Translate

sabato 28 gennaio 2012

Picnic



Capita spesso che la realtà superi l’immaginazione. Certi avvenimenti imprevedibili quando avvengono sono come i fulmini a ciel sereno, di origine incomprensibile, eppure nei recessi dell'inconscio forse troviamo risposte.
L’episodio che sto per narrare sfugge a qualsiasi logica se visto nell’ambito della comune etica, ma se osservato attraverso la lente degli istinti naturali primordiali degli uomini, quelli che lo avvicinano agli animali, che caratterizzano il desiderio e la bramosia per il sesso allo stato puro, senza l’inquinamento dei limiti morali ed etici, allora apparirà in tutta la sua normale essenza.
Il 15 agosto era tradizione di famiglia trascorrere la festività all’aria aperta, come si dice fuori porta, in aperta campagna a godersi il contatto selvaggio con la natura, sulle verdi colline, a pranzare con i cibi succulenti, cucinati per l'occasione da mia moglie con cura e maestria, a fare lunghe passeggiate nei boschi, e infine a riposarsi con una rilassante pennichella pomeridiana, protetti dall’’ombra dei pini.
Così, la mattina di ferragosto alle prime luci dell’alba, la carovana di auto, la mia, e quelle dei miei due figli, Anna e Vittorio, si inerpicava lungo la statale che portava sui prati verdi delle alte quote. Il sole ci avvolgeva con la sua luminosità e i raggi scintillanti si riflettevano sulle fronde dei boschi allietandoci il morale.
La tribù era composta da me e mia moglie Sonia, c’era Anna, la maggiore, separata, e le figlie Ilaria e Elisabetta, infinte il minore Vittorio, con la moglie Irene e le tre pesti, Marco, Alessandro e Alessia.
Elisabetta era la più grande delle nipoti, una signorina di bell’aspetto. Anna mi aveva confidato che si era già fidanzata con un ragazzino che frequentava la stessa scuola. Quel giorno era triste poiché avrebbe fatto volentieri a meno di rispettare le tradizioni di famiglia e dedicarsi con amore al suo moroso.
Arrivammo nel luogo stabilito, un ampio prato verde, eravamo i primi, per cui ci siamo subito impossessati delle strutture in legno approntati appositamente per i turisti, con panche e tavolini da picnic. Nelle vicinanze erano stati eretti dei barbecue in pietra, da utilizzare alla bisogna per riscaldare i cibi. Il tavolino era posto all’ombra di un albero di noci, altissimo, imponente e rigoglioso di foglie, che ci avrebbe protetto dai raggi del sole leone nelle ore di punta.
A ridosso della radura iniziava il bosco di pini, fitto, percorso da sentieri puliti, sui quali si potevano fare delle bellissime passeggiate e godersi il contorno, un panorama di vegetazione da fiaba.
La mattina era trascorsa con la consueta attività ludica, giochi collettivi, a cui si erano uniti altre famiglie che conoscevamo. Il tiro della fune, la corsa col sacco, insomma tutto quello che si poteva inventare per trascorrere la mattinata in allegria e spensierati.
I miei nipotini si divertivano come matti, partecipando ai giochi con un entusiasmo contagioso. Guardavo la mia famiglia e mi sentivo felice di essere il loro capostipite.
Elisabetta ogni tanto si estraniava dal gruppo, con l’aria malinconica, andava a sedersi ai piedi del grande albero di noci, si appoggiava al grosso tronco, con gli auricolari del cellulare, che funzionava da lettore MP3, nelle orecchie, muovendo il capo al ritmo della canzone che stava ascoltando.
Nonostante avessi sessanta anni suonati, partecipavo a tutti i giochi, spronato dai miei terribili nipotini, con cui avevo un forte rapporto di complicità. Loro erano i miei tifosi più accaniti e facevano di tutto per favorirmi.
A volte dovevo desistere, per riprendere fiato. Così, quella mattina, stanco e madido di sudore raggiunsi la mia nostalgica nipotina.
Mi sedetti al suo fianco, lei era immersa totalmente nel suono del suo cellulare. Occhi chiusi, muoveva solo le labbra della bocca, come se stesse ripetendo in silenzio le parole della canzone.
Le posai una mano sulla spalla e sorridente:
“Allora principessa! Per chi batte il tuo cuore?
Appena percepì il tocco della mia mano, aprì gli occhi, si tolse gli auricolari e sorridente:
“Che cosa hai detto nonno?
“Ho detto: Principessina, per chi batte il tuo cuore?
“ahahahah nonno! Sei terribile! La mamma ti ha detto tutto vero?
“Si mi ha parlato di un certo moretto, dagli occhi verdi, che ti ha fatto perdere la testa! Hahahah
“Nonno! Sei un impiccione! Hahahah
Me l’abbracciai con amore. Il suo capo si appoggiò al mio petto. Lei si lascio andare in una stretta intensa. Percepivo la sua voglia di tenerezza, di coccole. Le baciai la fronte. Ed appoggiai il mio capo sulla sua testa bionda.
“Nonno ti voglio bene!
“Anche io principessa! So cosa stai provando! E’ l’amore!
“Credo di non poter vivere senza di lui! Mi manca come l’aria che respiro! Ogni secondo che trascorro senza di lui è una sofferenza immane!
“La mia principessa è innamorata!
“Si nonno! Lo amo da impazzire! E lui ama me!
“Perché non lo avete portato con voi?
“Magari! Ma lui è in vacanza con la sua famiglia! Sono scesi giù in Sicilia!
“Ecco perché sei triste! Cosa vuoi che siano pochi giorni di separazione!
“Per me sembrano secoli! O nonno mi sento triste!
“hahahha.. la gioventù! Bella cosa! Se fosse associata alla saggezza dei vecchi, sarebbe terribilmente affascinante!
Le parole furono sottolineate da uno slancio affettivo estremo. Elisabetta mi abbracciò con tutto il suo corpo, facendomi percepire la consistenza del suo seno, abbondante e sodo.
Sarà stato l’odore agreste della natura, l’aria dolciastra del prato, la fragranza del suo profumo di giovane donna, o la situazione di intimità che si era venuta a creare, ma non vi nascondo che trovarmi quella delizia tra le braccia mi suscitò un lieve tumulto nei sensi. Nonostante ripetessi a me stesso che stavo abbracciando mia nipotina, il mio corpo reagiva diversamente, e l’imponente erezione che stava pulsando nell’inguine mi segnalava che in quegli istanti stavo desiderando Elisabetta come donna.
Infatti, quel moto imprevisto, mi suscitò una gran voglia di ficcargli una mano in mezzo alle cosce, appena coperte da un succinto gonnellino di jeans. Sentivo la sua mano che vagava lungo il mio fianco, e, in quegli istanti, desideravo che si posasse sulla patta dei pantaloni e stimolasse il grosso pacco che stava fremendo sotto la tenue stoffa.
Mentre ero concentrato a godermi idealmente mia nipote, e quel contatto caldo così ravvicinato con il suo corpo, la voce di Anna ruppe quell’atmosfera magica:
“Papà! Finisci di coccolarti Elisabetta! La mamma sta sclerando! E’ meglio che vai ad aiutarla nei preparativi del pranzo!
“OK! Corro!
“E tu Elisabetta! Finiscila con sta storia! Stai contagiando tutti con la tua nostalgia! Oggi è una giornata di puro relax! E goditi il sole no? Tanto il tuo moroso lo vedrai tra una settimana!
“Io sarò già morta per allora!
“ahahahha addirittura! Ahahah non mi risulta che l’amore uccide! Ahahah
Elisabetta ebbe un moto imprevisto. Ero in procinto di alzarmi quando, lei, mi anticipa, invece di alzarsi si siede sul mio grembo.
L’imponente erezione, che mi stava facendo soffrire come un dannato dell’inferno impatta contro il suo borioso culo. Credo che anche lei debba averlo avvertito, ma non vidi nessuna reazione. Mi abbraccia sorridente:
“Nonno! Ti prego rimani con me! Ho bisogno di coccole! Ti voglio bene!
Anna divertita.
“Ahahahah finiscila Elisabetta! Se il nonno non raggiunge la mamma sono cazzi suoi ahahahah
Ero impacciato. Percepivo il mio cazzo duro che s’incastrava tra le natiche sode di Elisabetta, e lei continuava a restare seduta sopra con aria indifferente.
Imputai quella mancata reazione alla sua ingenuità. Forse non aveva capito che il grosso pacco che si agitava sotto il suo bellissimo culo era un cazzo voglioso di penetrarle la figa. Stavo sudando come un dannato.
Ad un certo punto Elisabetta allunga una mano a sua madre e si fa tirare su. Poi mi porse la sua mano invitandomi ad alzarmi.
Soli in quegli istanti, per la prima volta, colsi una curiosità morbosa nel suo sguardo, i suoi occhi fissavano intensamente la patta dei pantaloni.
Il pranzo si svolse tra battute, barzellette e racconti antichi, che suscitarono risate e l’ilarità di tutti.
Alla fine, saziati a volontà, dopo avere sparecchiato il tavolo, la gente cominciò a sparire nel bosco, spinta dal bisogno impellente di soddisfare le proprie esigenze fisiologiche. La prima fu Anna, poi Vittorio e tutti a seguire, compreso il sottoscritto.
Mi procurai un bastone di noce, lo ripulì e, utilizzando come punto d’appoggio, con passo leggero mi inoltrai nella fitta boscaglia, fatti pochi metri, tirai fuori il cazzo e soddisfai gli stimoli della vescica.
Ripresi a camminare. Dopo un quarto d’ora abbondante di scarpinamento rilassante lungo il sentiero sterrato, ritornai sui miei passi, per rientrare al campo. Al ritorno non feci il sentiero ma il sottobosco, passando tra le alte e fitte frasche poiché c’era lo spazio sufficiente che permetteva di percorrere la via tranquillamente.
Mentre stavo avvicinandomi al campo, tra la fitta vegetazione intravidi una sagoma azzurra, mi avvicinai e dall’abbigliamento capì che si trattava di Elisabetta. Decisi di cambiare strada, volevo evitare di trovarmi al cospetto di mia nipote mentre stava soddisfacendo i propri bisogni. Sarebbe stato una situazione imbarazzante per entrambi.
Girai i tacchi per allontanarmi da quel posto. Feci alcuni passi e mi fermai subito. La mente si era messa in moto da sola. L’idea di vedere le parti intime di Elisabetta si era impadronita della mia volontà. Un’occasione che non sarebbe capitata facilmente. Quindi mi colse un desiderio morboso di spiarla, di vedere le sue parti intime, il suo culo borioso.
Tremavo come un fuscello in piena tempesta. La voglia di guardarla si era impossessata dei miei sensi, così, come un maniaco, mi abbassai tra i cespugli e, tenendomi defilato nella vegetazione, cercai di avvicinarmi il più possibile a lei, in silenzio, per avere una visuale completa. Riuscì ad arrivare così vicino che potevo toccarla, tra me e lei c’era solo una siepe che ci divideva, un metro e mezzo circa, lei era appoggiata ad un tronco di albero.
Non stava facendo i suoi bisogni, ma aveva la gonna di jeans tirata oltre i fianchi e le mutandine abbassate a meta coscia. Mi dava la schiena. Vedevo perfettamente Il suo bellissimo culo, le natiche candide come neve, che dividevano uno scoscio superbo, da cui si intravedevano le labbra della figa pelosa. Quella visione sensuale mi aggredì in tutta la sua forza prorompente. Il mio cazzo ebbe un moto impetuoso. S’irrigidì oltre misura, palpitando come un cavallo furioso e desideroso di sfogare tutta la sua forza erotica in quella nicchia di piacere.
Mi sbottonai frenetico la patta, tirai fuori il cazzo, liberandolo dall’immane sofferenza che le provocava l’angusto spazio delle mutande, ed iniziai a far scivolare la mano lungo l’asta facendo scorrere la pelle sulla massa carnosa. Era un piacere darmi soddisfazione mentre osservavo con libidine il meraviglioso culo di Elisabetta. Man mano che incalzavo il mio cazzo, cominciai a notare qualcosa di strano. Elisabetta se ne stava in piedi, con un braccio appoggiato al tronco e l’altro che si perdeva davanti. Da un esame attento capì che la sua mano si stava muovendo nelle sue parti intime.
Fui scosso da un brivido alla spina dorsale quando capì che Elisabetta si stava sgrillettando la figa ed era in pieno delirio dei sensi. Un'altra curiosità attirò la mia attenzione. Il suo sguardo era fisso in una direzione, sembrava incantata a fissare, come se stesse scrutando qualcosa che le aveva suscitato quello slancio passionale, talmente incontenibile da indurla a sditalinarsi la figa senza alcun ritegno.
Dovevo capire. Così con il cazzo duro, che oscenamente spiccava dalla patta dei pantaloni, mi mossi verso sinistra, per cercare il motivo che aveva indotto Elisabetta a quella pratica sessuale fai da te.
Dopo aver percorso un tratto a semicerchio, tenendomi nascosto tra la fitta vegetazione, arrivai ad un punto da cui potevo finalmente intravedere l’oggetto che aveva causato la curiosità morbosa di Elisabetta. Appena lo vidi rimasi a bocca aperta. Mai avrei potuto immaginare una cosa del genere.
Mio figlio Vittorio, con i pantaloni calati fino alle caviglie, e la schiena appoggiata ad un tronco di pino. Ai suoi piedi, c’era sua sorella Anna, inginocchiata, intenta a succhiargli il cazzo. Rimasi basito dalla scoperta che i miei figli avessero una relazione incestuosa. Eppure in quegli istanti, la vista dei miei figli impegnati a darsi piacere, anziché scandalizzarmi donò impeto ai miei istinti sessuali, facendomi vibrare la spina dorsale come la corda di un violino.
Seguivo eccitato le evoluzioni straordinarie della bocca di Anna che fagocitava ingorda il cazzo di suo fratello, fino a toccare con le labbra l’inguine, facendo intuire che la cappella sprofondava nella sua gola, profondamente.
Ero eccitato come un toro da monta. Mia figlia Anna aveva la canotta abbassata ed il seno scoperto, e dalla mia posizione potevo ammirare la fattezza delle sue meravigliose tette, ancora sode. Ad un tratto Vittorio ferma l’azione di Anna, la fissa con desiderio negli occhi, poi accarezzandole le spalle la tira su.
Si abbracciano e si baciano con passione. Poi cambiano posizione, la gira facendola appoggiare al tronco, dopo di ché si abbassa e ficca la bocca tra i glutei candidi di Anna.
Il viso sparisce tra le natiche. Si capisce che la sua bocca e profondamente immersa nelle piaghe delle labbra vaginali di sua sorella, intenta a succhiare il dolce nettare e leccare quella nicchia di estremo piacere.
Ad un tratto, si ferma, comincia a baciare le natiche, poi, alzandosi lentamente, fa scorrere le labbra lungo la schiena di sua sorella.
Una volta in piedi, brandisce il suo cazzo con la mano destra, poi, infila la grossa cappella tra le natiche della sorella esposte al suo desiderio, disponibili, e spinge con forza in avanti costringendo il suo lungo cazzo a sparire interamente nello scoscio di Anna. Lei inarca la schiena, per dare maggiore accoglienza all’azione di suo fratello. Lui l’afferra dai fianchi e comincia a stantuffare nella figa di sua sorella. Quei diavoli iniziano a scopare con un’enfasi incredibile. Anna si teneva abbracciato al tronco, mentre suo fratello da dietro le stava sconquassando la figa.
Era troppo per me. Avevo una gran voglia di scopare. Un desiderio di sfogare quell’energia sessuale che si era accumulata dentro di me e che chiedeva di sfogarsi. Ritornai al punto di prima. Ritrovai la bella nipotina che era ancora intenta a darsi piacere. La sua mano era completamente immersa in mezzo alle sue cosce, in sintonia perfetta con la sua mente, collegata all’immagine di sua madre che stava scopando con suo zio. La mente di Elisabetta doveva essere sconvolta come la mia. In quell’istante tra me e lei c’era un’affinità perfetta. Entrambi avevamo la testa coinvolta pienamente in quell’effusione incestuosa tra sua madre ed il fratello.
Una forza sconosciuta ed irresistibile mi spinse ad uscire allo scoperto, fuori dal mio nascondiglio. Così, con i sensi infiammata dalla lava incandescente della libidine, mi avvicinai a lei da tergo, fissando il suo corpo nudo, mentre lei si stava dando il piacere estremo nelle sue parti intime.
Il mio cazzo sporgeva in avanti come una torre d’avorio, come un obelisco di marmo pronto ad immolarsi nelle sue grazie.
Ero già dietro di lei, la sentivo respirare forte, mentre la sua mano si muoveva tra le sue cosce. Fu un attimo l’afferrai dai fianchi ed infilai il cazzo nel suo scoscio.

Il cazzo si fece strada e toccò la sua mano, ancora intenta a stimolarsi la vulva vaginale. Percepì il suo corpo che si irrigidiva. Appena percepì il contatto del mio cazzo, restò immobile, la sua mano si staccò dalla figa, io, con la mente infuocata dal desiderio di averla, spinsi il mio cazzo verso di lei, iniziando a muoverlo nel suo scoscio e strofinandolo tra le pieghe della figa.
Posseduto dal demone della libidine, appoggiai la bocca sulla pelle del suo collo. La baciai con passione. Lei piegò di lato la testa lasciandomi inoltrare la bocca lungo il collo.
Eccitato come un toro da monta, afferrai il cazzo e puntai la cappella rossa e sanguigna verso l’ingresso della figa. Strofinai con forza la punta tra le piccole labbra, che iniziarono a cedere. Gli umori erano colati abbondanti per cui dopo aver spinto con determinazione verso l'alto, mi trovai a varcare l’ingresso di quell’inferno di fuoco con il cazzo immerso completamente dentro di lei, fino alla base.
La figa era stretta e calda come la lava incandescente di un vulcano. Diedi una forte spinta verso su ed il cazzo si immerse completamente dentro di lei.
“MMMMMMMMMMMMMMMMMmmmm siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
“Principessaaaaaaa mmmmm
“Siiiiiiiiiiii nonnoooooooooooo mmmm
Appena percepì il tepore della fichetta, l’afferrai dai fianchi ed iniziai a ficcare dentro di lei con impeto, ogni affondo sentivo il suo corpo vibrare come un fuscello di un ramo mosso da vento impetuoso.
La mia dolce principessa divenne l’oggetto del mio piacere, il campo di battaglia su cui stavo sfogando tutta la voglia di sesso che mi aveva sconvolto i sensi.
Era un piacere vedere il mio cazzo scomparire tra i suoi meravigliosi glutei bianchi e nella sua calda carne. La sua pelle giovane, e vellutata come una pesca mi dava una sensazione di vertigini indescrivibile.
La tenevo saldamente dai fianchi mentre spingevo tutto la lunghezza del cazzo dentro di lei, in profondità, percependo le calde pareti vaginali che si stringevano attorno al cazzo come un morsa bollente, morbida come una coperta termica regolata al massimo.
“Mmmmmmmmmmmmmmmm siiiiiiiiiiiii mi piaceeeeeeee mmmm
“Principessaaaaaaaa sei eccezionaleeeee mmmmm, la tua figa e caldissimaaaaaaaa
Nello stesso istante, mio figlio Vittorio e sua sorella stavano facendo la stessa cosa, Anna a pecorina, appoggiata al tronco di un pino e suo fratello da dietro la stava massacrando con il suo cazzo.
Ci muovevamo all’unisono, guardavo mia figlia Anna, mentre veniva sbranata da Vittorio, e nello stesso tempo, guardavo con concupiscenza la schiena di mia nipote Elisabetta che si muoveva davanti a me, mentre il mio cazzo le stava sconquassando la figa.
Il cazzo aveva raggiungo la sua massima grandezza, era duro come l’acciaio e penetrante come la punta di un trapano. Scivolava dentro la calda figa di mia nipote, impregnandosi dei suoi umori. Alla luce del sole, brillava come una grossa biscia bagnata dal ruscello. Vederlo duro e possente che si infilava nella figa di Elisabetta era uno spettacolo sublime, da lasciarmi senza fiato.
Ad un tratto vedo Vittorio che tira fuori il suo cazzo ed inizia a menarlo freneticamente fino a farlo sborrare con copiosi schizzi, che finiscono sulla schiena di Anna. Ero talmente concentrato a vedere quella scena che non mi accorsi che, nello stesso istante, stavo riempiendo di sborra l’utero di mia nipote Elisabetta. Incosciente o no, senza badare alle conseguenze attaccato come una morsa ai suoi fianchi, diedi dei colpi in sequenza, devastanti.
“AAAAAAAAaaaaaaaaa siiiiiiiiiiiiiii nonnooooooooooo mmmm sto impazzendoooooo
“Vengoooooooooo principessaaaaaaaaaaaaa mmmmmmmmm
Mi fermai dentro di lei, tenendo il cazzo interamente in profondità. Le inondai la figa di sborra, fino all’ultima goccia.
Dopo alcuni minuti, Elisabetta, evitando il mio sguardo, si tira su le mutande e scappa via, lasciandomi con il cazzo moscio, ancora sporco di sperma, che colava a gocce sul terreno. Intanto Vittorio e Anna si erano dileguati.
Mi sedetti per terra, con la schiena appoggiata al tronco, a riflettere su quello che era successo. Ancora stentavo a credere. Ero reduce da una grandiosa scopata con mia nipote, ne sentivo ancora gli effetti devastanti ed il corpo era ancora scosso dai brividi.
Rimasi lì ancora un quarto d’ora abbondante. La mente mi girava come una giostra, sembrava di correre come un folle sulle montagne russe.
Ripensando a quello che era successo, mi ritrovai nuovamente in uno stato di eccitazione. Le sensazioni provate con Elisabetta erano state straordinarie.
Un rapporto incestuoso, mi parve un’esperienza unica, che solo a pensarci mi faceva venire la pelle d’oca. La mente ancora vagava tra le natiche candide di Elisabetta, mi era difficile staccarmi da quell’immagine conturbante. Ad un tratto la quiete del bosco viene rotto da un urlo.
“Papà! Dove sei?
Mi abbottonai velocemente la patta dei pantaloni, alzai la testa e da dietro il cespuglio vidi spuntare la testa di Anna.
“Papà! Ti senti bene?
“Mai stato meglio in vita mia!
“La mamma ti sta cercando! Vieni altrimenti comincia a preoccuparsi!
“Aspetta! Che fretta! Siediti un momento qui! Ho voglia di fare una chiacchierata con te! È tanto che noi due non parliamo!
Anna indossava una canotta nera, senza reggiseno, ed una gonna verde di catone, stretta attorno ai fianchi con un elastico interno. La gonna era molto larga. Si sedette e parte della gonna si ficcò tra le cosce, scoprendo le ginocchia e parte della coscia.
La pelle era chiara come la neve. Quell’estate non era andata al mare, quindi la sua pelle non era abbronzata. Anna ha trenta otto anni, è ancora una donna piacente. Ci tiene alla linea, e per mantenersi in forma, si sottopone a diete draconiane. I risultati sono comunque lusinghieri, perché il suo corpo si mantiene magro e sodo. La fissai negli occhi e lo sguardo mi cadde sulla sua bocca. Le sue labbra carnose mi suscitarono un impeto dei sensi, perché le immaginavo in azione, mentre si muovevano sul mio cazzo.

“Allora papà? Che cosa vuoi dirmi?
“Tu e Vittorio siete amanti vero?
Il suo viso si sbiancò. Gli occhi strabuzzarono fuori dalle orbite. Non si aspettava quella frase. Fu un duro colpo per lei, come se l’avessi trafitta con un maglio tagliente. Forse le avrebbe fatto meno male.
“Io.. Io.. tu.. perché mi accusi?
“Vi ho visti, eravate laggiù, vicino a quell’albero!
“Tu eri qui? Hai visto tutto?
“Si! Non ti preoccupare non ti sto condannando! Da quando siete amanti?
“Da un anno circa! Dopo la separazione! Vittorio mi è stato vicino!
“Ti ha consolata?
“Non è come pensi tu? Fra noi c’è un sentimento! Lo so che è un rapporto incestuoso, ma è..
Non la lasciai finire.
“Senti Anna, ti conosco fin da quando eri ragazzina. Non dimentico quella che sei stata. Io e tua madre ci siamo sempre vergognati di te, per come ti comportavi. Eri una grande troia, ed hai continuato ad esserlo anche dopo che ti sei sposata. So tutto di te. E’ inutile che mi racconti frottole. Diciamo che ti piaceva il cazzo e che non ti sei fermata nemmeno davanti all’incesto pur di godere il piacere di averne uno nella figa.
“Ma papà.. che dici..
“Senti! visto che hai sollazzato il cazzo di tuo fratello, che ne pensi se un po’ di attenzione le rivolgi anche a quello di tuo padre?
Cosi dicendo, mi aprì la patta dei pantaloni, sotto lo sguardo sbigottito di Anna, e dopo aver armeggiato con le mutande tirai fuori il mio cazzo duro come un obelisco di avorio. Che si innalzò sotto gli occhi stupiti di mia figlia.
Le afferrai una mano e la costrinsi a cingere il cazzo.
“Dai fammi sentire la tua bocca, ho visto quanto sei brava!
Sembrava una bombola inanimata. Le posai una mano sul colle e lentamente accompagnai il suo capo verso il mio cazzo. Quando la sua bocca arrivò a lambire la cappella si aprì inghiottendola in profondità.
Lo sapevo, Anna era una puttana, non avrebbe potuto resistere alla vista di un cazzo. Era la sua passione e la sua rovina. Iniziò a far scivolare le labbra lungo l’asta, sollecitando il cazzo in modo sublime. Ogni tanto la sua lingua seguiva i contorni della cappella, leccandola come se fosse un gelato prelibato. Era eccezionale, si capiva che aveva raggiunto quella maestria dopo lunga pratica sul campo. Intanto con una mano mi ero inoltrato sotto la gonna, in mezzo alle sue cosce. La pelle era calda e tonica, appena arrivai allo scoscio trovai una dolce sorpresa. Anna non portava mutande. La sua figa era completamente esposta all’aria. Era una porca, da lì si capiva con quali intenzioni era venuta. Spalancò le cosce oscenamente cercando di favorirmi nella pratica. Le avevo infilato alcune dita nella calda figa e le muovevo velocemente fuori e dentro.

Ad un tratto si alza, allarga le gambe sopra di me e sia abbassa, con una mano tiene dritto il cazzo, mentre la punta si impala nella sua calda nicchia. Cribbio è un piacere incredibile sentire il mio cazzo nella sua bollente figa. Mi sembra di averlo infilato nella bocca dell’inferno.
Mmmmmmmmmmmmmmm papàààààà mmmmmm
Ora non ho dubbi.. sei una grandissima troiaaaaaaaaaammmm e mi piaciiiii
Mmm il tuo cazzoooooo mi fa impazzireeeeeeeee

Iniziò a muovere in modo frenetico il bacino sopra il mio grembo, stimolando il cazzo, mentre lo teneva profondamente dentro il suo utero. Si agitava con i fianchi tenendosi appoggiata con la schiena al mio petto.

In quelle fasi concitate, io, da dietro, le abbassai la canotta esponendo le sue meravigliose tette, che furono subito preda delle mie mani. Erano straordinariamente sode, un piacere al tatto. Quel diavolo si muoveva come se fosse posseduta dal satana. In vita mia non avevo mai scopato una donna come lei.
Anna era eccezionale, le piaceva fottere e le piaceva sentire il cazzo nella sua figa. L’incesto poi aveva aumentato la morbosità di quella grandiosa scopata. Era Calda e vogliosa, dopo un quarto d’ora di quel movimento frenetico, mi fece raggiungere il delirio estremo. Era impossibile resisterle ancora. Mi afferrai alle sue tette, e irrigidendo il corpo, scaricai dentro di lei un orgasmo spaventoso, con colate di sborra che le inondarono la vagina e mischiandosi con i suoi umori produssero una schiuma biancastra e limacciosa che iniziò a colarmi sui coglioni. Anna si ritrasse dal grembo e si avventò sul cazzo con ingordigia, leccandolo fino a pulirlo completamente.
Ero distrutto, avevo sovvertito il famoso proverbio: la legge della maniglia, prima la madre e poi la figlia.
Quel giorno sancì l’inizio di una straordinaria avventura. Solo che ci fu un imprevisto, Elisabetta rimase incinta. La gravidanza fu imputata al suo moroso. Il fatto che la bambina mi somigliasse risultò del tutto naturale visto che ero suo nonno.
Così va la vita.

Nessun commento: