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domenica 18 dicembre 2011

La sposa


Mi chiamo Vittorio, ho 59 anni,  vivo in un piccolo paese di campagna. Ho praticato per molti anni la professione di architetto, creandomi una situazione economica dignitosa.
Sono sposato con Roberta, una splendida donna di quarantatre anni, che invecchiando è migliorata come il vino, sia nell’aspetto che nel talento per il cazzo. La cosa curiosa è che oltre ad essere mia moglie è anche mia figlia.
Chiaramente lei ignora la verità. Dalla nostra unione sono nate due splendide fanciulle, Alessia di anni 21 e Ilaria di anni 18.

Adesso vi spiego l’arcano mistero.
 
Nell’anno 1965, all’età di quindici anni frequentavo il secondo ginnasio, all’epoca ebbi una relazione amorosa con una mia compagna di scuola, Cinzia.

Una domenica pomeriggio, quando i nostri genitori ci lasciarono soli in casa per andare alla sagra del paese, ci chiudemmo in camera da letto ed iniziammo a toccarci per finire poi sul lettone matrimoniale a scopare come ricci.
La storia durò per circa un mese, perché, Cinzia, nel frattempo, si era invaghita di un militare di leva dandomi il benservito.
Quando il militare di leva sparì dalla circolazione, lasciò Cinzia con un grosso regalo.

La gravidanza evidente, divenne di dominio pubblico, del resto il pancione era oramai visibile, ed il pettegolezzo del paese mormorava che Cinzia fosse rimasta incinta per colpa di un soldato, di cui non si conosceva ne il nome e ne la provenienza.

Una fredda mattina di dicembre trovai Cinzia che mi aspetta alla fermata dell’autobus.
Mi affrontò dicendomi che doveva parlarmi urgentemente. Vedermela davanti mi suscitò il disprezzo che provai il giorno in cui mi lasciò. Ero ancora incazzato con lei per come mi aveva trattato, comunque mi feci prendere dalla compassione dei suoi occhi tristi, misi da parte l’orgoglio e acconsentì a seguirla.
Quella mattina non andammo a scuola, come si dice oggi, facemmo sega.

Ci siamo rifugiati nel bar della Stazione Ferroviaria, lei fissandomi intensamente, davanti ad un cioccolata calda si sciolse, con le lacrime agli occhi, commossa, mi disse che doveva riferirmi una cosa importante.
Io le sorrisi con sarcasmo, osservandola con disprezzo, poi con tono scherzoso, gli dissi:
“Di cosa vuoi parlarmi? del regalino del tuo soldatino?
“Sei un idiota! Non capisci niente!
“Io sarei l’idiota! Mi hai fatto fare la figura del cornuto! E adesso ti permetti pure di insultarmi! Cosa vuoi da me? Fatti aiutare da quello stronzo!
“Quel figlio di puttana è sparito! Comunque il bambino non è suo!
Rimasi in silenzio.
“Scusa! Ho capito bene! Ci sono stati altri spasimanti?
“Sei uno stronzo! Non hai ancora capito che aspetto un figlio tuo!
“Mio? Stai scherzando? Abbiamo scopato solo un paio di volte! A meno che non sia diventato come lo spirito santo!
“Sei il solito stronzo! Accidenti a te! Sono incinta di sette mesi! esatti! visto che con il soldato ci ho scopato solo cinque mesi fa  e prima di lui ho avuto solo te,  a casa mia due più due fa quattro!
“Che certezza hai che sei incinta di sette mesi?
“Ho avuto la conferma da una cugina di mio padre, una dottoressa che lavora all’ospedale!

Rimasi senza fiato. Cazzo allora aveva ragione. Se quelli erano i fatti, io, senza dubbio, ero il padre della creatura che aspettava in grembo.
In quel momento ero terrorizzato dalle conseguenze di quella storia. E la giovane età e l’inesperienza mi spinsero ad una reazione inconsulta, che negli anni a venire mi fecero vivere continuamente con il senso di colpa.

“Senti Cinzia! Io ho solo quindici anni!, non posso prendermi una responsabilità così grande. Del resto non ti amo più e non ho nessun voglia di ritornare con te dopo quello che è successo!

Cinzia rimase di stucco di fronte alle mie parole. Si riprese subito, cambiando espressione, assunse un atteggiamento duro,deciso e cinico.

“Sei uno stronzo! Non ho bisogno di te! Ho coraggio a sufficienza per affrontare da sola le conseguenze di questa gravidanza, del resto mio figlio non merita un padre vigliacco come te!

Si alzò, diede un calcio alla sedia, spostandola, lasciandomi lì, in un silenzio quasi palpabile. Avrei voluto correrle dietro, ma mi era mancato il coraggio, mi comportai come un vigliacco.

La gestazione fu molto travagliata. I dottori riuscirono a farla arriva fino all’ottavo mese. Dovettero ricorrere al parto cesareo e così nacque una bambina, alla quale diedero il nome Roberta.
Dopo il parto le condizioni di salute di Cinzia si aggravarono ed i dottori dissero che non sarebbe sopravissuta.
Io, con il senso di colpa che mi pesava come un macigno e in preda alla compassione, trovai il coraggio di andare a trovarla. Era ancora lucida. I genitori furono molto contenti di vedermi al suo capezzale.
Il volto di Cinzia era diventato una misera maschera di dolore. La malattia l’aveva segnata profondamente. Nonostante tutto mi riconobbe, mi fece segno di avvicinarmi. Parlava a stento, ma in quei pochi minuti riuscì a sussurrarmi con difficoltà alcune parole.
“ti prego veglia su nostra figlia!
Morì una settimana dopo.

Dopo la morte di Cinzia, per tenere fede alla promessa data, ho cercato in tutti i modi di mantenere i rapporti con i suoi genitori, che erano diventati i tutori di Roberta, mia figlia naturale.
Così nel corso degli anni divenni quasi un parente. Per cui riuscii a starle accanto ed aiutarla come meglio potevo, con discrezione,  mantenendo il riserbo assoluto sull’origine della sua nascita, senza far capire i reali motivi che mi legava a lei.

I genitori di Cinzia non ebbero mai sospetti alcuno; anzi hanno sempre creduto che fosse solo compassione, dovuta alla tragica relazione sentimentale che avevo vissuto con Cinzia.
Il Nonno di Roberta, a volte, commosso, mi rimproverava esortandomi a dimenticare il passato, cercando di farmi capire che stavo sprecando la mia vita, che ero ancora giovane e che dovevo impegnarmi a rifarmi una storia con una donna.
In quei momenti provavo compassione per lui, perché  non poteva sapere che la mia unica ragione di vita era mia figlia Roberta.


In paese ero ormai noto come un singolo di lusso, e anche libertino, che si godeva la vita, senza impegnarsi in rapporti seri.
Le donne preferivo cercarle in città. In paese c’erano molte ragazze carine, ma non mi interessavano ed evitavo le lunghe frequenze, per cui mi limitavo soltanto ad una mera amicizia, anche se sapevo che tra loro c’era qualcuna che letteralmente moriva dalla voglia di scopare con me, e tra queste purtroppo arrivò ad esserci anche mia figlia.

Fino a quando Roberta era una bambina non avevo alcuna difficoltà a rapportarmi con lei.

Mi considerava come un fratello maggiore, che la coccolava e la viziava come meglio potevo.
Inoltre, lei ricambiava il mio interesse, dimostrando un attaccamento affettiva analogo al mio.
Tante volte mi ero soffermato ad osservarla con scrupolo, poiché solo io conoscevo la verità sulla sua paternità, trovando nei suoi tratti somatici alcune somiglianze con mia madre.
Lei a volta mi soprendeva ad osservarla e, in quei momenti, con candore mi diceva che quando la fissavo in quel modo la facevo arrossire dalla vergogna.

Però i problemi cominciarono a manifestarsi quando Roberta lasciò l’infanzia ed intraprese la travagliata vita dell’adolescenza, perennemente in crisi esistenziale.

Iniziarono i conflitti generazionali con i suoi nonni, che si limitavano a delle piccole fughe, tutte in una unica direzione, verso me.
Infatti, a volte, si presentava a casa mia, nel cuore della notte, riferendo che era stufa di vivere con i suoi nonni e che voleva scappare via, piangendo, mi implorava di tenerla con me.
Commosso, la prendevo tra le braccia mi sedevo con lei sul divano, coccolandola fino a quando non si addormentava. Quindi chiamavo i suoi nonni rassicurandoli che Roberta era a casa mia, che stava dormendo tranquillamente.
Tante volte, in quelle occasioni, mi ero soffermato ad osservarla tutta la notte, come un angelo custode, alimentando i sentimenti paterni ed il grande amore che nutrivo per lei.
Allora avrei voluto dirle la verità. Ma la paura di una reazione estrema bloccava qualsiasi iniziativa.

Il tempo passava e l’adolescente ribelle lasciò il posto ad una donna adulta ed affascinante.
Era ormai diventata una ragazza attraente e formosa, che difficilmente passava inosservata.
Era la copia sputata di sua madre. Bella e provocante, con una un seno rigoglioso e fianchi larghi, da mozzare il fiato persino ai morti.

La vera crisi nei nostri rapporti emerse inevitabilmente proprio nell’estate del 1984.

In quei tempi iniziai ad intuire che a lei non le bastava più la semplice amicizia.
Quella estate cominciai a capire, per la prima volta, che lei stava valutando in modo personale l’interesse che rivolgevo nei suoi confronti.
Infatti, in considerazione dei pochi anni di differenza che ci dividevano, spesso volte assumeva atteggiamenti tipici di una donna intrigante e maliziosa.
Cercava in tutti i modi possibili di corteggiarmi, con sguardi felini, che si facevano intensi e civettuoli quando restavamo soli, il suo comportamento era diventato palesemente quella di una donna innamorata.

L’abbigliamento cambio radicalmente. I vestiti cominciarono a diventare più leggeri e sexy, succinti, fino a rivelare nei particolari le forme stupenda del suo corpo, e, per accentuare il suo fascino, ricorreva al trucco per far risaltare i suoi occhi verdi e le linee dolci del viso.

I nonni non perdeva occasione per farmi notare l’atteggiamento di Roberta.
Sotto sotto nutrivano una speranza remota che tra me e lei potesse nascere qualcosa. Infatti, tante volte mi hanno confidato che erano rimasti molto delusi quando Cinzia prese la sbandate per il soldato, lasciando intendere che questa volta con Roberta, forse, poteva funzionare. 

La cosa mi faceva piacere, ma anche ridere, perché sarebbe stato impossibile realizzare il loro sogno, visto che Roberta era mia figlia naturale.
Inoltre, avevo saputa da radio gossip, che lei si era vantata con le proprie amiche di essere la mia fidanzata e che mi interessavo a lei perché l’amavo.

Del resto le chiacchiere di paese trovavano il loro alimento proprio nel mio comportamento. Perché un conto era frequentare una famiglia per amicizia e un conto è frequentare una ragazzina che, per l’opinione pubblica, non aveva alcun legame di parentela con me, che ero uomo adulto e singolo.
Per questo, agli occhi dei paesani, i contatti che avevo con Roberta poteva essere senz’altro interpretata come un interesse personale.
Per certi versi era proprio l’amore che mi spingeva a cercarla, ma quello di un padre che desiderava prendersi cura di sua figlia.

Roberta non era mai uscita con un ragazzo. Una volta mi aveva confidato che era difficile trovare il tipo che le andasse a genio, perché quelli che le ronzavano attorno non corrispondevano al suo ideale di uomo. Scherzando gli dicevo che era di gusti difficile, forse era il caso di rivolgersi al dottore Stranamore, cosi le avrebbe confezionato il ragazzo adatto a lei.

Col passare del tempo l’infatuazione cominciò a diventare sempre più evidente.
Tutte le volte che ero ospite in casa sua, si impegnava in modo spudorato nel corteggiamento, cercando di affascinarmi con la sua bellezza.
Una sera, con atteggiamento da civettuola, sospirando,  mi ha confidato che il suo uomo ideale esisteva, solo che lui, fissandomi intensamente negli occhi, ancora non aveva capito, comunque nutriva buone speranze di poterlo conquistare.

Il fuoco e la benzina non possono convivere senza provocare un disastro.
Così quello che avevo cercato con tutte le forze di evitare capitò, all’epoca Roberta aveva già compiuto il suo diciottesimo anno di età.
Quell’anno doveva affrontare gli esami di maturità per conseguire il diploma di Geometra. Vista la mia attitudine al disegno, la scelta di quella scuola era sembrata una tendenza naturale di famiglia.

Una mattina di fine giugno del 1984 il nonno di Roberta mi telefonò chiedendomi se potevo passare da lui.
Mi presentai dopo un ora, come di consueto fui accolto da Roberta.
Appena vidi il suo sorriso il mio cuore si riempì di una gioia immensa, e la voglia di stringerla forte mi face tremare l’intera spina dorsale.
Quando capitava di incontrarla, per non destare sospetti, attendevo che fosse lei a fare il primo passo. Infatti, anche quel giorno, appena mi vide, mi saltò addosso stringendomi forte fino a togliermi il respiro.
In quel frangente non potei fare a meno di percepire il suo seno abbondante che premeva contro il mio petto;
Anche se ero il padre, la mia giovane età mi faceva percepire la solidità del suo corpo avvenente, che calcava contro il mio. Per questo, capitava spesso che i sensi soverchiavano la ragione, perché reagivano indipendentemente dalla coscienza.

In quei momenti, appena percepivo i primi segni di erezioni inconsulte del cazzo, prima che lei potesse avvertire il volume dell’inguine, l’allontanavo velocemente da me.
Quel giorno, il nonno di Roberta mi accolse con la consueta gentilezza, ormai mi considerava come uno della famiglia.
Mi fece strada fino alla cucina, mentre Roberta stava appiccicata al mio fianco, serrata saldamente, come se temesse di vedermi svanire da un momento all’altro, facendomi percepirne i fremiti del suo stato emotivo.
Avvertivo in lei una forte attrazione nei miei confronti. In quegli istanti mi cingeva come una fidanzatina, con il capo appoggiato sul petto.

Suo nonno vedendoci abbracciati non poté fare a meno di dire:
“Certo che voi due fate una bella coppia!
“Non sono troppo vecchio per lei?
“Stai scherzando! Vi dividono solo sedici anni! Secondo me è la differenza giusta tra un uomo e una donna!

Quella risposta era scontata, ormai sapevo come la pensava in proposito. Quella idea mi fece venire la pelle d’oca.
Roberta, sornione al mio fianco, come una gatta morta, ascoltava ed assentiva, approvando pienamente quelle parole, come fossero state pronunciate da lei.
Infatti, improvvisamente, mi scoccò un bacio sulla guancia, lambendo le labbra con le sue. Ammetto che quel gesto mi fece salire la pressione a mille, anche in considerazione che i miei ormoni erano facilmente suggestionabili. Decisamente non ero indifferente alle provocazione di quel vulcano tumultuoso, in procinto di esplodermi tra le mani.

Ed ecco che arrivò il motivo di quella convocazione, che cambiò definitivamente la storia.

“Vittorio! Tra due giorni la nostra Roberta dovrà affrontare l’esame di maturità per conseguire il diploma di Geometra!
“Si lo so! Sta secchiona finalmente avrà la sua vendetta, straccerà i professori!

Mentre sorridevo Roberta mi diede una gomitata invitando a non prenderla in giro.

“Vittorio! Roberta mi ha riferito di avere alcune difficoltà in trigonometria, e visto che tu sei architetto chi meglio di te potrebbe aiutarla! Chiaramente ti pagherei le lezioni!
“Stai scherzando! Roberta è come una sorella! Certo che l’aiuto!

Roberta, reagendo a quella frase, mi afferrò il volto e, costringendomi a fissarla disse:

“Non mi piace che mi consideri  una sorella!
“OK, come una amica! va bene?
“Si! Preferisco!

Fui molto felici di potere aiutare Roberta. In quel momento mi sentivo veramente suo padre, perché potevo fare qualcosa di utile per lei. Accettai l’incarico, chiaramente gratis.

“Nonno preferirei studiare con Vittorio a casa sua!
“Se preferisci! Vittorio cosa ne pensi?

Caspita, non potevo accettare a quelle condizioni. Vivevo da solo e non mi andava di trovarmi in casa con quel diavolo scatenato. Per cui cercai di evitare di dover gestire situazioni rischiose. Arrivato a quel punto non mi fidavo più neanche delle miei reazioni.

“No! Non se ne parla, gradirei venire qui, mi sentirei più a mio agio!

Per mia sicurezza avevo scelto di avere i suoi nonni presenti.
Notai un leggero disappunto sul volto di Roberta! Suo nonno invece se la rideva sotto i baffi.

“Allora cominciamo domani pomeriggio, verso le quindici, va bene!

Rispose Roberta:
“Vedi di essere puntuale! Se ritardi anche di un solo secondo, so dove venire a cercarti!

Sguardo di sfida. Sicuramente aveva saputo da radio gossip che in paese avevo un relazione con Silvia, il medico condotto, con la quale, per libera scelta, avevo instaurato un rapporto senza vincoli, senza condizioni, insomma ci incontravamo quando avevamo voglia di scopare.
Ad un tratto Roberta mi prende per una mano ed emozionata, mi dice:

“Vittorio! Se vieni in camera mia ti faccio vedere le foto che ho scattato l’ultimo giorno di scuola! Vedessi le sciocchezze che abbiamo combinato!

Vederla sorridere mi riempiva di gioia. Capivo che il mio comportamento nei suoi confronti poteva essere scambiato per interesse versi di lei, ma del resto mi era impossibile fingere indifferenza. Amavo Roberta più di ogni cosa al mondo ed avrei fatto qualsiasi cosa per renderla felice.
Come al solito mi feci irretire dai suoi occhi verdi e la seguì fino in camera.

In quegli istanti non potei ignorare il suo superbo fondoschiena, che si muoveva sinuosamente sotto i miei occhi, racchiuso nello spazio angusto di un gonnellino in jeans, regolarmente corto fino a meta coscia.
Raggiunta la camere da letto, lei si sedette sul bordo e dal cassetto del comodino tirò fuori un album di fotografie, poi, rivolgendosi a me, incrociò le gambe invitandomi a sedere al suo fianco.
In quel frangente la coscia sinistra era completamente esposta alla vista dei miei occhi, fino in fondo alla natica. Non ci misi molto a carburare.
Nonostante che ripetessi a me stesso che era mia figlia, la mente non riusciva a governare il corpo. Ero ancora giovane, e gli istinti ancestrali ebbero la meglio provocandomi una poderosa ed oscena erezione, che dolorosamente nascondevo nell’angusto spazio dei jeans.

Dio che sofferenza. Man mano che mi porgeva le foto, la sua mano afferrava la mia cercando di provocare un contatto fisico.
All’improvviso, velocemente, Roberta si volta verso di me. La sua bocca è quasi a contatto con la mia.
I suoi occhi fissano intensamente i miei, sta succedendo qualcosa.
Cercai di sforzarmi per staccarmi in fretta da quella situazione imbarazzante. Ma il corpo rimase immobile, paralizzato dal candore di quel volto, dalle labbra carnose e dai suoi occhi verdi.

Alla fine avvenne quello che avevo sempre temuto. Roberta, in un impeto di slancio emotivo, mi afferra il collo costringendomi a poggiare le labbra alle sue. Appena ci fu il contatto lei aprì la bocca, invitandomi a baciarla.
Era troppo per le mie coronarie, come un pivello mi lasciai trasportare dall’emozioni, seguendo un istinto naturale, quindi la cinsi dai fianchi e la strinsi forte a me, collimando le bocche, lasciammo danzare le lingue in un vortice di piacere infinito.
Intanto, preso da un desiderio incontrollato, mi spinsi con una mano nello scoscio risalendo delicatamente l’interno coscia fino a lambire  la stoffa delle mutandine di cotone, nella zona in cui copriva la figa.
Il calore di quella giovane passera mi diede una forte scossa di adrenalina alla schiena e cominciai a palparla completamene con tutto il palmo della mano, strofinandola pesantemente fino a percepire ogni particolare della figa.
Quel tocco suscitò in lei un gemito soffocato dal bacio. In quei momenti, lei, trascinata dai sensi eccitati da quel contatto, per favorire l’azione della mano, allargò le gambe e mosse il grembo verso il basso.
Nello stesso istante mi accorsi che una sua mano, chiusa a coppa sul mio addome, iniziava ad accarezzare lo spessore per stimolare l’erezione del cazzo.

Il mio stato d’animo era completamente scombussolato dalla frenesia dei sensi. Senza alcun ritegno mi buttai su di lei, costringendola a sdraiarsi sul letto. La mano ormai era scivolata nelle mutandine e stava già iniziando a farsi strada tra la soffice peluria.
Lei intanto mi aveva abbassato la cerniera lampo e con una mano si stava inoltrando nei pantaloni. Alla fine giunge a serrare saldamente il cazzo cominciando a far scorrere la pelle sulla massa dura.
Mi stacco dalle sue labbra e lentamente, accarezzandole il collo  con la bocca, gli alzo la maglietta, cercando di farmi strada tra le grossa tette dalla pelle bianca e morbida e dai capezzoli neri e turgidi.
Non portava il reggiseno fu gioco facile mescolare quella candida massa sublime ed immergervi il viso, lasciandomi abboccare come un pesce.
La bocca si chiuse su quelle sublime ciliegie, assaporandone la fragranza e la dolcezza.
Scombussolato nei sensi, mi ero steso completamento sopra di lei, con il cazzo che oscenamente spuntava dai pantaloni, trovandosi quasi a contatto con la sua figa.
Era sufficiente spingere il bacino verso il suo ventre per dare inizio ad un avventura senza ritorno, che in quel momento desideravo morbosamente.
Prima di buttarmi definitivamente sul quel corpo fremente dall’eccitazione, la guardai in viso ed appena incrociai il suo sguardo ebbi un flash e presi coscienza di quello che stava succedendo. Terrorizzato mi staccai velocemente da lei, e fremente di rabbia le urlai:

“No! Roberta! Non possiamo! Cazzo no! è sbagliato!
“Perché no! Io ti amo!
“Cristo mi faccio schifo! Sei ancora una ragazzina!
“Guarda che sono già maggiorenne da un pezzo! Posso decidere di fare quello voglio?
“Io non sono adatto a te! Sono troppo vecchio!
“L’età non conta, conta solo quello che provo per te! Ho capito che anche tu mi ami!
“Hai confuso l’amicizia con altro!
“Non è vero! Tu sei un uomo straordinario, che si è sempre preso cura di me, con una sensibilità incredibile! È c’è solo un sentimento che spinge una persona a fare tanti sacrifici e si chiama amore!
“Mi sono affezionato a te perché sei la figlia di Cinzia!
“Mia madre? È morta tanti anni fa!
“Ma io non credo di essere l’uomo adatto a te!
“Lo sei! Vittorio tu mi hai fatto capire che gli altri uomini non valgono un fico secco! Io ho bisogno di uno come te! Che mi dia tanta sicurezza! Guardami non sono più una bambina! Sono una donna adulta! E posso darti quella che cerchi in una donna! L’amore!
“Ma ti rendi conto che potrei essere tuo padre?
“Ma tu non sei mio padre!

Stavo per rispondere, ma rimasi in silenzio.

Dopo quella frase corse verso di me stringendomi forte, poi iniziò a piangere.
In quel momento avrei voluto dirle la verità. Mi è mancato il coraggio. Avevo paura di perdere il suo affetto. Come avrebbe giudicato un padre che ha rinnegato la sua creatura quando ancora era nel ventre della madre? Scelsi di tacere.
All’improvviso solleva il viso, e dopo avermi fissato con grande intensità, tentò nuovamente di baciarmi.
Stavolta mi allontanai da lei, e con tanta rabbia in corpo:
“Adesso è meglio che vada via! Fatti una doccia fredda e spegni i bollori dello spirito! E domani mi raccomando cerca di essere distaccata!
Si sedette sul letto e dopo aver asciugato le lacrime, sfidandomi con i suoi occhioni verdi:
“Vedremo! Chi la spunterà!

Era cocciuta non c’era dubbio.

Quella sera ripensai più volte a quel bacio. Dio santissimo è stato emozionante. La sensazione che ho provato è stata straordinaria. Mi rendevo conto che quel bacio aveva infranto un tabù, condannato dall’etica e dalla morale.
Per questo mi facevo schifo, in cuor mio sentivo anche che mi era piaciuto. Il fatto che ci fosse il legame di sangue segreto mi faceva soffrire, perché impediva qualsiasi tipo di rapporto intimo tra noi, ma, nello stesso tempo, lo rendeva unico e straordinariamente eccitante.

Silvia, la dottoressa di famiglia, quella sera era più eccitante che mai, nella sua veste leggere ed attillata, che metteva in mostra tutta la sua bellezza mediterranea, ostentando un fascino di donna matura.
Durante la cena non smettevo di osservarla. Ma a volte il viso Roberta si sovrapponeva al suo. Il bacio di Roberta era ancora vivo nella mia mente, ed il ricordo del sapore delle sue calde labbra carnose e morbide aveva impregnato il gusto del mio palato.

Nell’intimità della mia camera da letto, stringevo Silvia e mentre la baciavo riemergeva il ricordo del bacio di Roberta. Quel diavolo mi aveva stregato. Accarezzavo il corpo sinuoso di Silvia pensando a quello di Roberta. Ed al culmine del godimento, quando ero con il cazzo interamente sprofondato nella figa di Silvia, le sborrai nella cavità vaginale desiderando di farlo nel corpo di Roberta.
Quella notte mi feci una doccia fredda sperando che l’acqua potesse lavarmi anche i pensieri. Ma era del tutto inutile.
Il dado era stato tratto, quel bacio aveva rotto un incantesimo e scatenato nuovi sentimenti. La mia anima era in pieno conflitto. Un dilemma doloroso: da una parte c’era l’amore paterno e dall’altro c’era la passione infernale della carne, del desiderio più basso che bramava il corpo di mia figlia, e la mia coscienza era in bilico precario tra i due abissi.

Il giorno dopo, alle quindici esatti mi presentai a casa di Roberta.

La trovai in cucina, seduta al tavolo, con i libri di trigonometria aperti. Quel giorno si era superata. Era bellissima. Appena la vidi provai un brivido alla schiena. La bellezza conturbante di una giovane donna, che non necessita di accorgimenti per brillare, bastava semplicemente a mostrarsi per provocare sensazioni incredibili. Ma la ragione ora vigilava sugli istinti sforzandosi di tenerli a bada con grande sacrificio.
Appena iniziammo la lezione, entrò suo nonno per informarmi che lui e la moglie uscivano.
Maledissi quell’uomo perché mi lasciava in balia di quella Erinna folle d’amore.

Dopo un quarto d’ora Roberta, che rideva in modo malizioso, mi invita a seguirla nel salotto. Disse che la sedia di legno era troppo dura e le avevano anchilosato il sedere.
In quell’istante non avevo capito quali fossero le sue reali intenzioni, ma accettai di buon grado. Poi mi disse che aveva necessità di andare al bagno. Così mi lasciò solo con i miei pensieri in subbuglio e con li cazzo che scalpitava per quella puledra impaziente di amarmi.

Dopo una mezzora abbondante sento la sua voce che da dietro la porta mi grida di raggiungerla.  La seguo e mi ritrovo nella sua camera da letto. Stetti nella penombra per alcuni minuti, dopo la vidi apparire sulla porta, materializzandosi come un miraggio.
Il suo corpo, in contro luce, di delineava in modo stupefacente, lei lo muoveva come una odalisca. 
Nonostante fosse coperto da una leggera camicia da notte trasparente, sembrava completamente nuda. Si notavano i seni abbondanti, che si ergevano come due pere; il girovita stretto con i fianchi larghi, che esaltavano due anche rotonde, e lo scoscio da cui partivano le lunghe gambe, in equilibrio perfetto tra cosce e polpacci, divisi da sottili ginocchia.

Ebbi un impeto emotivo incredibili. Il cazzo si contrasse nelle mutante raggiungendo in pochi istanti il suo massimo volume.
Stavo letteralmente sbavando davanti a tanta grazia. Quando accese la luce mi venne un colpo allo stomaco ed il respiro si fermò alla gola. Roberta indossava una leggera e trasparente sottana di seta  nera. Attraverso il sottile tessuto si intravedevano le calze nere, rette da due reggicalze di merletto nera, che lasciavano esposte la pelle bianca delle cosce.
Probabilmente era la lingerie di sua nonna. Sotto non indossava indumenti intimi, così potei ammirare i capezzoli orlati da grosse aureoli nere e la figa, un triangolo di pelo nero e riccio, ed il culo, un mandolino ben tornito e rotondo.
Turbato da quella visione improvvisa, mi avvicinai a lei in modo impacciato.  Fu lei ad incoraggiarmi, il suo sorriso mi diede la forza di prenderla nelle braccia, poi, la strinsi forte per timore di vederla svanire nel nulla, come se fosse un miraggio.

Il contatto con il suo caldo corpo mi fece capire che non si trattava di una illusione. Lei era li, viva e vegeta che sorrideva in modo sensuale, e faceva danzare il suo corpo oscillando i fianchi come una ballerina classica.
Infine, si sedette dolcemente sul letto accavallando le gambe. In quella posizione superba, si mordeva le labbra e con un gesto mi faceva segno di sedermi al suo fianco.
Il desiderio mi aveva incendiato ogni cellula del corpo, trasformandolo in una torcia umana, per cui in preda ad una forte convulsione dei sensi, mi gettai sopra di lei come una belva feroce, azzannando famelico ogni centimetro di quel corpo sensuale, che esprimeva solo libidine.
I freni inibitori non esistevano più e la coscienza era solo un barlume idonea a far funzionare i meccanismi complessi del corpo.

Ad un  certo punto si inginocchia e comincia a sbottonarmi i pantaloni, dopo averli sfilati, inizia a palpeggiare il voluminoso pacco che emergeva in modo evidente dalle mutande. Continuò a sfogliarmi come un pacco, fino a tirare fuori il cazzo che svettava dal grembo come una torre di avorio.
Appena lo vide, con mani delicate, iniziò a far scivolare la pelle in tensione sulla massa dura. Aveva un tocco leggero anche se non esperta, ma andava bene lo stesso.

Fissandomi intensamente avvicina la bocca alla cappella, prima con la punta della lingua poi, avida, divora il cazzo in tutta la sua lunghezza.
Subito percepisco una sensazione di caldo mentre le sue labbra scivolavano lentamente sul pelle del cazzo, fino a lambire i coglioni.
Mi venne un dubbio, Roberta stava dimostrando un talento nel pompino. Ma le sorprese non dovevano finire lì.
Dopo un lungo ed accurato preliminare della sua bocca, curando ogni millimetro del cazzo, venne il momento di ricambiare il piacere. Così con mio grande diletto, dando sfogo a quell’immenso desiderio che albergava irrequieto nel mio corpo, immersi la bocca nella vulva vaginale raspando con la lingua in ogni recesso sinuoso, spaziando tra le labbra interne e frastagliate ed il clitoride.
Fu in quell’istante che constatai che l’apertura della figa era ampiamente spianata.
Chiaramente non era più vergine, quindi dedussi che fino ad allora la piccola peste mi aveva tenuto all’oscuro dei sui intrallazzi amorosi. Tale madre, tale la figlia. Meglio, mi sentì meno angosciato al pensiero di non essere stato il primo.

Decisi di ignorare il problema scacciando i dubbi negli umori vaginali secreti da quella superba sorca; che peraltro non vedevo l’ora di penetrare con il mio cazzo duro come l’acciaio.

Era meraviglioso vederla stesa sul letto con le gambe oscenamente spalancate che aspettavano di accogliermi tra loro.
Così, dopo averle leccato la fica in ogni dove, spazzolando con la lingua tra il buco del culo, il perineo ed il clitoride, cercando di stimolare il punto G, al culmine del desiderio, per soddisfare infine la grande voglia di scopare, mi distesi sopra di lei, impugnando il cazzo dalla base, quindi schiacciai il glande tra le fenditure pelose della figa.
Gli umori secreti in abbondanza facilitarono la penetrazione e il cazzo scomparve interamente in quella nicchia di piacere.
Appena in il mio pube urto il suoi iniziai muovermi sopra di lei, spingendo in profondità per quanto mi era possibile.

Oooooooooooo mmmmm si iiiiiiiii è bellissimo ooooooooo ti amoooooooo

La chiavai con frenesia per alcuni minuti. Poi la misi a pecora e continuai a chiavarla da dietro, gustandomi quel meraviglioso panorama offerto dai suo candidi glutei, dalle cosce spalancate e la schiena inarcata; la cappella grossa e lucida, ogni tanto faceva capolino tra le labbra smerlate e sporgenti, per poi scomparire in quella calda tana, con il resto del corno umido e brillante.  

Quel superbo spettacolo mi suscitò una energia sorprendente. Così mi attaccai alle grosse tette e mettendomi comodo, iniziai a stantuffare con grande impeto, spingendo con ritmi forsennati in quella calda e tenera topa, godendo alla vista del cazzo che spariva interamente in mezzo a quel pelo nero e riccio, nelle profondità più assolute del suo ventre, per il reciproco piacere.

“Si iiiiiiiiiiiiii mmmmmmmmmmmm sto impazzendo ooooooo mmmm
“Roby… sei una figa da urlo oooooooo mmmmmm

Mentre la scopavo alla pecorina la sentivo ansimare ad ogni affondo. I suoi singulti, strozzati in gola, erano degli acuti fantastici, un inno alla gioia, che mi incitavano a penetrarla con più impeto, fino a sbattere con forza lo scroto contro il suo monte di venere.

Sfogai il desiderio che si era accumulato in quei mesi di perenne provocazione, con grande foga, in tutte le posizioni possibili ed immaginabili: da dietro, da sotto, di fianco, fino al sacrificio finale, quando i coglioni cominciarono a manifestare i primi conati di piacere.
Alla fine di quella spassionata galoppata, le preannunciai che stavo venendo, lei mi chiese di venire nel suo ventre. Quindi, avvinghiandomi come due rami di edera, spinsi in profondità il cazzo e mi abbandonai in una poderosa sborrata.
Spingevo il cazzo finchè potevo dentro di lei, con forza, fino a riempirle l'utero di tutto il liquido seminale che avevo accumulato in quei mesi di morboso desiderio.

“Mmmmmmmmmmmmm sto godendo oooooooo mmmmm
“To to… sei un diavolo ooooooooo mmmmmmmmm

Esausti, restammo abbracciati per alcuni minuti, mentre il cazzo si stava afflosciando nella sua figa.

Annunciammo il nostro fidanzamento. E dopo un anno ci sposammo.

Dalla nostra unione nacquero due bambine, Alessia ed Ilaria.

All’inizio ero preoccupato. Avevo temuto che il legame di sangue potesse nuocere alla loro salute. Ma per fortuna così non fu, sono nate sane e belle come la madre.

Mi sono ritirato dalla professione di architetto ed ho acquistato un uliveto. Fare il contadino non è stato una scelta sbagliata. Grazie alla mia piccola famiglia abbiamo messo su un bella azienda.

Vi chiederete se la storia finisce qui!
Niente affatto! C’è un seguito! Come vi avevo detto all’inizio Ilaria ed Alessia sono diventate delle bellissime contadine! E questo dovrebbe accendere la vostra fantasia…… poi ho scoperto chi ha istruito Roberta nell’arte del pompino… una sorpresa… senz’altro… quando si scrivono i diari… poi bisogna saperli custodire segretamente….

Così va la vita…

Guzzon59

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