Mi chiamo Vittorio, ho 59 anni, vivo in un piccolo paese di campagna. Ho
praticato per molti anni la professione di architetto, creandomi una situazione
economica dignitosa.
Sono sposato con Roberta, una
splendida donna di quarantatre anni, che invecchiando è migliorata come il
vino, sia nell’aspetto che nel talento per il cazzo. La cosa curiosa è che
oltre ad essere mia moglie è anche mia figlia.
Chiaramente lei ignora la verità.
Dalla nostra unione sono nate due splendide fanciulle, Alessia di anni 21 e
Ilaria di anni 18.
Adesso vi spiego l’arcano
mistero.
Nell’anno 1965, all’età di
quindici anni frequentavo il secondo ginnasio, all’epoca ebbi una relazione
amorosa con una mia compagna di scuola, Cinzia.
Una domenica pomeriggio, quando i
nostri genitori ci lasciarono soli in casa per andare alla sagra del paese, ci
chiudemmo in camera da letto ed iniziammo a toccarci per finire poi sul lettone
matrimoniale a scopare come ricci.
La storia durò per circa un mese,
perché, Cinzia, nel frattempo, si era invaghita di un militare di leva dandomi
il benservito.
Quando il militare di leva sparì
dalla circolazione, lasciò Cinzia con un grosso regalo.
La gravidanza evidente, divenne
di dominio pubblico, del resto il pancione era oramai visibile, ed il pettegolezzo
del paese mormorava che Cinzia fosse rimasta incinta per colpa di un soldato,
di cui non si conosceva ne il nome e ne la provenienza.
Una fredda mattina di dicembre
trovai Cinzia che mi aspetta alla fermata dell’autobus.
Mi affrontò dicendomi che doveva
parlarmi urgentemente. Vedermela davanti mi suscitò il disprezzo che provai il
giorno in cui mi lasciò. Ero ancora incazzato con lei per come mi aveva
trattato, comunque mi feci prendere dalla compassione dei suoi occhi tristi, misi
da parte l’orgoglio e acconsentì a seguirla.
Quella mattina non andammo a
scuola, come si dice oggi, facemmo sega.
Ci siamo rifugiati nel bar della
Stazione Ferroviaria, lei fissandomi intensamente, davanti ad un cioccolata
calda si sciolse, con le lacrime agli occhi, commossa, mi disse che doveva riferirmi
una cosa importante.
Io le sorrisi con sarcasmo,
osservandola con disprezzo, poi con tono scherzoso, gli dissi:
“Di cosa vuoi parlarmi? del
regalino del tuo soldatino?
“Sei un idiota! Non capisci niente!
“Io sarei l’idiota! Mi hai fatto
fare la figura del cornuto! E adesso ti permetti pure di insultarmi! Cosa vuoi
da me? Fatti aiutare da quello stronzo!
“Quel figlio di puttana è
sparito! Comunque il bambino non è suo!
Rimasi in silenzio.
“Scusa! Ho capito bene! Ci sono stati
altri spasimanti?
“Sei uno stronzo! Non hai ancora
capito che aspetto un figlio tuo!
“Mio? Stai scherzando? Abbiamo
scopato solo un paio di volte! A meno che non sia diventato come lo spirito
santo!
“Sei il solito stronzo! Accidenti
a te! Sono incinta di sette mesi! esatti! visto che con il soldato ci ho
scopato solo cinque mesi fa e prima di
lui ho avuto solo te, a casa mia due più
due fa quattro!
“Che certezza hai che sei incinta
di sette mesi?
“Ho avuto la conferma da una
cugina di mio padre, una dottoressa che lavora all’ospedale!
Rimasi senza fiato. Cazzo allora
aveva ragione. Se quelli erano i fatti, io, senza dubbio, ero il padre della
creatura che aspettava in grembo.
In quel momento ero terrorizzato
dalle conseguenze di quella storia. E la giovane età e l’inesperienza mi
spinsero ad una reazione inconsulta, che negli anni a venire mi fecero vivere
continuamente con il senso di colpa.
“Senti Cinzia! Io ho solo
quindici anni!, non posso prendermi una responsabilità così grande. Del resto
non ti amo più e non ho nessun voglia di ritornare con te dopo quello che è
successo!
Cinzia rimase di stucco di fronte
alle mie parole. Si riprese subito, cambiando espressione, assunse un
atteggiamento duro,deciso e cinico.
“Sei uno stronzo! Non ho bisogno
di te! Ho coraggio a sufficienza per affrontare da sola le conseguenze di
questa gravidanza, del resto mio figlio non merita un padre vigliacco come te!
Si alzò, diede un calcio alla
sedia, spostandola, lasciandomi lì, in un silenzio quasi palpabile. Avrei
voluto correrle dietro, ma mi era mancato il coraggio, mi comportai come un
vigliacco.
La gestazione fu molto
travagliata. I dottori riuscirono a farla arriva fino all’ottavo mese. Dovettero ricorrere al
parto cesareo e così nacque una bambina, alla quale diedero il nome Roberta.
Dopo il parto le condizioni di
salute di Cinzia si aggravarono ed i dottori dissero che non sarebbe
sopravissuta.
Io, con il senso di colpa che mi
pesava come un macigno e in preda alla compassione, trovai il coraggio di
andare a trovarla. Era ancora lucida. I genitori furono molto contenti di
vedermi al suo capezzale.
Il volto di Cinzia era diventato
una misera maschera di dolore. La malattia l’aveva segnata profondamente.
Nonostante tutto mi riconobbe, mi fece segno di avvicinarmi. Parlava a stento,
ma in quei pochi minuti riuscì a sussurrarmi con difficoltà alcune parole.
“ti prego veglia su nostra
figlia!
Morì una settimana dopo.
Dopo la morte di Cinzia, per
tenere fede alla promessa data, ho cercato in tutti i modi di mantenere i
rapporti con i suoi genitori, che erano diventati i tutori di Roberta, mia
figlia naturale.
Così nel corso degli anni divenni
quasi un parente. Per cui riuscii a starle accanto ed aiutarla come meglio potevo,
con discrezione, mantenendo il riserbo
assoluto sull’origine della sua nascita, senza far capire i reali motivi che mi
legava a lei.
I genitori di Cinzia non ebbero
mai sospetti alcuno; anzi hanno sempre creduto che fosse solo compassione,
dovuta alla tragica relazione sentimentale che avevo vissuto con Cinzia.
Il Nonno di Roberta, a volte,
commosso, mi rimproverava esortandomi a dimenticare il passato, cercando di
farmi capire che stavo sprecando la mia vita, che ero ancora giovane e che
dovevo impegnarmi a rifarmi una storia con una donna.
In quei momenti provavo
compassione per lui, perché non poteva
sapere che la mia unica ragione di vita era mia figlia Roberta.
In paese ero ormai noto come un singolo
di lusso, e anche libertino, che si godeva la vita, senza impegnarsi in
rapporti seri.
Le donne preferivo cercarle in
città. In paese c’erano molte ragazze carine, ma non mi interessavano ed
evitavo le lunghe frequenze, per cui mi limitavo soltanto ad una mera amicizia,
anche se sapevo che tra loro c’era qualcuna che letteralmente moriva dalla
voglia di scopare con me, e tra queste purtroppo arrivò ad esserci anche mia
figlia.
Fino a quando Roberta era una
bambina non avevo alcuna difficoltà a rapportarmi con lei.
Mi considerava come un fratello
maggiore, che la coccolava e la viziava come meglio potevo.
Inoltre, lei ricambiava il mio
interesse, dimostrando un attaccamento affettiva analogo al mio.
Tante volte mi ero soffermato ad
osservarla con scrupolo, poiché solo io conoscevo la verità sulla sua
paternità, trovando nei suoi tratti somatici alcune somiglianze con mia madre.
Lei a volta mi soprendeva ad
osservarla e, in quei momenti, con candore mi diceva che quando la fissavo in
quel modo la facevo arrossire dalla vergogna.
Però i problemi cominciarono a
manifestarsi quando Roberta lasciò l’infanzia ed intraprese la travagliata vita
dell’adolescenza, perennemente in crisi esistenziale.
Iniziarono i conflitti
generazionali con i suoi nonni, che si limitavano a delle piccole fughe, tutte
in una unica direzione, verso me.
Infatti, a volte, si presentava a
casa mia, nel cuore della notte, riferendo che era stufa di vivere con i suoi nonni
e che voleva scappare via, piangendo, mi implorava di tenerla con me.
Commosso, la prendevo tra le
braccia mi sedevo con lei sul divano, coccolandola fino a quando non si
addormentava. Quindi chiamavo i suoi nonni rassicurandoli che Roberta era a
casa mia, che stava dormendo tranquillamente.
Tante volte, in quelle occasioni,
mi ero soffermato ad osservarla tutta la notte, come un angelo custode, alimentando
i sentimenti paterni ed il grande amore che nutrivo per lei.
Allora avrei voluto dirle la
verità. Ma la paura di una reazione estrema bloccava qualsiasi iniziativa.
Il tempo passava e l’adolescente
ribelle lasciò il posto ad una donna adulta ed affascinante.
Era ormai diventata una ragazza attraente
e formosa, che difficilmente passava inosservata.
Era la copia sputata di sua
madre. Bella e provocante, con una un seno rigoglioso e fianchi larghi, da
mozzare il fiato persino ai morti.
La vera crisi nei nostri rapporti
emerse inevitabilmente proprio nell’estate del 1984.
In quei tempi iniziai ad intuire
che a lei non le bastava più la semplice amicizia.
Quella estate cominciai a capire,
per la prima volta, che lei stava valutando in modo personale l’interesse che rivolgevo
nei suoi confronti.
Infatti, in considerazione dei
pochi anni di differenza che ci dividevano, spesso volte assumeva atteggiamenti
tipici di una donna intrigante e maliziosa.
Cercava in tutti i modi possibili
di corteggiarmi, con sguardi felini, che si facevano intensi e civettuoli
quando restavamo soli, il suo comportamento era diventato palesemente quella di
una donna innamorata.
L’abbigliamento cambio
radicalmente. I vestiti cominciarono a diventare più leggeri e sexy, succinti,
fino a rivelare nei particolari le forme stupenda del suo corpo, e, per
accentuare il suo fascino, ricorreva al trucco per far risaltare i suoi occhi
verdi e le linee dolci del viso.
I nonni non perdeva occasione per
farmi notare l’atteggiamento di Roberta.
Sotto sotto nutrivano una
speranza remota che tra me e lei potesse nascere qualcosa. Infatti, tante volte
mi hanno confidato che erano rimasti molto delusi quando Cinzia prese la
sbandate per il soldato, lasciando intendere che questa volta con Roberta,
forse, poteva funzionare.
La cosa mi faceva piacere, ma
anche ridere, perché sarebbe stato impossibile realizzare il loro sogno, visto
che Roberta era mia figlia naturale.
Inoltre, avevo saputa da radio
gossip, che lei si era vantata con le proprie amiche di essere la mia fidanzata
e che mi interessavo a lei perché l’amavo.
Del resto le chiacchiere di paese
trovavano il loro alimento proprio nel mio comportamento. Perché un conto era
frequentare una famiglia per amicizia e un conto è frequentare una ragazzina
che, per l’opinione pubblica, non aveva alcun legame di parentela con me, che
ero uomo adulto e singolo.
Per questo, agli occhi dei
paesani, i contatti che avevo con Roberta poteva essere senz’altro interpretata
come un interesse personale.
Per certi versi era proprio
l’amore che mi spingeva a cercarla, ma quello di un padre che desiderava
prendersi cura di sua figlia.
Roberta non era mai uscita con un
ragazzo. Una volta mi aveva confidato che era difficile trovare il tipo che le
andasse a genio, perché quelli che le ronzavano attorno non corrispondevano al
suo ideale di uomo. Scherzando gli dicevo che era di gusti difficile, forse era
il caso di rivolgersi al dottore Stranamore, cosi le avrebbe confezionato il
ragazzo adatto a lei.
Col passare del tempo l’infatuazione
cominciò a diventare sempre più evidente.
Tutte le volte che ero ospite in
casa sua, si impegnava in modo spudorato nel corteggiamento, cercando di
affascinarmi con la sua bellezza.
Una sera, con atteggiamento da
civettuola, sospirando, mi ha confidato
che il suo uomo ideale esisteva, solo che lui, fissandomi intensamente negli
occhi, ancora non aveva capito, comunque nutriva buone speranze di poterlo
conquistare.
Il fuoco e la benzina non possono
convivere senza provocare un disastro.
Così quello che avevo cercato con
tutte le forze di evitare capitò, all’epoca Roberta aveva già compiuto il suo diciottesimo
anno di età.
Quell’anno doveva affrontare gli
esami di maturità per conseguire il diploma di Geometra. Vista la mia
attitudine al disegno, la scelta di quella scuola era sembrata una tendenza
naturale di famiglia.
Una mattina di fine giugno del
1984 il nonno di Roberta mi telefonò chiedendomi se potevo passare da lui.
Mi presentai dopo un ora, come di
consueto fui accolto da Roberta.
Appena vidi il suo sorriso il mio
cuore si riempì di una gioia immensa, e la voglia di stringerla forte mi face
tremare l’intera spina dorsale.
Quando capitava di incontrarla,
per non destare sospetti, attendevo che fosse lei a fare il primo passo.
Infatti, anche quel giorno, appena mi vide, mi saltò addosso stringendomi forte
fino a togliermi il respiro.
In quel frangente non potei fare
a meno di percepire il suo seno abbondante che premeva contro il mio petto;
Anche se ero il padre, la mia
giovane età mi faceva percepire la solidità del suo corpo avvenente, che calcava
contro il mio. Per questo, capitava spesso che i sensi soverchiavano la ragione,
perché reagivano indipendentemente dalla coscienza.
In quei momenti, appena percepivo
i primi segni di erezioni inconsulte del cazzo, prima che lei potesse avvertire
il volume dell’inguine, l’allontanavo velocemente da me.
Quel giorno, il nonno di Roberta
mi accolse con la consueta gentilezza, ormai mi considerava come uno della
famiglia.
Mi fece strada fino alla cucina,
mentre Roberta stava appiccicata al mio fianco, serrata saldamente, come se
temesse di vedermi svanire da un momento all’altro, facendomi percepirne i fremiti
del suo stato emotivo.
Avvertivo in lei una forte
attrazione nei miei confronti. In quegli istanti mi cingeva come una
fidanzatina, con il capo appoggiato sul petto.
Suo nonno vedendoci abbracciati
non poté fare a meno di dire:
“Certo che voi due fate una bella
coppia!
“Non sono troppo vecchio per lei?
“Stai scherzando! Vi dividono solo
sedici anni! Secondo me è la differenza giusta tra un uomo e una donna!
Quella risposta era scontata,
ormai sapevo come la pensava in proposito. Quella idea mi fece venire la pelle
d’oca.
Roberta, sornione al mio fianco,
come una gatta morta, ascoltava ed assentiva, approvando pienamente quelle
parole, come fossero state pronunciate da lei.
Infatti, improvvisamente, mi
scoccò un bacio sulla guancia, lambendo le labbra con le sue. Ammetto che quel
gesto mi fece salire la pressione a mille, anche in considerazione che i miei
ormoni erano facilmente suggestionabili. Decisamente non ero indifferente alle
provocazione di quel vulcano tumultuoso, in procinto di esplodermi tra le mani.
Ed ecco che arrivò il motivo di
quella convocazione, che cambiò definitivamente la storia.
“Vittorio! Tra due giorni la
nostra Roberta dovrà affrontare l’esame di maturità per conseguire il diploma
di Geometra!
“Si lo so! Sta secchiona
finalmente avrà la sua vendetta, straccerà i professori!
Mentre sorridevo Roberta mi diede
una gomitata invitando a non prenderla in giro.
“Vittorio! Roberta mi ha riferito
di avere alcune difficoltà in trigonometria, e visto che tu sei architetto chi
meglio di te potrebbe aiutarla! Chiaramente ti pagherei le lezioni!
“Stai scherzando! Roberta è come
una sorella! Certo che l’aiuto!
Roberta, reagendo a quella frase,
mi afferrò il volto e, costringendomi a fissarla disse:
“Non mi piace che mi consideri una sorella!
“OK, come una amica! va bene?
“Si! Preferisco!
Fui molto felici di potere aiutare
Roberta. In quel momento mi sentivo veramente suo padre, perché potevo fare
qualcosa di utile per lei. Accettai l’incarico, chiaramente gratis.
“Nonno preferirei studiare con
Vittorio a casa sua!
“Se preferisci! Vittorio cosa ne
pensi?
Caspita, non potevo accettare a quelle
condizioni. Vivevo da solo e non mi andava di trovarmi in casa con quel diavolo
scatenato. Per cui cercai di evitare di dover gestire situazioni rischiose.
Arrivato a quel punto non mi fidavo più neanche delle miei reazioni.
“No! Non se ne parla, gradirei
venire qui, mi sentirei più a mio agio!
Per mia sicurezza avevo scelto di
avere i suoi nonni presenti.
Notai un leggero disappunto sul volto di Roberta! Suo nonno invece se la rideva sotto i baffi.
“Allora cominciamo domani
pomeriggio, verso le quindici, va bene!
Rispose Roberta:
“Vedi di essere puntuale! Se
ritardi anche di un solo secondo, so dove venire a cercarti!
Sguardo di sfida. Sicuramente
aveva saputo da radio gossip che in paese avevo un relazione con Silvia, il medico
condotto, con la quale, per libera scelta, avevo instaurato un rapporto senza
vincoli, senza condizioni, insomma ci incontravamo quando avevamo voglia di
scopare.
Ad un tratto Roberta mi prende
per una mano ed emozionata, mi dice:
“Vittorio! Se vieni in camera mia
ti faccio vedere le foto che ho scattato l’ultimo giorno di scuola! Vedessi le sciocchezze
che abbiamo combinato!
Vederla sorridere mi riempiva di
gioia. Capivo che il mio comportamento nei suoi confronti poteva essere
scambiato per interesse versi di lei, ma del resto mi era impossibile fingere
indifferenza. Amavo Roberta più di ogni cosa al mondo ed avrei fatto qualsiasi
cosa per renderla felice.
Come al solito mi feci irretire
dai suoi occhi verdi e la seguì fino in camera.
In quegli istanti non potei
ignorare il suo superbo fondoschiena, che si muoveva sinuosamente sotto i miei
occhi, racchiuso nello spazio angusto di un gonnellino in jeans, regolarmente
corto fino a meta coscia.
Raggiunta la camere da letto, lei
si sedette sul bordo e dal cassetto del comodino tirò fuori un album di
fotografie, poi, rivolgendosi a me, incrociò le gambe invitandomi a sedere al
suo fianco.
In quel frangente la coscia
sinistra era completamente esposta alla vista dei miei occhi, fino in fondo
alla natica. Non ci misi molto a carburare.
Nonostante che ripetessi a me
stesso che era mia figlia, la mente non riusciva a governare il corpo. Ero
ancora giovane, e gli istinti ancestrali ebbero la meglio provocandomi una
poderosa ed oscena erezione, che dolorosamente nascondevo nell’angusto spazio
dei jeans.
Dio che sofferenza. Man mano che
mi porgeva le foto, la sua mano afferrava la mia cercando di provocare un
contatto fisico.
All’improvviso, velocemente, Roberta
si volta verso di me. La sua bocca è quasi a contatto con la mia.
I suoi occhi fissano intensamente
i miei, sta succedendo qualcosa.
Cercai di sforzarmi per staccarmi
in fretta da quella situazione imbarazzante. Ma il corpo rimase immobile,
paralizzato dal candore di quel volto, dalle labbra carnose e dai suoi occhi
verdi.
Alla fine avvenne quello che
avevo sempre temuto. Roberta, in un impeto di slancio emotivo, mi afferra il
collo costringendomi a poggiare le labbra alle sue. Appena ci fu il contatto
lei aprì la bocca, invitandomi a baciarla.
Era troppo per le mie coronarie,
come un pivello mi lasciai trasportare dall’emozioni, seguendo un istinto
naturale, quindi la cinsi dai fianchi e la strinsi forte a me, collimando le
bocche, lasciammo danzare le lingue in un vortice di piacere infinito.
Intanto, preso da un desiderio
incontrollato, mi spinsi con una mano nello scoscio risalendo delicatamente l’interno
coscia fino a lambire la stoffa delle
mutandine di cotone, nella zona in cui copriva la figa.
Il calore di quella giovane
passera mi diede una forte scossa di adrenalina alla schiena e cominciai a
palparla completamene con tutto il palmo della mano, strofinandola pesantemente
fino a percepire ogni particolare della figa.
Quel tocco suscitò in lei un
gemito soffocato dal bacio. In quei momenti, lei, trascinata dai sensi eccitati
da quel contatto, per favorire l’azione della mano, allargò le gambe e mosse il
grembo verso il basso.
Nello stesso istante mi accorsi
che una sua mano, chiusa a coppa sul mio addome, iniziava ad accarezzare lo
spessore per stimolare l’erezione del cazzo.
Il mio stato d’animo era completamente
scombussolato dalla frenesia dei sensi. Senza alcun ritegno mi buttai su di
lei, costringendola a sdraiarsi sul letto. La mano ormai era scivolata nelle
mutandine e stava già iniziando a farsi strada tra la soffice peluria.
Lei intanto mi aveva abbassato la
cerniera lampo e con una mano si stava inoltrando nei pantaloni. Alla fine giunge
a serrare saldamente il cazzo cominciando a far scorrere la pelle sulla massa
dura.
Mi stacco dalle sue labbra e
lentamente, accarezzandole il collo con
la bocca, gli alzo la maglietta, cercando di farmi strada tra le grossa tette
dalla pelle bianca e morbida e dai capezzoli neri e turgidi.
Non portava il reggiseno fu gioco
facile mescolare quella candida massa sublime ed immergervi il viso,
lasciandomi abboccare come un pesce.
La bocca si chiuse su quelle
sublime ciliegie, assaporandone la fragranza e la dolcezza.
Scombussolato nei sensi, mi ero
steso completamento sopra di lei, con il cazzo che oscenamente spuntava dai
pantaloni, trovandosi quasi a contatto con la sua figa.
Era sufficiente spingere il
bacino verso il suo ventre per dare inizio ad un avventura senza ritorno, che
in quel momento desideravo morbosamente.
Prima di buttarmi definitivamente
sul quel corpo fremente dall’eccitazione, la guardai in viso ed appena
incrociai il suo sguardo ebbi un flash e presi coscienza di quello che stava
succedendo. Terrorizzato mi staccai velocemente da lei, e fremente di rabbia le
urlai:
“No! Roberta! Non possiamo! Cazzo
no! è sbagliato!
“Perché no! Io ti amo!
“Cristo mi faccio schifo! Sei
ancora una ragazzina!
“Guarda che sono già maggiorenne
da un pezzo! Posso decidere di fare quello voglio?
“Io non sono adatto a te! Sono
troppo vecchio!
“L’età non conta, conta solo
quello che provo per te! Ho capito che anche tu mi ami!
“Hai confuso l’amicizia con
altro!
“Non è vero! Tu sei un uomo
straordinario, che si è sempre preso cura di me, con una sensibilità
incredibile! È c’è solo un sentimento che spinge una persona a fare tanti
sacrifici e si chiama amore!
“Mi sono affezionato a te perché
sei la figlia di Cinzia!
“Mia madre? È morta tanti anni fa!
“Ma io non credo di essere l’uomo
adatto a te!
“Lo sei! Vittorio tu mi hai fatto
capire che gli altri uomini non valgono un fico secco! Io ho bisogno di uno
come te! Che mi dia tanta sicurezza! Guardami non sono più una bambina! Sono
una donna adulta! E posso darti quella che cerchi in una donna! L’amore!
“Ma ti rendi conto che potrei
essere tuo padre?
“Ma tu non sei mio padre!
Stavo per rispondere, ma rimasi
in silenzio.
Dopo quella frase corse verso di
me stringendomi forte, poi iniziò a piangere.
In quel momento avrei voluto dirle
la verità. Mi è mancato il coraggio. Avevo paura di perdere il suo affetto. Come
avrebbe giudicato un padre che ha rinnegato la sua creatura quando ancora era
nel ventre della madre? Scelsi di tacere.
All’improvviso solleva il viso, e
dopo avermi fissato con grande intensità, tentò nuovamente di baciarmi.
Stavolta mi allontanai da lei, e
con tanta rabbia in corpo:
“Adesso è meglio che vada via!
Fatti una doccia fredda e spegni i bollori dello spirito! E domani mi
raccomando cerca di essere distaccata!
Si sedette sul letto e dopo aver
asciugato le lacrime, sfidandomi con i suoi occhioni verdi:
“Vedremo! Chi la spunterà!
Era cocciuta non c’era dubbio.
Quella sera ripensai più volte a
quel bacio. Dio santissimo è stato emozionante. La sensazione che ho provato è
stata straordinaria. Mi rendevo conto che quel bacio aveva infranto un tabù,
condannato dall’etica e dalla morale.
Per questo mi facevo schifo, in
cuor mio sentivo anche che mi era piaciuto. Il fatto che ci fosse il legame di
sangue segreto mi faceva soffrire, perché impediva qualsiasi tipo di rapporto
intimo tra noi, ma, nello stesso tempo, lo rendeva unico e straordinariamente
eccitante.
Silvia, la dottoressa di
famiglia, quella sera era più eccitante che mai, nella sua veste leggere ed
attillata, che metteva in mostra tutta la sua bellezza mediterranea, ostentando
un fascino di donna matura.
Durante la cena non smettevo di
osservarla. Ma a volte il viso Roberta si sovrapponeva al suo. Il bacio di
Roberta era ancora vivo nella mia mente, ed il ricordo del sapore delle sue calde
labbra carnose e morbide aveva impregnato il gusto del mio palato.
Nell’intimità della mia camera da
letto, stringevo Silvia e mentre la baciavo riemergeva il ricordo del bacio di
Roberta. Quel diavolo mi aveva stregato. Accarezzavo il corpo sinuoso di Silvia
pensando a quello di Roberta. Ed al culmine del godimento, quando ero con il
cazzo interamente sprofondato nella figa di Silvia, le sborrai nella cavità
vaginale desiderando di farlo nel corpo di Roberta.
Quella notte mi feci una doccia
fredda sperando che l’acqua potesse lavarmi anche i pensieri. Ma era del tutto
inutile.
Il dado era stato tratto, quel
bacio aveva rotto un incantesimo e scatenato nuovi sentimenti. La mia anima era
in pieno conflitto. Un dilemma doloroso: da una parte c’era l’amore paterno e
dall’altro c’era la passione infernale della carne, del desiderio più basso che
bramava il corpo di mia figlia, e la mia coscienza era in bilico precario tra i
due abissi.
Il giorno dopo, alle quindici
esatti mi presentai a casa di Roberta.
La trovai in cucina, seduta al
tavolo, con i libri di trigonometria aperti. Quel giorno si era superata. Era
bellissima. Appena la vidi provai un brivido alla schiena. La bellezza
conturbante di una giovane donna, che non necessita di accorgimenti per
brillare, bastava semplicemente a mostrarsi per provocare sensazioni
incredibili. Ma la ragione ora vigilava sugli istinti sforzandosi di tenerli a
bada con grande sacrificio.
Appena iniziammo la lezione,
entrò suo nonno per informarmi che lui e la moglie uscivano.
Maledissi quell’uomo perché mi
lasciava in balia di quella Erinna folle d’amore.
Dopo un quarto d’ora Roberta, che
rideva in modo malizioso, mi invita a seguirla nel salotto. Disse che la sedia
di legno era troppo dura e le avevano anchilosato il sedere.
In quell’istante non avevo capito
quali fossero le sue reali intenzioni, ma accettai di buon grado. Poi mi disse
che aveva necessità di andare al bagno. Così mi lasciò solo con i miei pensieri
in subbuglio e con li cazzo che scalpitava per quella puledra impaziente di
amarmi.
Dopo una mezzora abbondante sento
la sua voce che da dietro la porta mi grida di raggiungerla. La seguo e mi ritrovo nella sua camera da
letto. Stetti nella penombra per alcuni minuti, dopo la vidi apparire sulla
porta, materializzandosi come un miraggio.
Il suo corpo, in contro luce, di
delineava in modo stupefacente, lei lo muoveva come una odalisca.
Nonostante fosse coperto da una
leggera camicia da notte trasparente, sembrava completamente nuda. Si notavano
i seni abbondanti, che si ergevano come due pere; il girovita stretto con i
fianchi larghi, che esaltavano due anche rotonde, e lo scoscio da cui partivano
le lunghe gambe, in equilibrio perfetto tra cosce e polpacci, divisi da sottili
ginocchia.
Ebbi un impeto emotivo
incredibili. Il cazzo si contrasse nelle mutante raggiungendo in pochi istanti
il suo massimo volume.
Stavo letteralmente sbavando
davanti a tanta grazia. Quando accese la luce mi venne un colpo allo stomaco ed
il respiro si fermò alla gola. Roberta indossava una leggera e trasparente
sottana di seta nera. Attraverso il
sottile tessuto si intravedevano le calze nere, rette da due reggicalze di
merletto nera, che lasciavano esposte la pelle bianca delle cosce.
Probabilmente era la lingerie di
sua nonna. Sotto non indossava indumenti intimi, così potei ammirare i
capezzoli orlati da grosse aureoli nere e la figa, un triangolo di pelo nero e
riccio, ed il culo, un mandolino ben tornito e rotondo.
Turbato da quella visione
improvvisa, mi avvicinai a lei in modo impacciato. Fu lei ad incoraggiarmi, il suo sorriso mi
diede la forza di prenderla nelle braccia, poi, la strinsi forte per timore di
vederla svanire nel nulla, come se fosse un miraggio.
Il contatto con il suo caldo
corpo mi fece capire che non si trattava di una illusione. Lei era li, viva e
vegeta che sorrideva in modo sensuale, e faceva danzare il suo corpo oscillando
i fianchi come una ballerina classica.
Infine, si sedette dolcemente sul
letto accavallando le gambe. In quella posizione superba, si mordeva le labbra
e con un gesto mi faceva segno di sedermi al suo fianco.
Il desiderio mi aveva incendiato
ogni cellula del corpo, trasformandolo in una torcia umana, per cui in preda ad
una forte convulsione dei sensi, mi gettai sopra di lei come una belva feroce,
azzannando famelico ogni centimetro di quel corpo sensuale, che esprimeva solo
libidine.
I freni inibitori non esistevano
più e la coscienza era solo un barlume idonea a far funzionare i meccanismi
complessi del corpo.
Ad un certo punto si inginocchia e comincia a
sbottonarmi i pantaloni, dopo averli sfilati, inizia a palpeggiare il
voluminoso pacco che emergeva in modo evidente dalle mutande. Continuò a
sfogliarmi come un pacco, fino a tirare fuori il cazzo che svettava dal grembo
come una torre di avorio.
Appena lo vide, con mani delicate,
iniziò a far scivolare la pelle in tensione sulla massa dura. Aveva un tocco
leggero anche se non esperta, ma andava bene lo stesso.
Fissandomi intensamente avvicina
la bocca alla cappella, prima con la punta della lingua poi, avida, divora il
cazzo in tutta la sua lunghezza.
Subito percepisco una sensazione
di caldo mentre le sue labbra scivolavano lentamente sul pelle del cazzo, fino
a lambire i coglioni.
Mi venne un dubbio, Roberta stava
dimostrando un talento nel pompino. Ma le sorprese non dovevano finire lì.
Dopo un lungo ed accurato
preliminare della sua bocca, curando ogni millimetro del cazzo, venne il
momento di ricambiare il piacere. Così con mio grande diletto, dando sfogo a
quell’immenso desiderio che albergava irrequieto nel mio corpo, immersi la
bocca nella vulva vaginale raspando con la lingua in ogni recesso sinuoso,
spaziando tra le labbra interne e frastagliate ed il clitoride.
Fu in quell’istante che constatai
che l’apertura della figa era ampiamente spianata.
Chiaramente non era più vergine,
quindi dedussi che fino ad allora la piccola peste mi aveva tenuto all’oscuro dei sui
intrallazzi amorosi. Tale madre, tale la figlia. Meglio, mi sentì meno
angosciato al pensiero di non essere stato il primo.
Decisi di ignorare il problema scacciando
i dubbi negli umori vaginali secreti da quella superba sorca; che peraltro non
vedevo l’ora di penetrare con il mio cazzo duro come l’acciaio.
Era meraviglioso vederla stesa
sul letto con le gambe oscenamente spalancate che aspettavano di accogliermi
tra loro.
Così, dopo averle leccato la fica
in ogni dove, spazzolando con la lingua tra il buco del culo, il perineo ed il
clitoride, cercando di stimolare il punto G, al culmine del desiderio, per
soddisfare infine la grande voglia di scopare, mi distesi sopra di lei,
impugnando il cazzo dalla base, quindi schiacciai il glande tra le fenditure pelose
della figa.
Gli umori secreti in abbondanza
facilitarono la penetrazione e il cazzo scomparve interamente in quella nicchia
di piacere.
Appena in il mio pube urto il
suoi iniziai muovermi sopra di lei, spingendo in profondità per quanto mi era
possibile.
Oooooooooooo mmmmm si iiiiiiiii è
bellissimo ooooooooo ti amoooooooo
La chiavai con frenesia per
alcuni minuti. Poi la misi a pecora e continuai a chiavarla da dietro,
gustandomi quel meraviglioso panorama offerto dai suo candidi glutei, dalle
cosce spalancate e la schiena inarcata; la cappella grossa e lucida, ogni
tanto faceva capolino tra le labbra smerlate e sporgenti, per poi scomparire
in quella calda tana, con il resto del corno umido e brillante.
Quel superbo spettacolo mi suscitò
una energia sorprendente. Così mi attaccai alle grosse tette e mettendomi
comodo, iniziai a stantuffare con grande impeto, spingendo con ritmi forsennati
in quella calda e tenera topa, godendo alla vista del cazzo che spariva
interamente in mezzo a quel pelo nero e riccio, nelle profondità più assolute
del suo ventre, per il reciproco piacere.
“Si iiiiiiiiiiiiii mmmmmmmmmmmm
sto impazzendo ooooooo mmmm
“Roby… sei una figa da
urlo oooooooo mmmmmm
Mentre la scopavo alla pecorina
la sentivo ansimare ad ogni affondo. I suoi singulti, strozzati in gola, erano
degli acuti fantastici, un inno alla gioia, che mi incitavano a penetrarla con
più impeto, fino a sbattere con forza lo scroto contro il suo monte di venere.
Sfogai il desiderio che si era
accumulato in quei mesi di perenne provocazione, con grande foga, in tutte le
posizioni possibili ed immaginabili: da dietro, da sotto, di fianco, fino al
sacrificio finale, quando i coglioni cominciarono a manifestare i primi conati
di piacere.
Alla fine di quella spassionata
galoppata, le preannunciai che stavo venendo, lei mi chiese di venire nel suo ventre.
Quindi, avvinghiandomi come due rami di edera, spinsi in profondità il cazzo e
mi abbandonai in una poderosa sborrata.
Spingevo il cazzo finchè potevo dentro di lei,
con forza, fino a riempirle l'utero di tutto il liquido seminale che avevo accumulato
in quei mesi di morboso desiderio.
“Mmmmmmmmmmmmm sto
godendo oooooooo mmmmm
“To to… sei un diavolo ooooooooo
mmmmmmmmm
Esausti, restammo abbracciati per
alcuni minuti, mentre il cazzo si stava afflosciando nella sua figa.
Annunciammo il nostro
fidanzamento. E dopo un anno ci sposammo.
Dalla nostra unione nacquero due
bambine, Alessia ed Ilaria.
All’inizio ero preoccupato. Avevo temuto che il legame di sangue potesse nuocere alla loro
salute. Ma per fortuna così non fu, sono nate sane e belle come la madre.
Mi sono ritirato dalla
professione di architetto ed ho acquistato un uliveto. Fare il contadino non è
stato una scelta sbagliata. Grazie alla mia piccola famiglia abbiamo messo su
un bella azienda.
Vi chiederete se la storia
finisce qui!
Niente affatto! C’è un seguito!
Come vi avevo detto all’inizio Ilaria ed Alessia sono diventate delle
bellissime contadine! E questo dovrebbe accendere la vostra fantasia…… poi ho
scoperto chi ha istruito Roberta nell’arte del pompino… una sorpresa…
senz’altro… quando si scrivono i diari… poi bisogna saperli custodire segretamente….
Così va la vita…
Guzzon59
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