Due ragazzi d’oro, che con grande saggezza hanno attraversato le tappe fondamentali del fidanzamento, tra alti e bassi, senza perdere di vista la realizzazione del loro sogno e degli obiettivi nel campo lavorativo.
Entrambi sono dei professionisti affermati e ben remunerati. Massimo lavora nel settore dell’informatica, come ingegnere progettista, programmi di difesa nel campo creditizio. Debora, invece, è farmacista e gestisce un’attività in proprio. Un’unione che ha arricchito entrambi, non solo spiritualmente, ma anche come benessere patrimoniale.

Quindi, visto le premesse, e tenuto conto che non c’erano problemi di ordine economico, io e mia moglie Carla attendevamo con impazienza la gioia di un nipotino.
Ma dopo tre anni di vane attese la situazione cominciò a sembrarci strana, anche in considerazione che Massimo ci aveva confidato che stava facendo tutto il possibile per ingravidare Debora.

Una domenica di maggio, Massimo e Debora vennero a pranzo da noi.
Mia moglie Carla, dopo i consueti preparativi per apparecchiare il tavolo, con l’aiuto di Debora, ci invitò tutti a sedere, per dare inizio all’ennesima liturgia del pranzo domenicale.
La discussione, come al solito, si stava svolgendo serenamente tra il serio ed il faceto, con tante risate.
L’atmosfera allegra divenne cupa, quando Carla rivolse una domanda a Debora, che cadde su di lei come una mannaia tagliente, lacerando quel clima di cordialità e facendo piombare gli astanti in un silenzio totale.

“Ma voi due quando vi deciderete a darmi un nipotino?

Una domanda semplice ma che fece sobbalzare la giovane coppia, bloccando a mezz’aria le mani di entrambi.
Massimo masticò velocemente il boccone che stava mangiando; poi sorseggiò nervoso il bicchiere d’acqua asciugandosi repentinamente la bocca
Debora reagì stranamente. Il suo volto s’incupì, come se una morse le avesse afferrato il cuore stringendolo fino a lacerarlo.

Quell'espressioni incupita mi insospettì, forse stava nascondendo qualcosa di grave.
Negli occhi di Debora colsi una lieve sofferenza, come se stesse vivendo un dramma.
La stessa cosa la notai anche nello sguardo di Massimo.
C’era qualcosa che non quadrava. Per la prima volta dopo tanti anni ho percepito un’incrinatura nel loro rapporto. In quell’istante tra loro non c’era alcun’affinità. L’espressione disperata di Debora era palese, mentre quella di Massimo si celava dietro un comportamento apparentemente tranquillo.

Intuendo l’imbarazzo di Debora, risposi io al loro posto.

“Che domande fai Carla! Ma certo che ci accontenteranno! Dagli tempo! Sono ancora ai preliminari, quando passeranno all’azione vedrai che non si fermeranno più! Ce ne faranno una tribù! Ahahah

Debora alzò lo sguardo verso di me, e imbarazzata mi fissò intensamente. Le risposi con un sorriso strizzandogli un occhio.
“Vero Debora? Che quel pigrone di Massimo si deve impegnarsi di più?

Dopo un attimo di esitazione. Continuando a fissarmi. Si sbloccò, come se avesse capito le mie intenzioni, quindi si sforzò di ridere per tenermi il gioco.

“Certo papà! Diciamo che non brilla d’iniziativa! Ahahaha

Massimo, sentendosi preso in giro:
“Monella che non sei altro! Se non sbaglio quando ti alzi dal letto non mi sembra che tu abbia l’aria di una donna insoddisfatta! Anzi! Ahahahah

Debora si emozionò, e le sue gote si coprirono di un rosso scarlatto. Ma il gioco non poteva essere interrotto con atteggiamenti di sconforto, per cui strinse i denti e si lasciò andare ad una grassa risata. Velando quella tenue tristezza che solo io avevo notato.

Debora è una ragazza intelligente, capace di adattarsi a qualsiasi circostanza imprevista. A tale personalità univa una bellezza raffinata, con un aspetto esteriore sensuale, occhi azzurri e capelli rossi, lunghi e lisci. Massimo e lei formavano una coppia speciale. Lui moro, occhi verdi e capelli ricci.
Un contrasto cromatico piacente che caratterizzava la bellezza della loro unione.

Durante la giornata, tra dialoghi e pettegolezzi vari, finalmente ebbi l’opportunità di restare da solo con Debora.

Ci avviammo lungo il viale del giardino, tra le siepi di rose fiorite e gli alberi di ciliegie, cariche del loro dolce frutto maturo.
Arrivammo fino alla quercia che divideva il giardino dalla strada sterrata,  a ridosso della staccionata, ove avevo costruito una serie di panche in legno, che alla bisogna servivano come posto di vedetta e punto di osservazione privilegiato, quando avevi la fortuna di alzarti presto al mattino ed assistere al miracolo dell’alba.

Era vestita con jeans stretti, attillati e maglietta aderente alla vita, che non celavano nulla del suo bellissimo carpo snello, si sedette al mio fianco.
Dopo alcuni minuti di silenzio, la mia voce le arrivò come un suono molesto.

“Mi dici quale è il problema che ti affligge?

Alzò il capo guardandomi distrattamente, come se volesse evitare di fissarmi negli occhi.
Con tono imbarazzato:
“Papa! Non capisco? Di che cosa stai parlando?
“Debora! Guardami negli occhi! Non sono stupido! C’è qualcosa che mi nascondi! L’ho capito subito! È legato al fatto che non arrivano i bambini! Vero?

Senza rispondere fece oscillare il capo, ed i lunghi capelli ruggine che le cadeva sul seno, confermando le mie supposizioni.

“Quale è il problema?
“Massimo è sterile!

Rimasi senza fiato. Non potevo credere che mio figlio fosse sterile. Quelle parole mi fecero immaginare un frutto senza semi. Fui preso dallo sconforto.
Mio figlio sterile? Quindi non avrei mai avuto la gioia di stringere un nipotino?
In quel momento le mani di Debora afferrarono le mie. Lei aveva colto quel momento di smarrimento e, come sua abitudine, sensibile e capace di cogliere le situazioni impreviste, aveva reagito con uno slancio di generosità verso di me.

“Ma vi siete sottoposti ad un esame clinico?
“In un certo senso si!
“Spiegati?
“Mi sono rivolto ad un amico ginecologo il quale, dopo avermi visitato attentamente, ha detto che era tutto perfettamente in regola, che le mie ovulazioni erano regolari, che potevo restare incinta senza problemi. Mi fece capire che il problema veniva da Massimo.
“Quindi?
“Ho chiesto a Massimo di sottoporsi agli stessi esami!
“Allora?
“Lui ancora non lo sa! Ma il mio amico mi ha telefonato ieri, ha riferito che Massimo non potrà mai mettermi incinta! Il suo liquido seminale è privo di spermatozoo! Quindi ha precluso anche la possibilità di un’eventuale inseminazione artificiale!

Restai basito. Quelle parole mi colpirono profondamente. Poi con lo sguardo disperato, quasi in lacrime:

“Hai intenzione di dirlo a Massimo!
“No!
“E come intendi gestire la situazione? Primo o poi lui dovrà saperlo! Mi sembra corretto verso di lui! Potreste ricorrere ad una adozione?
“Non se ne parla! Massimo è orgoglioso! Vuole un figlio suo! Papà io lo amo tantissimo! Ho paura di ferirlo profondamente! E poi temo le sue reazioni! Credo che si sentirebbe un uomo a metà!
“E cosa vorresti fare? Un’inseminazione artificiale?
“In un certo senso si! Ma non con uno sconosciuto!

Le ultime parole le pronunciò con un certo imbarazzo, fissandomi intensamente negli occhi.

“Hai pensato a me?
“Si papà! Massimo è tuo figlio! Ha il tuo DNA nel suo codice genetico! Quindi mi sembra naturale che un’eventuale inseminazione da parte tua sarebbe ideale!

Ero completamente turbato. Non sapevo come avvenisse l’inseminazione artificiale. Mi venne in mente la cosa più scabrosa che potessi pensare. Immaginai di fare sesso con Debora ed arrossì come un adolescente, in preda alla vergogna.

“Che.. che cosa debbo fare? Dio mio nooooo Debara.. è immorale quello che mi stai chiedendo! E’ immorale!
“Papà cosa hai capito! Ahahahah scusa se rido! L’inseminazione avverrà con l’aiuto del nostro amico ginecologo! Ho già discusso della questione con lui, è d'accordo! ci dobbiamo sentire per fissare un appuntamento, sempre se darai il tuo consenso!
“Mi vergogno! Ma se tu mi dici che la cosa è necessaria per il bene di Massimo! Va bene farò quello che vorrai tu!
“Papà grazie! Ricordati dovrà restare un segreto! Tra me e te! Nessuno dovrà saperlo!

Quel giorno ci lasciammo con quell’accordo scellerato.
Mi sentii in colpa per aver immaginato cose turpi.
Sentivo un senso di colpa soprattutto verso mio figlio Massimo, con cui avevo avuto sempre un rapporto improntato alla massima lealtà.
Ma la vergogna maggiore che provai fu che in quei pochi minuti di conversazione la sua richiesta mi aveva turbato i sensi.
Trovai del tutto innaturale sentire il mio cazzo diventare duro.
Per la prima volta pensai a Debora come ad una donna.

Nei giorni successivi non riuscivo più ad essere sereno in sua presenza. Ogni voltae che la incontravo la sentivo molto vicina intimamente e iniziai a notare particolari che in passato mi erano sfuggiti. La bocca carnosa mi parve molto sensuale e quando parlava e si muoveva mi destava un forte desiderio di baciarla.
Il suo petto borioso mi appariva più generoso del solito e, dulcis in fundo, cominciai ad apprezzare il suo magnifico culo, che attirava il mio sguardo facendomi sentire meschino per i pensieri libidinosi che ispirava.

Alcuni giorni dopo Debora mi chiamò sul cellulare.
Restai ammutolito per la notizia sconcertante che mi stava riferendo.
Il suo amico dottore era morto in un incidente stradale.
Dopo averla confortata dall’angoscia, le dissi che la cosa poteva essere risolta con un altro dottore.
Debora rispose che non era possibile.

“Perché non è possibile?
“Papà era un accordo segreto tra me e il dottore! Nessun altro sapeva!
“Dove è il problema? Cerchiamone un altro?
“C’è un grosso problema!
“Quale?
“Sei troppo anziano per essere donatore di sperma! Inoltre non ti accetterebbero mai perché sei mio suocero. Il mio amico lo avrebbe fatto all’insaputa dell’ospedale! Una cosa informale non so se mi spiego!
“Ho capito! Allora non ti resta che rivolgerti ad una struttura ufficiale?
“Papà non voglio essere ingravidata da uno sconosciuto! Voglio evitare l’ufficialità! Massimo deve credere che il figlio sia suo! Suo figlio dovrà avere gli stessi geni di suo padre!
“E come facciamo allora?
“Esiste una sola possibilità papà!

Guardai il cellulare perplesso. Cribbio stavo parlando con mia nuora? Avevo intuito il senso di quella frase. Ero sconvolto. Il corpo mi tremava come un tamburo percosso da mille bastoni.
Fu Debora a rompere il silenzio.

“Papà ci sei? Hai capito di cosa sto parlando?
“Si ho capito! E mi sembra una mostruosità! Solo a pensarci mi viene un senso di nausea!
“Papà! Ti capisco! Ci ho riflettuto a lungo! Solo tu poi aiutarmi! Ho bisogni di te! Dobbiamo affrontare il problema con mente razionale! Ti prego pensaci perché non ci sono alternative! Attendo una tua risposta! Un abbraccio!

In silenzio soppesavo il cellulare, brandendolo come un oggetto pericoloso.
In sostanza mia nuora mi aveva proposto di scopare con lei.
Solo il pensiero di quello che avrei dovuto fare con lei mi rivoltava le budella.
In sostanza avrei dovuto tradire la fiducia di Massimo!
Ero un uomo dai sani principi morali. In tutta la mia vita non avevo mai tradito mia moglie.
Debora mi aveva proposto un incesto, solo a pensarci mi sconvolgeva la mente.

Tuttavia, mi pareva di udire un eco lontano, che mi arrivava vigoroso in tutta la sua forza prorompente.
In cuor mio l’offerta di Debora mi affascinava.
Per certi aspetti lo avevo anche sperato.
Ora di fronte alla possibilità di realizzare quel desiderio insano ero terrorizzato, anche se quella possibilità, alcuni giorni primi, mi aveva dato una piacevole aspettativa.
Un conto è pensare un peccato, un conto è commetterlo.
Che fare? Accettare? Mi sentivo contratto, come se una morsa infernale mi stesse stritolando.

Il giorno seguente chiamai Debora, con il cuore che batteva a mille e i sensi alterati dalla forte emozione, le dissi che accettavo la sua proposta, sperando nel perdono divino.
Attendevo da lei una risposta, e un programma di massima su come doveva accadere.
Le chiesi se era possibile evitare qualsiasi situazione imbarazzante, soprattutto di cercare, per quanto possibile, di mantenere una atteggiamento neutrale e un distacco emotivo, di porre in essere tutti quegli accorgimenti che evitassero una coinvolgimento dei sensi. Una cosa veloce e senza preliminari.

Accettai, nonostante la consapevolezza della difficoltà a rispettare quei limiti, in considerazione che erano le nostre intimità a congiungersi e certamente sarebbe stato arduo non valicarli.

La sera stessa il mio cellulare suonò. Era Debora. Come un ladro beccato in flagrante, guardai mia moglie che mi fissava incuriosita.

“Bè! Non rispondi?
“Certamente! E’ quel rompiballe di Luigi!

Fu la prima volta che mentivo a Carla. Mi precipitai in giardino, con il cuore pulsante, come un adolescente che trepidava in attesa di un appuntamento con la sua amata.

“Pronto? Debora?
“Si papà! Domani mattina dovresti venire qui! Massimo è via tutto il giorno! Sono nel periodo fecondo! Papà mi raccomando! stasera evita di farlo con la mamma! Lo sperma deve essere ricco di spermatozooo!
“Va bene tesoro! A domani!

Quella frase suonava come una condanna a morte.
Debora non tradiva alcun’emozione. La sua determinazione era sorprendente.
Si stava dimostrando una donna forte, che esprimeva una volontà ferrea, senza indugi.
Nelle sue parole non si coglieva il benché minimo imbarazzo, nonostante si stesse preparando a tradire la fiducia di suo marito.
Forse lo scopo insito in quel gesto l’aveva resa coraggiosa, ritenendolo nobile e giusto. Sembrava una sorta di moderna eroina, una Giovanna D’Arco che si immolava al sacrificio estremo per il bene del suo grande amore.

Tuttavia, anche da perte mia c'era il deiderio di cercare una giustificazione a quella turpe azione, per renderla meno grave alla mia anima e per lenire quel senso di colpa che mi stava pesando come una montagna.

La mattina seguente, verso le dieci circa, mi presentai a casa di mio figlio. La porta si aprì e apparve Debora. Indossava un accappatoio di spugna, corto, che le lasciava scoperte le gambe, robuste ed affusolate. Ben disegnate dalle caviglie e alle ginocchia.

“Buongiorno papà!
“Ciao Debora!

Aveva difficoltà a guardarmi negli occhi.
In un silenzio totale si udirono gli scatti della serratura che si chiudeva, due suoni secchi in rapida successione.
Poi, senza proferire parole, mi fece segno di seguirla nella camera da letto.
Giunta davanti al letto si aprì l’accappatoio e lo sfilò adagiandolo sul bordo.
Appena la vidi nuda provai un senso di vertigini. I lungi capelli rossi arrivavano a metà schiena, appena sotto si intravedeva il culo, borioso e rotondo, ostentato in tutta la sua conturbante bellezza.
L’incavo dello scoscio, tra cui si intravedevano le labbra della figa color rosa, aggredirono la mia mente, facendomi vibrare come le corde di un violino.
Si girò verso di me. Il suo viso era tirato, un velo di imbarazzo le copriva le gote, esaltato da un rosso intenso. Poi si sedette sul letto con le gambe aperte e poggiate a terra, infine si distese con la schiena sul materasso.
La sua figa, coperta da pelo raso e rosso, si stagliò davanti al mio sguardo colpendomi come una saetta. Le labbra esterne carnose racchiudevano quelle interne, frastagliate come la cresta di un gallo, e sulla sommità si notava il clitoride, molto pronunciato.

Nonostante che cercassi di mantenere un atteggiamento neutrale, un desiderio morboso mi colse facendomi tremare il corpo.
Il cazzo ebbe un sussulto impetuoso irrigidendosi come un obelisco di marmo. Lo sentivo pulsante e pronto ad invadere quella nicchia di piacere. Mi venne una gran voglia di affondare la bocca in quella valle florida e di leccarla tutta, fino ai capezzoli dei seni.
Avrei voluto buttarmi su quel dolce succoso e appetitoso, sbranandolo con una ferocia inaudita.

Quello che temetti successo.
Dimenticai il motivo per il quale ero lì ed iniziai a fissare quel corpo adagiato dolcemente sul letto, con cupidigia, compiacendomi di vederlo completamente disponibile a ricevermi dentro di se.
Quel pensiero mi diede un impulso libidinoso immenso ed una morbosità che stentavo a controllare.

Mi abbassai i pantaloni e le mutande, rimanendo mezzo vestito per un senso di pudore e di rispetto verso di lei, poi mi inginocchiai tra le sue cosce spalancate brandendo nella mano destra un cazzo voglioso di entrare dentro quel tabernacolo di piacere.
Avrei voluto leccarla e stimolarla in ogni parte prima di penetrarla, ma le circostanze non lo permettevano, dovevo solo entrare e muovermi dentro di lei, soffocando qualsiasi sensazione di godimento.
L’unico consentito era l’orgasmo estremo, quello che avrebbe dovuto impregnarla del mio seme.

Avvicinai la punta del cazzo alla sua figa, spingendo la cappella tra le fenditure delle labbra fino a quando non le vidi cedere alla mia spinta.
In quegli istanti percepì dei lievi singulti di Debora. Notai che stava fissando un punto impreciso dell’armadio. Anche lei stava reprimendo le sensazioni di piacere che il mio cazzo le stava provocando, mentre strusciava tra le labbra incerca dell’ingresso della figa.

La vagina infine si stava aprendo, favorita dagli umori che aveva secreto abbondantemente durante lo strusciamento della cappella tra le piccole labbra.
Ad un tratto il grosso bulbo scivolò dentro le piccole labbra venendo fagocitata interamente dentro quel caldissimo forno. Ora non mi restava che dare la spinta finale e infilare dentro quella fucina infernale il resto del cazzo.
Azione che feci subito. Un colpo secco dell’anca, possente, profondo, e subito mi trovai a lambire il suo pube con il mio inguine.

Debora non ce la fece a trattenere l’urlo di piacere. E nel momento in cui mi trovai dentro di lei, fino alla base dei coglioni:

“MMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMM OOOOOOO

Era troppo per me. Mi era impossibile restare inerte in quella situazione infernale, con il cazzo ficcato dentro la figa bollente di quella donna meravigliosa.
Un po’ alla volta cominciai a spingere con maggiore forza.
Il mio cazzo sprofondava nella sua figa con una frequenza veloce e continua, inizialmente in modo convulso, poi con un ritmo più regolare.

Debora, nonostante si sforzasse a controllare i propri sensi, iniziò ad agitarsi, dimostrando di non riuscire più a contenere il piacere che il mio cazzo le stava dando.
Il suo corpo prese a muoversi verso di me, cercando gli affondi; accogliendo il mio cazzo nel fondo della sua figa, fino a toccare con la punta la bocca dell’utero.

Mentre la scopavo le accarezzavo le cosce, il culo il ventre.
Alla fine vinto dal desiderio estremo, allungai le mani e le afferrai le tette, stringendole con tutta la forza che avevo in corpo. Fu allora che incrociai lo sguardo di Debora, era sconvolto dal piacere. Mi fissava con le labbra della bocca morse dai denti. Stava godendo come una cagna.

Le labbra carnose e rosse della sua bocca erano una tentazione impossibile da resistere. Fu così che mi allungai sopra di lei cercando la sua bocca. Lei non si sottrasse, e afferrandomi la testa affondò la sua bocca  nella mia, facendo danzare la lingua.

“Siiiiiiiiiiiiiiiii papaa scopamiiiiiiiiiiiiii mmmi fai impazzire.,.. daiiiiiiiiiiiiii scopamiiiiiiiii

Si era liberata dal blocco psicologico che la frenava in modo innaturale, liberando gli istinti sessuali che aveva cercado di reprimere. No lo aveva previsto. Ma averlo scoperto mi dava una gioia incontenibile.

"O papaaaaaaaaaa mi stai facendo impazzireeeeeeeeee mmmmm non ho mai goduto così…
“Mmmmmmmmmmm tesoro… la tua figaaaaaaaa mmmm è bollente come un fornooooooo to to to
“Si spaccami la figaaaaaaaaa mmmmm mi piaceeeeeeeeeeeemmmm
“Girati! Mettiti sul tappeto in ginocchio ti voglio scopare a pecorinaaaaaaa mmmmm

Cambiò posizione, e in un lampo le ero sopra, mentre la stavo scopando da dietro. I coglioni sbattevano contro il suo pube ad un ritmo folle.

MMMMMMMMMMMMMMm Sto sborrandooooooooooooo
Siiiiiiiiii inondamiiiiiii la figaaaaaaaaaaaa mmmm oddiooo mmm sto godendoooooo è pazzescoooo mmmm

In quegli attimi di follia dei sensi, l’afferrai dai fianchi e cominciai a spingere dentro di lei, fino in fondo, fino al delirio finale quando i coglioni si sfogarono riempiendole la figa di sborra, poi continuai a ficcare fino a quando il cazzo non si afflosciò dentro di lei.

Nessuno dei due aveva il coraggio di parlare. Ma appena ci riprendemmo dalla fatiche iniziammo nuovamente a scopare, stavolta con i preliminari, con baci, carezze e un sublime sessantanove.

Stavolta ero cosciente della sua volontà lasciva, quindi la scopavo con maggiore enfasi e partecipazione emotiva, ma con la consapevolezza di volere godere ogni istante del suo magnifico corpo, a prescindere dalla scopo per cui eravamo arrivati a quella soluzione. Lo facemmo in tutte le posizioni che la mente sconvolta dal desiderio ci suggeriva.
Ebbi anche il privilegio di rompergli il culo, felice di essere stato il primo a godere di quel meraviglioso dono.

Debora rimase incinta una, due e tre volte. Poi prendemmo le dovute precauzioni, per evitare di dovere far nascere una tribù.

E tutti vissero felici e contenti. Così va la vita.

Guzzon59 ( Claudiogusson@ymail.com )

sabato 7 aprile 2012

L'inaugurazione


Eventi imprevedibili possono far incrociare la vita di due persone, distanti tra loro anni luce, coinvolgendoli in una spirale di emozioni... buona lettura.

I lavori per la costruzione del grande centro commerciale erano terminati da circa un anno.
Nel giro di pochi mesi i vari locali furono tutti occupati dalle diverse attività commerciali.
Dal supermercato alimentare, a quello dell’abbigliamento, di elettronica, boutique, edicole, bar, e persino un ristorante self-service. Insomma c’era pane per tutti denti.
Da mesi fervevano i preparativi per l’inaugurazione in pompa magna, con tanto di taglio del nastro ed intervento dei politici locali.
La mia banca aveva aperto un’agenzia all’interno, e pertanto, essendo stato nominato direttore responsabile, come rappresentante dell’istituto di credito fui invitato a partecipare al grande avvenimento.
Finalmente arrivò il giorno di apertura ufficiale del centro commerciale.
Tutti i partecipanti invitati, ed i curiosi, si erano riuniti nel grande parcheggio e nei pressi dell’ingresso ultra automatizzato del centro.
Mentre attendevo quasi annoiato il fatidico momento del taglio del nastro, il cellulare, che era stato impostato in modalità silenziosa, cominciò a vibrare nella tasca della giacca.
Era mia moglie. M’informava che nostro figlio Carlo aveva avuto in incidente stradale. In quel momento si trovava al pronto soccorso dell’ospedale.
Chiamai il direttore generale e gli dissi che avevo dei problemi familiari e che dovevo correre urgentemente a casa.
Lui mi rassicurò e mi disse che avrebbe rimediato con la sostituzione di un altro funzionario.
Lentamente, facendomi strada tra la ressa, riuscì ad arrivare ai parcheggi destinati alle auto delle autorità.
In venti minuti, con molta angoscia nel cuore, arrivai al pronto soccorso e, dopo aver preso informazioni dal posto di accoglienza del nosocomio, raggiunsi la saletta dove si trovava Carlo:

“Ciao Pà!

Ero ancora agitato dall’angoscia, per cui stentavo a respirare per mancanza di aria. Dopo, come per liberarmi da un peso, urlai:

“Cristo! Mi hai fatto prendere una paura terribile! Come stai?
“Sto bene pà! Credo di aver una leggera contrattura alla spalla destra! Forse, Fabio ha avuto la peggio!

Fabio era il marito di mia figlia Valentina, erano sposati da circa un mese.
Il lieto evento è stato tale solo per lei, mentre a me non ha fatto molto piacere, perché il ragazzo, pur possedendo una qualifica nel settore dell’informatica, era senza un lavoro e campava sulle spalle di mia figlia.
Valentina è una ragazza intelligente e piena d’iniziativa. Lavorava anche lei in un istituto bancario, il nostra, e precisamente presso la sede centrale.

“Fabio? Era con te?
“Si!
“Adesso dove?
“Lo stanno visitando, forse dovrà passare anche una T.A.C, per via della commozione!
“Perché era con te?
“La sua auto è rimasta in panne, per non disturbare Valentina, mi ha chiamato sul cellulare chiedendomi se potevo passare a prenderlo, per accompagnarlo urgentemente al Centro Commerciale! Papà, mi raccomando non dire nulla a Valentina! L'ha chiesto Fabio, in un momento di lucidità, ha detto di aspettare la fine degli accertamenti clinici!
“Ma allora è grave?
“No! Non mi è sembrato, era un po’ stordito ma intero!
“Com’è successo?
“All’incrocio di passo S. Giovanni! un camioncino non si è fermato allo stop e ci è venuto addosso! La macchina è completamente distrutta!
“Chi se ne frega della macchina! L’importante è aver salvato la pelle!
“Adesso vado ad informarmi sulle condizioni di Fabio!
“Aspetta papà, c’è un problema!
“ancora!
“Lo sai perché Fabio stava correndo al Centro Commerciale?
“Penso per l’inaugurazione!
“Si, non solo, ma era anche il suo primo giorno di lavoro!
“Veramente? Porca miseria che sfiga! Comunque non ci sono problemi, conosco bene i dirigenti del Centro, penso che potrò aiutarlo! In quale negozio doveva iniziare a lavorare? Forse in quello d’informatica?
“No! Aveva un contratto con un’azienda tedesca. Fabio doveva partecipare come esperto nel negozio d’informatica, per presentare i prodotti della ditta Tedesca!
“Un rappresentante insomma!
“Si!
“Be! Dove il problema?
“Il problema è, che doveva indossare un costume di un orso, la mascotte dell’azienda!
“Ma stai scherzando! E’ possibile che uno si deve mascherare da pagliaccio per poter lavorare!
“Si, trovo che è molto imbarazzante, me credo che lui, invece, la trovasse un ottima idea!
“Certo che le persone non si conoscono mai abbastanza! E allora?
“Se non si presenta perde anche quest’opportunità!
“Be, penso che ormai non ci sia più niente da fare! Forse, capiranno la situazione!
“E un posto di rappresentante e la concorrenza è spietata! E lui ci teneva a questo incarico! Teme che potrebbero sostituirlo con un altro!
“Pazienza! È ancora giovane! L’importante è aver salvato la pelle! Non credi?
“Per lui invece è una tragedia! Ha paura del giudizio di Valentina! Se perde anche questa opportunità ha timore di perdere la sua stima!
“Cristo! È la vita!
“Possiamo aiutarlo!
“Come! Facendolo scappare dall’ospedale?
“Non c’è bisogno! La vedi quella scatola!
“Si!
“Li dentro c’è il costume dell’orso! C’è anche il copione di quello che si deve fare e dire, scritto in tedesco ed italiano!
“La vedo!
“Papà, sei alto quanto Fabio vero?
“Si! più o meno abbiamo la stessa statura! Noooo! Non se ne parla nemmeno! Sei pazzo!
“Papà! C’è in gioco anche la serenità di Valentina!
“Ma porca miseria! Ti rendi conto! Nella mia posizione! Ma è ridicolo!
“Sarai completamente mascherato e nessuno potrà identificarti!

Carlo, dopo un’accesa e lunga discussione, riuscì a convincermi a fare quella pazzia.
Così animato di un senso estremo di vergogna, presi la scatola e ritornai al centro commerciale.
I nastri erano già stati tagliati e la gente si era precitata in massa all’interno del centro, attirati dal ricco bouffe.
Cercando di evitare le persone che mi conoscevano raggiunsi la sede dell’agenzia della banca e, con discrezione, entrai dentro. Mi cambiai in fretta nel mio ufficio.
Mi sentivo ridicolo, con quel costumo da orso yoghi addosso.
Ripassai velocemente il copione e quando fui pronto, uscii dai locali della banca, senza farmi notare, e mi avviai velocemente nel corridoio, facendomi strada tra la folla.
I bambini, appena mi notarono, si precipitarono tutti attorno a me, aspettando che io facessi chissà che cosa.
Be, non ci crederete, ma, lì per li, m’inventai qualche capriola, facendo il solletico ai più piccoli, poi, come uno slalomista, riuscii a divincolarmi e, tra mille peripezie, a raggiungere finalmente il negozio di informatica.
Un signore, con un forte accento “tedesco”, mi aspettava all’ingresso del negozio di elettronica.
Afferrandomi da una zampa disse di sbrigarmi che ero già molto in ritardo.
Mi trascinò fino allo stand, quindi feci mente locale degli apparecchi elettronici esposti.
Mi diedi subito da fare, impegnandomi al meglio per attirare le attenzioni dei passanti.

Quel maledetto costume era veramente pesante da portare, così per calmare i bollori del caldo che suscitava, bevevo come un cammello.
Dopo circa un’ora di quell’intensa terapia d’acqua sentii la vescica che cominciava a pungolarmi. Alla fine, quando il bisogno fisiologico divenne impellente e non più sopportabile, dissi al Tedesco che mi sarei allontanato un attimo per andar al bagno.
Dopo aver soddisfatto l’impegno fisiologico, e mentre stavo ritornando al negozio di informatica, lungo il corridoio, incontrai la persona che mai in quel momento mi sarei aspettato di vedere.
Il sangue si gelò letteralmente nelle vene.
Mentre cercai di trovare una via d’uscita la sua voce mi investi in pieno ed il mio imbarazzo ritorno nuovamente a padroneggiare nei miei pensieri.

“Fabio! Accidenti! Sei un figo vestito così! Aspetta! ti faccio una foto!

Cristo, Mia figlia Valentina! Ma che accidenti ci faceva lì?
Spinta dall’entusiasmo mi abbracciò stringendomi forte a lei. In quei pochi istanti potei percepire la forza del suo corpo.

Quasi sussurrando:

“Alza la maschera! Ti voglio baciare!
“No! adesso no ti prego!
“Certo che la tua voce è irriconoscibile!
“Ma che ci fai qui?
“Sostituisco papà! Ha avuto un impegno improvviso; così il grande capo ha incaricato me a rappresentare i colori dell’azienda!

Accidenti a lui, non avevo considerato quella possibilità. Mi sentivo in trappola. Il costume cominciò veramente a farsi sempre più stretto, o forse erano le mie angosce ed il fardello di quegli istanti imbarazzanti. Volevo dirle la verità, pensai a Carlo, che si era preoccupato di non farlo. Pensai che non fosse opportuno dirglielo, si sarebbe agitata troppo, meglio aspettare che le cose migliorassero. Così, anche di fronte a lei dovetti fingere di essere Fabio.

“Fabio, non ti riconosco più, non mi hai ancora toccata, lo sai quanto mi piace sentire le tua mani o le tue zampe sul culetto!
“Ma sei impazzita! Qui! Di fronte a tutti!
“Be! sei mio marito! Che c’è di male!

Così dicendo si strinse ancora di più verso di me e, con mossa rapida, afferrò l’intero pacco.

“Cazzo! Ma che fai!
“Come? Non mi dire che non ti piace?
“Si! Ma non qui! Insomma! Davanti a tutti! Ci sono anche i bambini!

Scoppiò a ridere, poi fissandomi nelle fessure della maschera,

“Si! hai ragione, ho una idea magnifica! La situazione è molto intrigante! Sono eccitata! Seguimi bestia!
“No! Non pos…

Non feci in tempo ad oppormi che a quell’uragano mi afferrò una zampa, trascinandomi con la forza dietro di lei.
Le persone che ci stavano guardando dovettero trovare strano vedere una ragazza, vestita elegantemente, con tacchi alti, trascinarsi un orso, malridotto, che con difficoltà riusciva appena a tenere il suo passo.

Si fermò davanti all’ingresso dell’agenzia della banca, poi dalla borsa estrasse un mazzo di chiavi e con una aprì la porta d’ingresso.
Con la stessa forza di prima, tenendomi saldamente da una zampa, mi spinse dentro.
Appena la porta si chiuse alle mie spalle, mi sbatté contro il muro cercando di togliermi il costume.

“No! Non posso! Lo sai sto lavorando! Quel tedesco! Se faccio tardi mi licenzia!
“Si hai ragione! La cosa mi piace! rimani mascherato! Così ho l’impressione di essere Bella con la sua Bestia! Ora guardami!

Si allontanò da me e si appoggiò con il culo sulla scrivania, poi fissandomi intensamente, cominciò a sbottonarsi la camicetta di raso nera.

“Val.. che cosa… noo… non possiamoo!
“SSS.. guardami! Lo so che ti piace vedermi spogliare!

La camicetta volò sul pavimento lasciandola in reggiseno. Ora davanti ai miei occhi apparve una Valentina diversa.
Madonna santissima. Dovevo dirgli di fermarsi. Dovevo dirgli chi ero.
Eppure non avevo la forza di reagire e mi sentivo paralizzato dall’imbarazzo, che bloccava qualsiasi iniziativa ed il respiro.
Quella situazione assurda, tuttavia, cominciò a suscitarmi delle strane sensazioni.

“Ora arriva il pezzo forte! Questa era la sorpresa che ti avevo preparato per questa sera!

Sbottonò la gonna, che spinta dalla sola forza di gravità scivolò lungo le gamb, accartocciandosi attorno alle caviglie.

Mamma santissima!
Lo scenario che si presentò davanti ai miei occhi era di quelli che, in caso di patologie coronarie,  avrebbe certamente provocato un infarto.

Valentina indossava superbe reggicalze nere, e con l’aggiunta dei tacchi a spillo, la rendevano un immagina dannatamente eccitante, degna delle modelle di Playboy.
Davanti a quello spettacolo smisi di vedere mia figlia asessuata, e cominciai a notare le fattezze di una donna di straordinaria sensualità. Per la prima volta mi resi conto di quanto fosse bella e provocante.
Si sedette sulla scrivania e divaricò le gambe lasciando vedere lo scoscio, con le mutandine nere che si perdevano tra i candidi glutei rotondi.

Non potei impedire al cazzo di reagire di fronte al suo naturale nutrimento, alla fine mi trovai in preda al dilemma, da una parte l’istinto animale che non chiedeva altro di soddisfare le proprie attitudine sessuali e dall’altra la ragione che in quei pochi sprazzi di lucidità mi ricordava chi ero e chi fosse la donna che avevo di fronte.

Valentina, dopo essersi massaggiato lo scoscio, spostò di lato l’orlo delle mutandine mostrando una figa straordinaria. Due grosse labbra divise da quelle interne, leggermente sporgenti e convergenti in alto verso il clitoride, il tutto sormontato da una peluria riccia e nera.
Rimasi letteralmente a bocca aperta, e, a vederla con le gambe spalancate, vestita in una lingeria da paura, avvertii una scossa tremenda lungo la spina dorsale, quello fu il segnale che avevo perso definitivamente qualsiasi freno inibitorio.
Non vidi altro che un gran pezzo di figa che anelava ad essere scopata selvaggiamente, ed io in quell‘istante ero il rimedio.

“Dai! Cosa aspetti! Non ti piaccio più!

Cosa? Mi piaceva! cristo se mi piaceva!
La guardai ancora una volta, e poi feci quello che il destino aveva deciso per me. Mi inginocchiai tra le sue cosce, mi alzai la maschera, scoprendo solo la bocca, quindi iniziai a leccare quella fonte di piacere, inebriando le labbra dei suoi umori e affogando definitivamente la ragione per soddisfare gli impulsi bestiali cari alla perversione e alla libidine.

“MMM… Che enfasi… Diooo… non ti ricordavo così bravooo.. mmm

Mentre le raspavo ingordo la figa, mi aveva afferrato le orecchie dell’orso per tenermi il più possibile stretta a lei.

“Caz…mmmm… sei magnificoooo.. ho l’impressione di essere presa da un animale….Anche io voglio succhiarti il cazzoo

La stanza era illuminata da una lampada posta in un angolo dell’ufficio, quindi mi spostai cercando di avere sempre la luce alle mie spalle.
Quando mi sdraiai sulla scrivania, Valentina, aprendomi il costume, armeggiò alcuni secondi tra le mutande, alla fine estrasse lo strumento che l’aveva messa la mondo.
Era super eccitata, quando si sdraiò anche lei sopra di me, per unirsi in un superbo 69, fusi in una simbiosi perfetta, fatta da un sublime cunnlingus e un magnifico pompino.

In quei momenti il cuore batteva come se fosse in preda alla pazzia. Il corpo stimolato al massimo, fremeva sotto il tocco sublime della sua bocca calda che scivolava lentamente lungo le pareti del cazzo, soffermandosi, alcune volte a leccare i particolari della cappella ed i coglioni.
Davanti ai miei occhi il paradiso celeste era cosa da niente rispetto al suo magnifico culo rotondo e candido, con la pelle bianca delle gambe esaltata superbamente dal nero delle calze, scena che stimolava la mia libidine più estrema e rendevano quella visione magica ed unica.

“Il tuo cazzoo…mmm

Oddio, ci siamo!. Ha capito che non sono Fabio!

“Oggi lo trovo più duro del solito… mi piace.. vuol dire che sei eccitato un casino… porcello, ti piaccio come sono vestita?
“MMMmmm siiiiiiiiiiii!
“Siiii.. dio quanto sei bravo a leccare! Non resisto piùùù scopamiii! Adesso…

Così dicendo, Valentina si alzò in piedi, sulla scrivania, quindi si abbassò con il bacino in corrispondenza del mio grembo, fino a far collimare la figa contro la punta del cazzo.
Mi afferrò il pene e tenendolo dritto, puntò la cappella grossa e rotonda tra le labbra delle figa, infine si lasciò vincere dalla forza di gravita, impalandosi sul nerbo fino alla base dei coglioni.

Quel contatto rovente come una fornace, mi diede subito una forte scarica di adrenalina alla schiena, che inarcai per dare a mia volta una spinta maggiore alla penetrazione.
Valentina, cogliendo il mio movimento, in perfetta sinergia, cominciò a muoversi come se stesse cavalcando un destriero.

MMMM, dioooo, goodooo…

Era il lamento di una cavalla che si stava nutrendo del sublime nerbo del suo stallone.
Godeva e si muoveva a un ritmo sempre più veloce.
Ogni tanto abbassava il capo per baciarmi. In quei momenti, facendo attenzione a non mostrare il volto, tenevo scoperta solo la bocca.
Valentina doveva avere la mente sconvolta dai piaceri intensi suscitati da quella scopata, per non accorgersi della differenza tra la mia bocca e quella di Fabio.
In quegli istanti mi presi anche la soddisfazione di impastare le sue magnifiche tette, sode e boriose.
Ogni tanto lei si abbassava invitandomi a succhiare i capezzoli turgidi e rotondi come ciliegie.
Dopo alcuni minuti si alzò e riprese nuovamente a succhiarmi il cazzo.
Io intanto ero seduto sulla scrivania, e lei, inginocchiata tra le mie zampe, continuava, senza mostrare segni di cedimento, a succhiare avida la fava. Sembrava un demone dell’inferno.

Dopo avermi lavorato per bene il cazzo, si misi a gattonare sulla moquette.
Mostrandomi uno spettacolo superbo, il più bello che avessi mai visto in tutta la mia vita.
Si era messa a pecorina e mi invitava con lo sguardo a prenderla da dietro.
Sembrava una Playmate. Bellissima. Il culo di Valentina esposto in quella posizione era di una spettacolarità unica, aggrediva i sensi fino alla radice, tale da pormi a rischio di infarto.
Quindi, in preda alla più bassa lussuria, e bramando quel corpo fantastico, senza alcun indugio, mi inginocchiai dietro di lei, e strusciando la grossa cappella tra le fenditure della figa, la penetrai profondamente, fino a scomparire completamente dentro di lei.

Cominciai a muovermi, mentre mi compiacevo ad accarezzare quel culo da favola.
Una volta preso il ritmo giusto, iniziai ad assestare dei colpi profondi e sempre più veloci, e lei, dimostrando di gradire il mio impeto di stallone, ansimava con singulti strozzati con le labbra tra i denti.

“Fabiooo… sei magnificooo…mi stai facendo impazzire …mmmm ooo

Avrei voluto urlare dal piacere, dirle che era bellissima, dirle chi ero, ma la prudenza mi consigliò di limitare le parole, possibilmente camuffate dalla maschera.

In quel turbinio di estasi estrema, ci eravamo avvinghiati sul pavimento, e con desiderio reciproco, abbiamo scopato in tutte le posizioni possibili ed immaginabile, di sopra, di sotto, di fianco.
Alla fine di quella maratone di sesso, giunsi al culmine del piacere. I coglioni bramavano il loro urlo di vittoria, quindi tenendole le gambe spalancate al massimo ed appoggiate alle mie spalle, mentre io ero allungato completamente sopra di lei, con le mani saldamente poste sul pavimento, cominciai a dare gli ultimi affondi, con una potenza tale da provocare un canto simile a quello delle sirene di scilla e cariddi:

OOO. Fabioo… mmmm, sei magnificooooo, oooo

La figa sembrava scossa da un terremoto. Avvertivo gli spasmi che le contorcevano le pareti vaginali, come una spirale di un uragano. Era in pieno orgasmo.
In quegli istanti lei, seppure in preda al delirio del godimento, cogliendo gli ultimi ruggiti dell’orso, si afferrò alle spalle gridandomi:

“Vienniii dentrooo mmmm mmmm

Mi lasciai andare sopra di lei, abbracciandola, poi spinsi il bacino verso l’interno cosce e, tenendola dalla natiche, con il cazzo profondamente ficcato dentro di lei, sfogai tutta la potenza che si era concentrata nei coglioni ed esplosi in una poderosa sborrata che gli inondò l‘utero.

Gridammo all’unisono:

Tooo, mmmmmmmmmm hoooo.

IL tempo di riprendermi, senza darle la possibilità di replicare.

“Cazzo il tedesco… devo correre…
“Aspetta… devo dirti una cosa…
Oddio no!
“Sei stato magnifico! Stasera voglio il bis!

Mi alzai e corsi verso l’ingresso, dopo aver guadagnato l’uscita, mi prese nuovamente una sensazione di angoscia.

Come reagirà, quando scoprirà la verità?


Guzzon59 (claudiogusson@ymail.com)